Bellujno – Bellujno (Viceversa Records)

Bellujno - Bellujno

Disorientante, a tratti industrial, a tratti dark, a tratti folk, il disco di Bellujno prodotto da Cesare Basile è uno sperimentare continuo con i suoni, manipolando l’indefinito e cercando di costruire architetture sotterranee mescolate al fango della quotidianità. L’imprevedibile gusto western cinematografico si sposa con i contenuti futuristici del nostro vivere creando contrapposizioni raffinate e sospese, necessarie a dare un nome e un senso alla poetica da strada descritta. Si alternano luce e oscurità, buio che avanza e voci che provengono dagli antri più reconditi della nostra coscienza. Bellujno è un ricercatore di questo nostro tempo infame. Da Protobeginning alla title track si sospendono i sogni per dar vita agli incubi migliori regalando all’ascoltatore un viaggio emozionale fatto di lande deserte, meraviglie indefinite, mete da raggiungere ed elementi ben amalgamati a ricoprire di tappeti sonori il nostro bisogno di comunicare.


Volwo – Dieci viaggi veloci (Viceversa Records/Believe/Audioglobe)

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Pasquale De Fina riporta in vita il progetto Volwo dopo la parentesi Atleticodefina attraverso un disco che si dipana grazie ad una musica d’autore di ricerca sperimentale che non strizza l’occhio alla facile melodia, ma piuttosto instaura rapporti con il proprio essere e con il proprio credo interiore. Pasquale non ha bisogno di molte presentazioni, la sua carriera artistica rientra tra le più importanti della musica indipendente italiana pur rimanendo fedele ad un certo tipo di pensiero, un modo di pensare al suono come veicolo di sentimenti e stati d’animo che vanno oltre le trovate commerciali del momento instaurando un rapporto diretto con lo stesso ascoltatore che si trova immedesimato in contesti di vita disegnati e dipinti ad arte, tagliando e cucendo l’abito più adatto a noi e facendoci scoprire, ascolto dopo ascolto, sfumature sempre nuove e in evoluzione. Per accostamenti Dieci viaggi veloci lo si può paragonare a quel Plancton disturbante di Alessandro Fiori, anche se qui l’elettronica non è evidente anzi, il senso acustico del tutto fa trasparire maggiormente punti d’interesse e stati d’animo tra gli strati e le architetture delle canzoni proposte. Piccoli camei come le presenze di Luca Gemma, Paolo Benvegnù, Rachele Bastreghi, Ylenia Lucisano impreziosiscono la caratura dell’album in un vortice di sentimenti che si fanno punti d’incontro e di partenza, andate e ritorni, passando comunque per quel qualcosa che chiamiamo cuore che è al tempo stesso vita e morte, passione celata e capacità unica di arricchire.

Silenti Carnival – Drowning at Low Tide (Viceversa Records/Audioglobe)

Marco Giambrone in arte Silent Carnival costruisce panorami eccentrici dove lo slow folk si intreccia all’oscurità umana per regalarci una prova dal forte respiro internazionale e dove il folk dell’entroterra si apre a paesaggi deserti dove le desertificazioni appunto sono stati mentali che incorporano il nostro io e non permettono all’ascoltatore di trovare essenziali vie d’uscita, anzi il nostro crea substrati di una musica ad alto tasso emotivo che riunisce le sperimentazioni dei Velvet Undeground con i Low per passare alla lande desolate di Micah P Hinson, accostandosi al mare come fosse vera fonte di ispirazione per arrivare a cercare la fragilità umana dentro ad un fazzoletto di suolo a ricoprire gli abissi della nostra coscienza, della nostra casa, se ancora possiamo chiamarla casa; un’anima errabonda che coglie il significato delle parole e le concentra sino a farle diventare poesia, per un viaggio sempre in disequilibrio, tra la ricerca di nuove forme musicali e l’apparente senso di appartenenza ad un mondo che non è più nostro.

Dead cat in a bag – Late for a song (Viceversa Records)

 

Non so che cosa indosserò per il mio funerale, ma di certo questa sarà la mia colonna sonora, una lenta e degradante discesa lungo l’incerto, l’oscurità perpetua che se non fosse altro che un colore impresso nelle nostre menti, potrebbe tranquillamente risolversi in bianca luce celeste.

I Dead cat in a bag sono Tom Waits e Nick Cave messi assieme, sono Micah P. Hinson e sono anche Robert Johnson; racchiudono in modo espressivo un mondo e un colore che all’interno si ritrova a far da battaglia con assi di legno rotte e scricchiolanti.

Strumenti fuori dal tempo e foto fuori dal mondo che si immedesimano in un’epoca che non ha età e non ha confini, priva di quelle barriere a cui, magari questa musica potrebbe essere incasellata.

Questo dei Dead cat in a bag è tra i migliori album del 2014, sarà per indole verso questo tipo di musica, sarà perché colpiscono per la cura maniacale dei suoni, a ricreare un contesto assai intricato e poderoso che si lascia alle spalle sontuose ballate per uomini solitari, sarà perché entrano dentro fino a scavare in profondità, ma la loro musica resta pura e cristallina, non rappresa da finzioni legate al marketing, ma intrisa di quella poesia che si fa arte ancora una volta.