Andrea Arnoldi e il Peso del corpo – Le cose vanno usate le persone vanno amate (Autoproduzione)

Andrea Arnoldi e il peso del corpo stupiscono per l’intimità che riescono a dare canzone dopo canzone in questo album totalmente autoprodotto.

Un susseguirsi di storie raccontate con un filo di voce, quasi trasparente e velata da uno spirito del tempo che abbraccia e silenziosamente si affaccia al domani che deve ancora arrivare, ricco di quella capacità di dare colore dove il colore non esiste ancora.

Una passeggiata in un prato dall’erba tagliata, una giornata di sole in un inverno mite e lento che si appropria dei nostri ricordi per farli bruciare in un camino che non sente il bisogno di farsi fuoco, di accendere ciò che è spento da anni.

Andrea Arnoldi è un cantastorie introspettivo e nascosto, un restauratore d’anime che con passione si concentra solo su ciò che è necessario, solo su ciò che conta veramente.

Ecco allora che i pezzi ammaliano e presentano quell’approccio cantautorale che lascia sperare un futuro diverso.

Prendi pure l’apripista rebus, la tavolozza che si colora in Parigi-Torino e poi la bellezza di ultima lettera di K a Milena e come non ricordare il miglior De Andrè alle prese con sperimentazioni di strumenti tra i più disparati.

Meraviglia poi in decalogo un riassunto del pensiero del cantautore.

Un disco puro, onesto nella sua semplicità e purezza, un ritornar piccoli, con canzoni piccole, ma dai testi profondi che se solo avessimo un quarto di queste canzoni a disposizione ogni giorno forse, a mio modesto parere, il nostro Paese non sarebbe poi così alla deriva.

Beatrice Antolini – Beatitude (La tempesta international)

 

Beatrice Antolini stupisce ancora con il nuovo album uscito per la Tempesta, Beatitude.

I suoni si fanno molto più osati e i territori che la nostra esplora si avvicinano di gran lunga ad una sperimentazione sonora che unisce il gusto per le liriche compresse ed ermetiche e l’apertura musicale nei confronti di una mescolanza di generi sempre nuovi.

Rapito e confuso dalla commistione inusuale mi approccio al disco come fossi assorto a contemplare un quadro rock dalle tinte elettroniche dove le cavalcate poderose si assottigliano in note di piano eloquenti e capaci di quella comunicabilità che solo i grandi artisti sono in grado di esibire.

Questo è un disco maturo e compiuto, che lascia il campo aperto a nuovi e veritieri approfondimenti verso ciò che ancora non conosciamo.

Il tutto parte con Spiders are not insects che lascia aperture sognanti a DNA e all’incidere di batteria e chitarra in arpeggi smorzati.

Si prosegue con Dromedarium, un gioco di parole che si comprende fin dal titolo dell’album per spaziare a sonorità alla Danny Elfman fino ad Anyma L canzone in più parti con pianoforti e incursioni sonore alla Bat for Lashes.

Un disco meraviglia, non comprensibile appieno al primo ascolto, ma che ha bisogno di essere assimilato, nonostante questo la classe c’è e tanta e il desiderio di fondere suoni per raggiungere un qualcosa di eterno e senza confini è ormai divenuto il marchio di fabbrica della cantautrice.

UYUNI – Australe (Tafuzzi Records, Stop Records, diNotte Records,Bleuaudio Records)

 

Ascoltare gli Uyuni è tuffarsi in un deserto fatto di tende, avventurieri seduti a bere una tazza di te e la mente che vola verso territori  inesplorati, raccolti, una meditazione in acustico che affianca strumenti inusuali, ma concreti, studiati e calcolati fino a comporre una trama di melodie pizzicate dove voci in lontananza si accendono come luci alla sera.

Ecco allora che il progetto semi improvvisato prende vita, tendando di dare una direzione nel relazionarsi con il mondo che lo circonda, una musica fatta per una meditazione, atta alla meditazione e rinvigorita grazie allo spazio che si dilata.

Un’evoluzione dei PGR, quel progetto poi scomparso che per certi versi assomiglia nella forma e nella sostanza a così tanto di concreto da poterlo prendere e custodire per sempre.

Un trio quindi che stupisce per scelte stilistiche e dose di coraggio, che mai guasta per la riuscita di otto tracce immerse in un mondo parallelo dove l’uomo e la natura sono in simbiosi per costruire un qualcosa che ancora è lontano dai nostri occhi.

Questi sono gli Uyuni.