Massimo Donno – Partenze (Autoproduzione)

Raccontare storie nel 2015 non è facile, anzi, è sempre più difficile, perché l’ondata pseudo cantautorale non sense dilagante, ha annullato la forma classica di cantautorato, relegando il tutto a futili parole lasciate al vento prive di incisione.

Massimo Donno si promette di ridare un senso alla forma canzone italiana più introspettiva e intima confezionando un album che sa di terra e radici, tanto il legame si è fatto unico e irripetibile con gli elementi della natura, tanto il nostro attraverso immagini di vita si concentra nel creare e dare forma e sostanza agli attimi vissuti creando un ponte, un tramite, con il passato, con le cornici del tempo assiepate su credenze polverose.

Luce fioca, chitarra acustica in primo piano e arrangiamenti sempre nuovi e che stupiscono per varietà, fanno di questo album uno scavare nella terra della nostra anima, un ricongiungere parole e musica in un’unione che deve restare indissolubile.

Sono rimasto stupito e lo dico davvero, stupito dalla meravigliosa title track: A soli quarant’anni di distanza, la stanza di mio nonno era la mia, io facevo la dieta, lui faceva la fame ed il suo cinema era la ferrovia.

Entrare quindi in un mondo fatto di migrazione, di sottili dispiaceri e rughe scavate fin da subito come solchi sulla terra; l’anziano che combatte e crede, crede in un ideale, con lo sguardo proteso in avanti, oltre le montagne verso il futuro.

Tra Guccini e De André, questo album, ha molto da insegnare, è un disco che serve per fare ordine dentro di noi, un disco che più di qualche persona dovrebbe ascoltare, un caldo abbraccio verista nella solitudine fredda del futurismo.