John Strada – Meticcio (NewModelLabel)

Classico rock meticcio e incanalato con aerei di prima linea che partono dagli States per finire diretti diretti in un turbine italiano che trasforma il cantato in un blues maledetto, preistorico copricapo sonoro che raccoglie tutto ciò che creò le origini di miti musicali, partendo da Bob Dylan e arrivando pian piano allo Springsteen d’annata, portatore quest’ultimo di quella bandiera a stelle e striscie consunta dal tempo e dal capitalismo smodato.

In John Strada pulsa l’Emilia, il caldo assolato che crea un continuo disorientamento sonoro con l’ambiente circostante, calcando la mano su chitarre ben impostate, dal suono graffiante e da una cura per così dire strutturale nella creazione di pezzi che a tratti risultano già sentiti, a tratti invece riacquistano un vigore nuovo, uno spirito di giovinezza che deve e vuole mantenersi tale come lucertola al sole che acquisisce forze e splendore.

Le canzoni scivolano via lasciando profondità inusuali per il genere con pezzi quali Torno a casa o nella bellissima Sangue e polvere dedicata alle vittime del terremoto emiliano.

Un disco dalle tinte bluseggianti, con tanto di cori che richiamano al soul e indiscutibilmente si inerpicano verso vette in continuo divenire, un’artista con tanta strada alle proprie spalle e soprattutto con tante esperienze di vita che, grazie anche a questo album, risultano essere punto di partenza per nuovi cammini.

Mangarama – Alieno (Libellula/Audioglobe)

Ascolti i Mangarama e non puoi non paragonarli al loro conterraneo Marco Notari, sia per aspetto stilistico che per la voce limpida, alta e coinvolgente.

Poi in mezzo c’è tutto il resto, ci sono echi di The movie leaf, dei Radiohead, ma anche di quel pop scanzonato di Belle and Sebastian a sancire un grande lavoro ben strutturato e congegnato che nasce dopo più di dieci anni di intensi live, un corso di tempo che ha potuto maturare nella band astigiana una passione per suoni velatamente popolari per rendere indie qualsiasi parola, qualsiasi goccia di memoria che si stende lungo le nove tracce del disco.

L’alieno è un simbolo di purezza, un essere diverso dal circondario, un aggrapparsi continuo a modi di vita differenti per poter sopravvivere, essenziale quindi la risposta del gruppo che prende la parte migliore di tutto questo per poter conceder ancora sprazzi di sereno in una dimensione, per loro nuova: il disco completo.

Un album di fotografie solitarie che pian piano da un bianco e nero si colorano dei colori della Primavera, non troppo accesi, quasi a rallegrare di nitidezza i giorni trascorsi.

Ecco allora che le canzoni prendono forma in un vortice dal mood essenziale, ma arricchito da impreziosimenti sonori che si evidenziano in pezzi come Cenere, saltando verso L’entropia del pesce rosso e passando per la bellissima Nato sotto una campana di vetro, per finire con l’aver perso tutto in Colpevole.

Pop raffinato, quasi crepuscolare, che ti inietta di calore lunare il corso delle cose, un simbolo e un’esperienza di vita racchiusa nel primo disco di Mangarama, che a fatica potremmo dimenticare.