Dead Man Watching -Love, come on! (Cabezon records)

Dead man watching è poesia su distese immacolate di verde primaverile, è prato con vento, sole che riscalda creando atmosfere di un giallo variegato marrone in cui anime si incontrano per scambiarsi fiori sbocciati sotto una neve scioglievole a chiazze, lasciata dall’inverno.

Questo sanno fare i tre ragazzi e dead-man-watching-cover2013questo ce l’hanno dimostrato con codesto gioiellino: canzoni genuine, strumenti ad un primo ascolto semplici, ma allo stesso tempo che denotano un interesse per la ricerca e per l’attenzione alle sonorità come l’ukulele, hammond, il rhodes, l’orchestron e il mellotron, inoltre inusuale anche l’uso di archi quali la viola e il violino in canzoni come la commovente “Bad teen movie”.

Il trio veronese viene dalle più svariate esperienze in ambito musicale.

John Mario è un cantastorie di musica indie pop che per caso incontra Gio polistrumentista a cui piace sperimentare suoni analogici legati al mondo musicale americano degli anni ’60, Astor Cazzola invece è il più propenso dei tre a lasciare aperta la sua mente a nuovi incontri con generi diversi.

L’album, Love, come on, è il primo a superare la soglia delle 4/5 canzoni, precedentemente la band aveva fatto conoscere al pubblico la loro indole musicale grazie alla pubblicazione di due EP.

Questo invece è un disco che si ascolta tutto d’un fiato, senza tornare indietro prima di non avere ascoltato la canzone che scorre e fugge via, come il “soffione” in copertina quasi ad indicare un passaggio ancora possibile tra il 68 e il 2013.

Ecco che in “The badlands” le atmosfere slow si aprono con chitarre defragmentate, mentre “Jesus christ wannabe” è tipico folk con organetto alle calcagna, “August burn” si concede romanticismo ad ogni secondo, al contrario “Give it a sound” rilascia uno scossone iniziale che poi riprenderà ad ammaliarci per il resto della canzone con vocalizzi percussionati.

“Bite” forse il pezzo più country-slide-delta-blues, “Ten dead songs” è melodia che non si dimentica, “Here the night comes” è raccolta da un battere beattlesiano che si affaccia all’ultima grazia “Love, come on”.

Canzoni da giornate estive in bicicletta potremmo chiamarle, senza togliere nulla di importante a questa ultima fatica anzi, valorizzando al meglio il concentrato di intro e outro, di interventi precisi e colorati, di suoni sempre nuovi; un disco per la stagione buona insomma che ci porta alla scoperta di un mondo innovativo dal cuore vintage.