Salvo Mizzle – Via Zara (HomeRecords)

Cantautore anomalo, confidenziale, lo-fi per approccio, high-fi per stile, un connubio perfetto tra un cantato graffiante e un arrangiamento quasi scarno, ma pronto a colpire nel segno, raccontandoci di doni non ricevuti, vita non del tutto assaporata, disagio di essere quello che non si è.

Questo è Salvo Mizzle, un cantautore come tanti altri si, ma con la capacità intrinseca di essere sincero, ogni parola è velata, ma risulta al contempo fuori da denti come farfalla disturbata che cerca un riflesso di luce solare nella tiepida primavera.

Un viaggio, un racconto, significano molto per il cantautore e grazie a escamotage stilistici riesce a rendere lucida un’interpretazione dolente di un’esistenza in bilico.

E poi c’è l’amico Matteo Marcucci che riesce ad impreziosire in modo sottile quello che in qualche modo brillava già di una luce propria e caratteristica.

Nove tracce di chiaro scuri dove l’evidenza non è mai troppa e dove l’intimismo si rivela gridato, concependo dei veri e propri capolavori in pezzi come I giorni di Coppelia o nell’incedere sonoro di Via Zara.

Una punta di diamante nell’oceano e noi non possiamo che rimanerne stupiti.

 

Maybe i’m – Bwakayiman (Jestrai records)

Cannibalismo umorale rappreso da un funky diabolico e micidiale dove il sangue si fa vivo in riti carnali dal sapore aromatico e vibrante, a tratti consolatorio, che mescola fragore di chitarre a sostanziali sali scendi dove il mutismo si connota in una ricerca continua di cori e rumori gridati, il nulla è lasciato al caso e l’atmosfera vibrante al pathos si confonde con l’incedere sonoro conturbante e mistico.

Una prova ricca quindi di sfumature per questo gruppo anomalo che incorpora dentro se una traccia di veridicità toccando miracolosamente e con una certa eleganza argomenti che possono sembrare non adatti ad essere trattati in ambito musicale.

Ed è proprio qui che ci sbagliamo, questo è un connubio perfetto tra antropologia musicale e serafica energia che sprigiona la vita nel suo complesso, quasi ad emozionare strati sottili di pelle in completo divenire.

Otto tracce per un viaggio ultraterreno tra tribù africane e misticismo occidentale, perle sonore che invadono e cantano echi di luce leggiadra.

 

Cazzurillo – Ghost are surfing now (La solita minestra records)

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Recensire questi progetti è sempre assai difficile e denota una buona dose di coraggio e fantasia illimitata, noi di IndiePercui ci proviamo perché questo è il nostro obiettivo.

Cazzurillo registra su di un album una sola, lunga traccia della durata di 18 minuti da ascoltare tutta d’un fiato, prendendo quasi in giro la forma canzone normale e consolidata e strappando un sorriso per la suddivisione strampalata dell’incisione che ne fa; oggetto di culto forse per i puristi che potrebbero restare ore a suddividere l’intero ep.

Il tutto suona come una sequenza di numeri legata ad una precisa missione: quella di catturare un momento, un attimo di calore su di una spiaggia deserta dove i fantasmi fanno surf; fantasmi che provengono dagli abissi di ognuno di noi.

Una prova quindi di coraggio, fuori dagli schemi e autentica, una rivelazione che lascia l’improvvisazione naif dietro la porta cercando di creare un qualcosa che via via si consolida. Promosso.

Black Beat Movement – ID-LEAKS (Bm Records)

Un gruppo che ha i numeri in tutti i sensi.

In testa guidati dalla voce di Naima Faraò, i Black Beat Movement esordiscono con un album pieno di colore da far incendiare possibili contatti lunari.

I BBM nascono come collettivo, tutti nomi noti che compongono la scena underground italiana e provenienti da esperienze diverse come Vallanzaska, Rootical Foundation e Rezophonic, un collettivo che grazie ad una voce suadente e molto blues riesce a creare un funky oscuro contaminato dal soul americano e in stato di grazia da un pop che in qualche modo è portatore di innovazione e scardinamento di regimi precedentemente sorretti per far vibrare ogni singola nota, ogni singolo passo.

8 canzoni che sono frutto di numerose esperienze live come la condivisione del palco con artisti quali Paola Turci, Africa Unite, Sud Sound System, Statuto tanto per citarne alcuni e la vittoria del contest Sziget che porta i nostri a suonare per due volte ad uno dei festival più importanti in Europa.

Un suono quindi che è un riempimento di tavolozze colorate pronte a dipingere un quadro contaminato di espressioni e sfaccettature inusuali, emblematico il passaggio da canzoni come Break it a pezzi come The Trick o Gipsy Lady, una commistione inusuale che si fa pensiero portante nella bellissima What a Gwaan.

Un disco da ascoltare più volte per capirne il vero significato: ad un ascolto veloce il tutto ti sembra omogeneo e in qualche modo legato all’intrattenimento, ad un ascolto più attento invece i 6 si contendono attimi di poesia lucente che fa ben sperare.

L’eterogeneità è il loro punto di forza e a noi piace.