Via Lattea – Questa terra (Autoproduzione)

Suoni che entrano di prepotenza nell’apatia del mondo per smuovere dalla sedia l’essere umano stanco e ricco di privazioni per un riprendersi degnamente un posto nel quotidiano in un affresco post apocalittico dove le sostanze sembrano ritornare al loro posto in un intreccio perturbante e carezzevole in grado di conquistare al primo ascolto attraverso un disco, quello dei Via Lattea, che dimostra una maturità assoluta nel creare composizioni che si affacciano in mondo insindacabile alla realtà, lo fanno con un rock impegnato dove i testi entrano e scavano in profondità, ricordando per certi versi le poesie del Fiumani migliore in un comparto musicale e una base ritmica che non ha nulla da invidiare a band come Joy Division, tanto per fare un parallelismo internazionale con il precedente toscano; un album egregio direi che spunta dal cappello della nostra esistenza ad un certo punto per fare capire che questa probabilmente può essere solo e soltanto la direzione dell’annientamento, lo si capisce subito fin dalle battute di E’ arrivato l’inferno, passando per pezzi simbolo come Questa terra, Marinaleda o L’età del muro, per convogliare nella riflessione finale di Non mi sono mai sentito così vivo a ribadire ancora una volta che forse solo di amore vive l’uomo e l’attesa per qualcosa di diverso si concretizzerà, un giorno, lontano.