Velodrama – L’eticAmorale (Latlantide)

Esordio roboante per il gruppo romano che imbandisce una tavola non propriamente addobbata per le feste, ma una tavola spartana, con i colori della nostra bandiera, la casa che si trasforma in teatro di sangue, la nostra casa, la nostra terra sempre più imbavagliata e compressa, derubata dai potenti di turno, una tavola dove tutti hanno diritto di mangiare, ma che non hanno la capacità di raggiungere il poco cibo rimasto.

La sostanza di l’EticAmorale è racchiusa dal vivere quotidiano, è racchiuso da una rapidità di intenti e di denuncia, dalla continua ricerca di un posto di diverso dove vivere e gridando al mondo intero un disagio che si protrae per tutta l’esistenza, tra marcati squilibri e giorni in cui non ci ricordiamo da dove veniamo e che cosa ci poniamo come obiettivo, un obiettivo per rendere migliore la vita di tutti.

Un po’ come in E’ colpa mia del Teatro quando ad un certo punto Capovilla canta: Figlio mio, lo pensi un giorno, tutto questo sarà tuo; allora i Velodrama si domandano e si chiedono che cosa resterà di tutto questo, di tutti gli anni andati e lo fanno con l’energia dei FASK e la poetica dei Ministri, lo fanno mettendo in campo un sapere maturato sui palchi, un tiro degno della velocità drammatica di cui facciamo parte.

Questo è il disco che racconta il nostro tempo, è un disco di disincanto, ma è anche un disco di rabbia, quella rabbia che ci attanaglia, quella rabbia che anche se solo per qualche secondo, ci fa sentire più vivi e reali.

Naked Truth – Avian Thug (RareNoiseRecords)

Teppisti aviari, teppisti del cielo, bande volanti che non hanno paura del vuoto, ma si lanciano come i pirati nell’aria di Miyazaki alla ricerca di uno scopo nella propria vita, di un modo diverso di vivere incanalando capacità e utilizzando le proprie risorse per dare alla luce un qualcosa di egregiamente spettacolare.

I Naked Truth sono un gruppo rock-jazz fondato dal bassista e produttore italiano Lorenzo Feliciati che in questa prova si interseca in roboanti virtuosismi con la tromba di Graham Haynes, trombettista di molti lavori di Bill Laswell, al pianoforte e all’organo di Roy Powell, prima figura degli InterStatic per passare alla batteria di Pat Mastelotto già con King Crimson e Stickmen.

Insieme compongono una band sperimentale che partendo dal jazz si apre ad incursioni rock di pregevole fattura, facendo della forma poesia un loro cavallo di battaglia, utilizzando quella capacità intrinseca di un gruppo affiatato di generare suoni che si propagano nell’aria dando forza e sostanza alle produzioni che verranno.

Un disco fatto di note si, un disco fatto anche per la ricerca, una band che si intromette con eleganza nel panorama mondiale, dando non solo una lezione di vita, ma anche un vero e proprio compendio per la sperimentazione che verrà.

Erio – Fur El (La Tempesta dischi)

Profumo di nordico in terra nostrana, tra i fiori di un candore acustico dal sapore retrò, tinti di un colore che non acceca, ma che abbaglia di luce calda e continua, misto al ghiaccio, misto alla neve:  passeggiare in lande desolate è tutto ciò di cui abbiamo bisogno.

Erio ci accompagna, lo fa con grazia da cantante lirico mancato che si dona e fa scoprire un universo diverso, più reale e meno costruito, fatto di brughiere immerse nelle natura e di boschi di abeti e betulle, quasi a colorare il candore leggiadro del primo sole primaverile.

In bilico tra Bon Iver del For Emma e di Antony di I’m a bird now, rispettivamente le loro prove più dirette, il nostro dipinge attimi di vita vissuta quasi a sancire un testamento per la persona che ama snocciolando parole/immagini sensazionali che riscaldano e ci fanno vedere con occhi diversi la vita.

Un’elettronica a tratti disturbante, ma di sicuro effetto ci porta  a scoprire canzoni-perle di questo disco dalla prima Oval in your trunk finendo con On his van, dove tutto si conclude per lasciare posto a digressioni sonore che fanno da cappello ad un disco riuscitissimo e personale.

Un album fatto di natura e per la natura, trasformando il grigio delle città, in qualcosa di più alto, di più nobile, che guarda lassù nel cielo, come quella conifera in piedi da anni che si dondola allo spostarsi del vento, senza dar fastidio, senza essere al centro dell’attenzione, ma creando spettacolo uniforme agli occhi di chi guarda.