Clemente – Canzoni nel cassetto (Contro Records)

Clemente è un cantautore vecchia scuola, di quelli polverosi, avvolti nella nebbia, seduti su di una sedia di paglia e con la classica in mano a raccontare storie di ogni giorno di fronte a poche persone, ad una manciata di uomini e donne venuti apposta per lui e con fare disinvolto, lui stesso, sceglie dalla pila di libri che ha davanti il testo per la sua prossima canzone, un’ispirazione da far ascoltare, intima esigenza di uscire allo scoperto.

Canzoni nel cassetto è tutto questo, uno scrutare profondo dentro le rapide della nostra anima, in una malinconia di fondo che sa di purezza ben amalgamata e concentrata per accogliere le esigenze di un mondo lontano, forse lontanissimo, dove l’essenzialità è di casa e dove l’efficacia nell’uso di strumenti come violino, pianoforte e fisarmoniche rende il disco ancor di più anacronistico, fuori dal tempo, da questo tempo; un’essenzialità che si fa silenzio e voce vera.

Il nostro racconta i ricordi in modo lucido, pensiamo all’iniziale L’essenziale fino a scorrere via via con Stupida canzone, a fotografare l’attimo, a disegnare per un momento una speranza per domani, quella speranza che si trasforma in viaggio, una valigia sempre pronta e un orizzonte da inseguire, come in un sogno da cui non vorremmo mai svegliarci.

Candybag – EP Ending (Autoproduzione)

Gioco di parole per un lieto finale che invece è pura ricerca di un posto nel mondo, di un posto dove stare, soffocati dal nostro vivere, dai ricordi e dalla tavolozza di colori che ingloba la nostra anima e la fa incedere lungo strade prive di uscita, lontano dagli occhi e lontano dal cuore trovando però sempre il modo per ritornare a casa.

Un Iva Graziani moderno, che incrocia le vie del cantautorato più attuale, il nostro Candybag, all’anagrafe Vincenzo Adduci, che con gli amici Giuseppe Porciello, Francesco Franzese e molti altri, ci regala una prova emozionale, in una solitaria discesa verso l’oscurità, colorata dalle digressioni sonore del Jeff Buckley più solitario e intimista capace di colpire con parole immediate e dirette le malinconie che trasformano l’esigenza di vivere in parti strumentali frapposte alla durata del nostro essere soli, in un percorso sonoro di meritevole interesse, persistente e coraggioso.

Sono solo venti minuti, venti minuti di classe e maturità artistica nel calcare un palcoscenico insidioso e non facile da gestire, venti minuti però che attestano una strada da seguire per soddisfazioni future, tra collaborazioni che sanno di grande famiglia e una capacità di mettere in musica le esigenze del momento.

SAID – Istruzioni per Loser (RocketMan Records)

Ruvidi e sporchi, taglienti e irrefrenabili, in un concentrato di suoni che escono direttamente dall’asfalto ruvido e si incuneano nei timpani, disgregando ogni forma di opinione e lanciando al mondo un’idea di miscuglio di generi che va dal metal, molto ben rappresentato, fino al rock passando per il funk fino a quel garage che incontra l’elettronica che nulla ha da invidiare a produzioni più blasonate.

Loro sono i SAID e sono al sesto album, il primo disco però registrato in power trio dando voce a sonorità che risultano essere molto più dirette e meno ricercate del solito, con una maggiore  produttività nei testi, ben ingegnata quest’ultima e ben sospinta nel creare un interesse culturale che ci vede protagonisti delle situazioni giornaliere in cui viviamo, dove le istruzioni per perdenti possono diventare, esse stesse distruzioni, in un vortice emblematico dove costanza e immediatezza sono veicolo di esigenza sospinta nel creare e inglobare gli stili di questo progetto.

Rimasti in tre, Ricky, Gill e Matte, sputano al suolo una summa del punk rock fresca e coinvolgente, soprattutto in chiave live, dove le caratteristiche del gruppo possono travolgere e stravolgere ogni forma di movimento, io vi avevo avvertiti.

La Suerte – Uno (Discipline)

La Suerte è un concentrato sonoro di pregevole fattura che non eccede mai in stravaganze cosmiche, ma approda verso lidi più dolci e ben suonati, in una musica che è abbraccio morbido ottenebrato da testi taglienti in un continuo aprire scatole della nostra esistenza per comprendere i particolari, per comprendere la sostanza che è racchiusa in questo lavoro: pop macchiato cantautorale, un macchiato caldo, che prende forma già dall’artwork capolavoro dove uomini avidi tentano di ritrovare se stessi e la propria capacità primitiva nel far proprio un pesce che purtroppo ha scelto il suo destino, in un fagocitarsi e saziarsi tipico dei tempi moderni.

E proprio di questo parliamo, con una rarefazione che è quasi tangibile parliamo del nostro essere al mondo, interrogandoci e partendo dal principio, partendo da Uno, delineando paesaggi sonori lievi e colorati, a tratti malinconici e a tratti spiritosi, come c’ha abituato la grande tradizione della musica dei cantautori nostrani, un veicolarci verso nuovi spazi dell’anima da conquistare, in bilico tra new wave e Nick Cave, lo sporco del garage, quello punk si intende, fino a coprire un lasso di tempo indefinito, da FIAT a Mondo Cane, sovrastando spazi e segnando un percorso chiaro e maturo, dove strumentisti di gran classe  e caratura, eccedono in bellezza, quella di cui abbiamo bisogno, ogni giorno.