Suoni eleganti che si perdono nella solitudine delle stanze abbandonate allo scorrere dei giorni dove poesie d’amore si intrecciano ad un suono prettamente acustico che solo nel finale si apre a considerazioni ritmate che danno senso e acquisiscono profondità, consegnando una proposta di classe neo folk mai conclamata, ma piuttosto un’evoluzione di intenti che ben si sposa e ben trova la propria dimensione nel cambiamento e soprattutto nell’introspezione coltivata ad arte e resa in qualche modo tangibile dal calare della sera che tutto ammanta e tutto rende più reale e più vero. I pugliesi Vostok a quattro anni di distanza da un’altra piccola perla: Lo spazio dell’assenza, ci regalano un album che segue il filone passato perpetuando il senso di solitudine e donando agli ascoltatori anfratti sonori di rara bellezza che si perdono e si ritrovano cercando una verità di fondo che in fin dei conti risiede dentro di noi e ci scruta da lontano come viaggiatori erranti in cerca di un po’ d’amore.