Giusy Zaccagnini – Scusate se non mi sento all’altezza dell’idea che ho di me (Lapidarie Incisioni)

Nuvole che si stagliano in un azzurro cielo e fanno capolino a rincorrersi lungo vie infinite e piene di luce, timidezza conclamata, celata da sprazzi di introspezione sonora che rende merito a un acustico disincanto fatto di parole e sogni; sottili armonie piene di speranza.

Giusy corre, inciampa e capisce, comprende che quegli attimi di vita vissuta devono essere ricordati, devono essere impressi dentro ad un qualcosa che la rende unica e diversa dagli altri, l’idea di un album introspettivo, capace di raccontare e raccontarsi, istantanee di una vita vissuta, fotografie di un altro tempo e di un altro spazio capaci di donare un filo di gioia nel colore creato.

Lei è timida , ma dal grande cuore, mette sul tavolo tutto quello che possiede e lo fa con dolcezza e disincanto, si scusa già nel titolo e poi via via a parlare delle sue canzoni, come parti di un corpo da assemblare, che solo prese tutte assieme possono creare ancora quella magia che è il ricordo e l’esigenza di non nascondere nulla, ma di essere se stessi.

Un corpo nudo, e una vita da raccontare, canzoni poesie che narrano un’esigenza di scoprire e di scoprirsi, ricordando, per capacità espressiva, la genovese Neve su di lei, in un vortice autunnale di malinconie da ricordare, visibili agli occhi di chi solo vuol vedere, canzoni d’amore niente di più, amore per la vita e per il bello attorno a noi, attimi di luce prima dell’oscurità.

Noon – Noon (Autoproduzione)

Questo è un disco per fiori forti che stanno sbocciando, lasciando la neve al suolo per ricondurti a qualcosa di più vero, in stato emozionale, contorte visioni del futuro, li in mezzo ad un campo tra la terra e il sole, in mezzo a  quei fiori che stanno per crescere.

Sono i Noon e con questo primo ep ci fotografano all’interno di paesaggi nordici dove le incursioni sonore post rock cantate in italiano, si stagliano al suolo con reminiscenza affamate di Camilla che incontrano i milanesi Les Enfants per ricreare un mondo prima sommerso, quattro racconti di vita che si dipanano su ciò che ora non abbiamo più, su ciò che ancora è lontano, su quello che ancora speriamo di avere.

Titoli criptici citando i non lontani musicalmente Sigur Ros e trovandosi uno spazio vitale in cui vivere tra pop emozionale e rock in divenire cha fa di questo mini album un grande trampolino di lancio per soddisfazioni future.

Valdaro è citazionismo puro, è il Battisti che corre a fari spenti nella notte è annientamento delle aspirazioni, Scatola #1 racchiude un mondo quotidiano pieno di attimi e di paure, Cerbero è traghettare le anime all’inferno o forse ci siamo già? Chiude il disco Duluth con echi primordiali di poesia sussurrata che sia apre fragorosa nel finale.

Un disco dalle forti ambizioni che rende necessario un approfondimento per questa band, gruppo che  possiede tutte le carte in regola per entrare a pieno titolo nelle future migliori proposte della nostra penisola, coniugando la sofferenza con il divenire, l’introspezione con l’amore.