Portoflamingo – 1400g (BProduzioni)

1400g è il peso del cervello, è il peso della nostra sostanza e di ciò che crea le nostre immagini, un mondo racchiuso in un altro mondo che si ripercuote nel nostro vivere quotidiano, la capacità intrinseca di generare ricordi e soprattutto storie di vita.

Queste nove canzoni sono per l’appunto, nove punti di vista, i concetti che si diramano dentro di noi e via via prendono forma in sentimenti, aspirazioni, traendo linfa vitale direttamente dal nostro vivere quotidiano che ci appartiene e non ci abbandona.

Ecco allora che i Portoflamingo viaggiano con la musica e i synth degli anni ’70 e ’80 in testa, tra cantautorato ben bilanciato e sostanza grunge targata ’90, quasi lieve, non notevolmente distorta, ma che ci accompagna sollevando i piedi da terra in puliti conclamati che ricercano la melodia nell’interezza e la volontà di ribadire concetti già conosciuti, in forma mutevole e cangiante a segnare la scena.

Nove pezzi che pesano, nove canzoni che sono frutto di una ricerca stilistica mai banale, un viaggio dentro al viaggio, dalla nostra nascita fino all’ essere parte di un tutto, alle volte difficile da interpretare, ma che si nutre quotidianamente delle speranze che portiamo nel cuore.

Duo Bucolico – Cosmicomio (LaFabbrica/Cinedelic Records)

Sfrontati e irriverenti, capaci di fondere i loro stili in un divenire musicale che abbraccia situazioni cantautorali in bilico tra Elio e le storie tese e Jannacci, in un delirio sognante e di certo non parsimonioso, che non si risparmia appunto nulla e rende ogni canzone unica nel suo genere, impacchettata a dovere, quasi fosse episodio a se stante in modo che ogni pezzo possa diventare singolo assoluto capace di auto alimentarsi.

Il duo bucolico non ha bisogno di molte presentazioni, li ritroviamo qui, con il loro sesto disco, a spruzzare di vitalità contagiosa canzoni che parlano dei nostri giorni, quasi in modo inverosimile, un buco nero che risucchia, ma che crea, in grado di stabilire intelligentemente un divario netto con la canzone d’autore italiana per come la conosciamo, tra non sense e poesia strampalata che racconta di paesaggi interstellari e personaggi alquanto inusuali che cercano, nel quotidiano, di fuggire da un realtà che forse non appartiene loro, in deliri comici e grotteschi a cui ci siamo abituati nel tempo.

Sono tracce che si auto completano, dieci pezzi che ci danno la possibilità di vedere un po’ di luce nei falsi sorrisi di ogni giorno dando importanza alla speranza e lasciando da parte, almeno per una volta, il grigiore del tempo che passa.

Steven Lipsticks and his Magic Band – Steven Lipsticks and his Magic Band (Autoproduzione)

Un disco che travalica i confini della cameretta per approdare a lidi lo-fi  caldi e amichevoli, dove la malinconia della terra d’Albione si sposa perfettamente con il costrutto musicale che il nostro one man band, Stefano Rossetti, riesce ad esprimere, grazie a pezzi sgangherati di un folk tenero ed essenziale, dove gli strumenti più inusuali sono dispensatori di un bisogno che si fa musica nel battere le mani, nel suonare giocattoli, una malinconia quasi provocatrice e allo stesso tempo saggia, che incanala ciò che di meglio il tempo ha da offrirci e ci rende legati ai colori della vita, minimal folk lo si potrebbe definire, impastato a dovere fino a creare un eclettismo di garage pop che ha nell’immediatezza il punto più alto, l’apice della propria sostanza.

La bellezza di queste canzoni sta appunto nella creazione della proposta, nel nostro essere partecipi a sensazioni che tutti abbiamo affrontato, un disco in bilico tra le atmosfere più vissute di Micah P.Hinson, fino a raggiungere le stratificazioni di Persian Pelican, un ibrido che prima di tutto si fa umano, per raccontare, ancora una volta, la propria storia.

 

Ladro – Ladro EP (Autoproduzione)

Commistione portentosa di più generi, di più stili intellegibili, per un power trio di notevole sostanza, capace di sbaragliare la scena a colpi di emozioni assicurate e imprevedibilità racchiusa nel loro Ep d’esordio; questa band milanese incornicia una prova ricca di atmosfera e pregnante di quell’esigenza quasi naturale di trasformare la rabbia e l’immediatezza in una musica che abbraccia psichedelia cosmica al grunge di Seattle, Nirvana su tutti, fino a comprendere un cantautorato nostrano che tocca vertici oscuri e raffinati in un sentiero influenzato dal carisma e dalla portentosa malleabilità nel creare nuove forme sonore partendo da ciò che già conosciamo e portando a casa cinque pezzi, tra cui la stupenda e più significativa Temporary Shelter, che sanno di passato e anche di nuova sperimentazione, tra Sycamore Age e quel gusto per ciò che di nuovo si può creare, nell’alchimia del suonare assieme.

Anonima Noire – Fino all’anima e ritorno (Autoproduzione)

Fino all’anima e ritorno è un disco che ci fa addentrare nella parte più intima che risiede in noi e lo fa con i racconti del tempo, con la passione di una musica che si fa ascoltare nelle continue concezioni che i nostri Anonima noire vogliono conferire multisfaccettando un piano sequenza che sembra lineare e cantautorale, ma che implementa, durante l’ascolto, la proposta, toccando un rock anni ’90 e memorizzando la lezione di Buckley figlio, in un contesto mutevole e in una sostanza che è pura poesia in musica.

Alcuni loro brani sono già apprezzati da diversi autori del calibro di Fabio Liberatori (Stadio), Gatto panceri, Paolo Audino (Mina,Celentano) e Vincenzo Incenzo (Renato Zero e i grandi della musica italiana) e in questo loro disco d’esordio la prova si fa strutturata in modo da creare forme costruttive non lineari, ma che incasellano i giusti sentimenti in spruzzate di colore che hanno per tema portante il declino nell’oscurità dove solo una luce può essere ancora di salvezza per i giorni che verranno.

Dieci pezzi che sono tracce del nostro percorso, dei nostri cambiamenti, canzoni smussate a dismisura che parlano di cinema di un tempo, di un desiderio nel partecipare a qualcosa di più grande e sentito, di un desiderio di felicità capace di far posto al buio della notte.

McKenzie – Mckenzie EP (Autoproduzione)

Raccontano il dolore e parlano del disagio, un power trio calabrese che si prepara alla tempesta in arrivo con forza e coraggio, indomita energia e capacità di dare luce e vigorosità a cinque pezzi che sono e che raccontano di cambiamenti epocali, di amori andati a male e distruzione cosmica che alla fine si relega nelle sonorità del pianto da cameretta anni ’90 in giornate grigie a cui non sai dare verso, a cui non sai dare un nome; ecco allora che i McKenzie arrivano in nostro aiuto, ci salvano guardando lontano dalla finestra, raccontando e denunciando sentimenti aleatori del tempo e del coraggio, che di certo a loro non manca, per fare di questa prova, completamente artigianale già dalla copertina, un punto di base da cui partire, una gravità sonora che si sparpaglia verso altre e nuove costellazioni, abbandonando la terra che poco piace e in un gesto, in un disco, far capire al mondo di questo loro lampo d’esistenza.