Massimo Ruberti – Armstrong (Dogana d’acqua produzioni)

Viaggi cosmici e lunari, profondità divelte e nascoste, le stelle lontane e le galassie inarrivabili fino a mutare i sogni e le maree, fino ad impreziosire i cieli con l’oscurità che avanza, che stringe e si assembla, che si deforma e ci fa capire che lassù qualcosa è diverso, qualcosa è in continua evoluzione.

Massimo Ruberti con il suo Armstrong impreziosisce l’aria che respiriamo, calcando un’elettronica di confine degna di colonna sonora bruciata al sole, tra composizioni sonore che vanno oltre gli orizzonti concessi in un mondo fatto solo di luce e buio, ombre ed energia, in un certo qual modo sostanze vitali non approssimative di una desolazione che ci appartiene.

Ascoltare questo disco è fare un viaggio verso l’inaspettato, dove ciò che consideravamo soltanto dalle immagini, si ripropone con energia tutta nuova incanalata e le forze che si oppongono ci fanno vivere, ci fanno sperare.

Infuria, infuria contro il morire della luce, ascoltiamoci dentro per capire cosa fare un giorno, là, negli orizzonti infiniti, insegniamo ai bambini il coraggio di vivere.

Nostress Netlabel

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Little Creatures – Some new species (Riff Records)

Le piccole creature stanno ad ascoltare, stanno ad ascoltare come va il mondo, senza chiedersi troppo, senza uno scopo preciso, ma utilizzando tutta la propria forza ed energia per dare vita a qualcosa di fantastico e insuperabile, ricco di colori e di sfumature, un arcobaleno in musica che si immagina tra cavalcate acustiche e arpeggi infiniti, una sostanza calda e accogliente, portatrice dei giorni e del nostro futuro.

Le piccole creature sono piene di vita quindi e soprattutto amano alla follia la sperimentazione sonora, intrapresa a tal punto da far confluire nuove leve all’interno del progetto: Simone Berrini e Luca Gambacorta.

Un miscuglio omogeneo di world music che abbraccia il folk e il pop generando una sorta di stile difficile da incasellare, anche se nelle otto tracce del disco possiamo incontrate echi e rimandi di Honeybird & The Birdies su tutti e quella sperimentazione così cara a Bjork che rende il tutto imprevedibile e di ampie vedute.

Un disco egregio in tutte le sue forme, spaziale e cosmico e così terreno, che sembra quasi di toccare un qualcosa di così lontano e inarrivabile, senza però chiedersi il dove si andrà, senza chiedersi se quello che ascoltiamo è reale o fantasia e soprattutto senza alzarci dalla terra su cui siamo appoggiati.

Dap – Resonances (Toto Sound Records)

E’ il suono del bosco, il suono delle foglie secche autunnali i colori giallo e arancione che si fondono fino a creare il marrone della terra, alberi come casse di risonanze in una continua ricerca di se stessi e dell’amore, tra poesia crepuscolare e odi cantate a squarciagola dove l’effimero e il vuoto si mettono da parte e come per magia i luoghi in capo al mondo non sono mai stati così vicini.

Questo è folk con la F maiuscola, dentro a questo disco c’è tutto il For Emma di Bon Iver e molto molto altro di più, c’è Bonnie Billy e tutta quell’attitudine intimista e introspettiva che si dipana tra ambiente circostante e nuovi orizzonti da scoprire.

Un disco che già dal packaging nasconde qualcosa di eccezionale, una cover che di per se è anche un portafoto, 8 polaroid all’interno che possono essere scambiate, a fermare un attimo, a raccontare per immagini quando non bastano le parole.

Qui però di parole ce ne sono eccome e c’è tanta capacità espressiva; partendo dalla voce per poi via via ad arrivare fino alla chitarra, nove tracce che sono le istantanee della vita, nove tracce che aprono con Crossroads, l’incrocio di strada, passando per una delle più belle canzoni mai ascoltate Stromboli, per finire con Pearl, eleganza fatta in musica.

Andrea D’Apolito in arte DAP, rende omaggio con questo disco ai grandi cantautori internazionali, ma lo fa in un modo tutto suo, espresso sinceramente, quasi fosse l’ultima parola prima del saluto finale, l’ultimo respiro prima del tramonto del sole.