Nova sui prati notturni – L’ultimo giorno era ieri (Dischi obliqui – 2011)

Ed ecco dal silenzio più totale una musica che proviene da lontano e delle voci che si sovrappongono una femminile e una maschile: mai inizio fu più bello per la cover e chiamiamo la cover di “Signore delle cime” del Maestro Bepi De Marzi.

A scalare questa impervia montagna per arrivare fino alla cima sono i vicentini “Nova sui prati notturni”.

La band è all’attivo dal 2011 con Giulio Pastorello e Massimo Fontana che dopo un album completamente strumentale si avvalgono, ampliando l’organico, di Gianfranco Trappolin alle percussioni e Federica Gonzato al basso per l’esordio su “Dischi Obliqui” de “L’ultimo giorno era ieri”.

Canzoni sviscerali che creano atmosfere cupe e oniriche dove si incontrano, chiudendo gli occhi, Mars Volta e Sigur Ros, PGR e Gatto Ciliegia contro il grande freddo.

In “Oggi” poi tutto questo trova un punto d’unione, sembra quasi di ascoltare “Senza Peso” dei MK, tanto il suono è debitore del indie-rock piemontese, ma cosparso di passaggi dilatati.

“86” sembra uno sfogo alla CCCP, con un cantato urlato in lingua albanese, ma ricco di quella nostrana genuinità che ti fa dimenticare presto la band “ferrettiana”.

In “Tempo celeste” Francesco Bianconi sembra cantare questa splendida canzone con Federica, fino all’entrata della chitarra non ancora distorta, non ancora pronta a lacerare l’aria e a lasciare in cielo polvere di stelle o “Cuori di tenebra”.

“Dodiciminutieundicisecondi” è un egregio esempio di rilevazione ambientale per chitarre e bassi, suoni che ti rapiscono mentre ti fanno sudare leggerezza preparando il palato all’immersione canora di “Malkuth (il regno)”.

Con “Nova sui prati notturni” ci accingiamo alla fine di questo disco intenso che preannuncia un epilogo lucente, ma meditato con “L’orto dei veleni” canzone che parla dell’importanza, ai giorni nostri quasi perduta, della terra e dei suoi frutti.

Non è un album per tutti e per fortuna aggiungo io, sicuramente il gruppo va testato in chiave live, magari in un anfiteatro naturale tra gli alberi di una montagna dispersa che incornicia digressioni elettriche e sussurrate.

Una formula originale per una band che regala sempre novità nella ricerca musicale e una felice realtà per una provincia chiusa e poco proponsa a gruppi di questa caratura.