Recattivo – 13000 giorni sulla terra (Autoproduzione)

Granitiche sonorità che aprono il nulla e si fanno portatrici di un suono accattivante che fa pensare al miglior rock americano del ’90 passato, con influenze che si articolano nello stoner elettrico, contaminato dall’esigenza di far rinascere il grunge di Seattle e tutta la scena alternativa con capacità espressiva da primi della classe  forte ispirazione che attinge direttamente radici in un contesto favorevole all’esprimere un genere più volte ricostruito e atteso.

I nostri però sono carichi di una evidente dose di coraggio ed esperienza che li vede attivi dal 1997, dopo cambi di formazione ed esigenze di esprimere in lingua italiana i propri stati d’animo e confessando all’ascoltatore una propria forma di introspezione che si evince da testi diretti che raccontano la vita di tutti i giorni e del vivere in questa terra a tratti altamente inospitale.

Sette canzoni che scivolano veloci, canzoni che hanno la necessità di essere riascoltate per essere immagazzinate; decimo lavoro per il combo padovano, un marchio indelebile, un’alternanza di vivacità espressiva condita da testi in italiano che fanno centro.

Riserva Moac – Babilonia (Galileo MC)

Mescolare le lingue i gesti e le passioni quotidiane, entrare in un ricco giardino pieno di varietà che spaziano tra il già visto e l’innaturale sorpresa di essere al cospetto di un qualcosa che prende forma pian piano e alcune volte riesce di prepotenza sempre ben calibrata a ricondurre i vari passaggi ad uno stile, si già conosciuto, ma che è carico di novità continue e afferrate, bellezza e rinascita, capacità espressiva e pura esigenza narrativa che fa del villaggio globale un bisogno di compiutezza che si avvale per l’occasione di nuove e preziose collaborazioni.

Questi sono i Riserva Moac e questo e il loro nuovo Babilonia o almeno è l’idea che i nostri si sono fatti di una Babele che riesce a sfiorare il cielo e nella sua complessità lancia messaggi universali, comprensibili e anche di denuncia verso ciò che nel mondo è sbagliato, verso ciò che ancora ci trattiene e ci rende miseri davanti al prossimo, davanti a chi ci sta davanti confermando il fatto che un’azione pratica la si deve fare al più presto.

Sotto l’aspetto musicale i nostri incorporano un global folk che fa ballare e non permette ai piedi stanchi di fermarsi nemmeno per un momento, un concentrato di energia coadiuvata da strumenti inusuali e la presenza essenziale di Marco Capaccioni, Alberto Brizzi e dal musicista programmatore Francesco Bruni.

Un disco perfetto in ogni sua forma, registrato magistralmente e ricco di incursioni che vanno da Master App, Salia, Big Roma, White Widow, passando per Erriquez della Bandabardò; musica in evoluzione, musica che non si stanca di far sentire la propria voce al mondo intero, una musica che supera i confini e ci regala un messaggio importante più che mai in questi tempi colorati di verde sulle pareti dell’Expo.