River Jam – A band from a river (Autoproduzione)

Provengono dall’alta provincia di Vicenza e raccolgono l’eredità della natura per comporre canzoni lungo il fiume, dove l’improvvisazione sonora si staglia lungo le tracce che compongono questo disco autoprodotto in tutto e per tutto e dove strumenti tipicamente bluseggianti si confondono fino a creare alchimie sonore tra l’incastonarsi del sax, l’intreccio di chitarre e la generosa intensità live che in tutto e per tutto si evince dalla dimensione che i membri riescono a raggiungere, incanalando una jam session infinita tra i sassi bianchi che guardano il mare.

Una band che viene dal fiume, la connotazione geografica anche qui, il Mississippi trasportato in terra nostrana per calarsi in un mondo fatto di sonorità che abbracciano il delta sconfinato per renderlo sostanza viva, acqua che dona vita e potenzialità da affinare.

In questo disco ci sono buoni spunti sonori ci sono echi del primo Springsteen, Elmore James e Canned Heat, una composizione che arriva diritta al cuore, suoni che fanno vibrare tra My only dream passando per Confusion mind e The waterman, un album che come esordio ha tutte le carte in regola per innalzarsi in futuro, livellando la voce e dando più spessore ad un mix generale che non guasta, un suono che ha bisogno di quel tocco di scintilla maggiore per garantirsi un posto di genere.

Nonostante questo i River Jam fanno parlare di se, intascano una buona prova e guardano con occhio attento al futuro che verrà, tra concerti live e tanta sana improvvisazione frutto di creazioni non snaturate, ma reali e sincere.

Cesare Malfatti – Una città esposta (AdesivaDiscografica)

13 brani di cui 6 pezzi per 6 mesi di expo e un’idea geniale per reinventarsi e andare oltre al fanatismo iconoclasta e materiale tracciando una linea di demarcazione netta e con stile di ciò che forse più ci rappresenta in questo momento nel mondo.

Cesare Malfatti si rinnova e partendo dal genio di Alessandro Cremonesi, che un anno fa aveva ideato un progetto unendo icone milanesi e ExpoinCittà, da il via ad un album meno introspettivo del precedente coadiuvato nella stesura dei testi da artisti come Francesco Bianconi dei Baustelle, Paolo Benvegnù, Luca Morino tra gli altri in grado di creare un costrutto unico e indissolubile tra musica e città, essenzialità e purismo contrapposto ad eleganza notturna, impreziosendo grigiore di una quiete quasi tangibile.

Un disco quindi che racconta e si lascia raccontare, dimenticando per un attimo gli abissi dei ricordi per proiettarsi sulla quotidianità inusuale, ma tanto vicina all’azione di ogni giorno, le canzoni raccontano di sogni e cose da mantenere nel tempo, di ambizioni per progetti a garanzia di un domani che potrebbe essere diverso, i grandi nomi si alternano all’interno di uno schema non preciso regalando un tocco di personalità unica nel suo genere ad ogni singolo brano.

Cesare Malfatti è tornato, il marchio di fabbrica resta comunque indelebile, un disco che raccoglie i cocci di una città fantasma per darli in pasto alla luce della ragione, unica possibilità di creare e di essere punto di riferimento culturale italiano per una rinascita artistica che vede protagonista proprio quella Milano, tante volte troppo relegata alla triste oscurità che la contraddistingue, senza ricordare poi di che cosa è capace.