Il vuoto elettrico – Virale (Banksville Records/DGRecords)

Trattenete il fiato, non respirate, fate finta che qualcosa sia rimasto di Voi laggiù nel baratro tra il vuoto più totale, dove l’assenza di punti fermi e singolari ci porta in un abisso di disperazione, grida e schiaffi da una realtà che fa male, ingloba e sputa ogni nostra colpa, ogni nostro errore fino a condensarci in goccia di niente.

Il vuoto elettrico crea sostanze multiformi di rock incrociato all’hardcore e allo stoner di quel rock borderline innestato ad una scena straripante di parole e significati che si incastonano miracolosamente nella mente di chi ascolta senza mai lasciarli andare via.

L’esempio si trova già in Il ruolo del perdono, quando la voce si staglia incontrollabile gridando Perché parlare equivale a non parlare.

In queste parole è rinchiusa tutta la poetica ermetica e fatta di ossimori che racconta il nostro Paese e ciò che ormai non c’è più della nostra Italia, sfiorando i Marlene di Catartica, Massimo Volume, ElettroFandango e Teatro degli Orrori su tutti.

La poesia gridata del Il Vuoto elettrico si concede, osa e non demorde: E’ solo quello che non vedi che ti fa paura? canta una voce lacerante in Le lacrime di Dio oppure ancora Sei sdraiato per terra, immobile, non riesci a muovere un muscolo e il letto è ad un passo da te in Asso di spade; sono solo piccoli esempi di un qualcosa di più ampio e generoso, di naturale bellezza e inevitabile  abbandono.

Un gruppo da tenere sott’occhio, perché in pochi come loro sanno ancora comunicare uno stato di disorientamento totale così accentuato e volutamente reale da dove partire per essere protagonisti della storia in cui viviamo, la nostra storia e non semplici burattini apatici disillusi.