Emily Guerra – Immune alla solitudine (VREC/Azzurra)

La luce che filtra all’interno di una finestra, il calore di un camino acceso che scalda gli ultimi attimi dell’inverno, una voce che a sua volta riscalda, senza chiedere troppo, lasciando il passato dietro di se e il futuro ancora vivo da scoprire davanti a i propri occhi così accesi, così vivi.

Questo è il nuovo disco di Emily Guerra cantautrice pop proveniente dalla zona del lago di Garda che al suo primo full length incanta e stupisce soprattutto per maturità stilistica e cura negli arrangiamenti, tra melodie orecchiabili e intense ballate struggenti dove il cuore è messo sempre al primo posto.

Una cantautrice che cura la voce e fa della stessa voce uno strumento importante, fluttuante, un mare in tempesta carico di quel sodalizio con la canzone d’autore italiana che incanta per qualità proposta e cura dei particolari.

Un album quindi fatto di attimi coraggiosi e certezze raggiunte, un divincolarsi dal mondo circostante con uno stile proprio e personale simbolo di eleganza, ma anche di maturità, portando il romanticismo ad un’opera lieve e contemplabile.

Ecco allora che i suoni rock sono condensati dal pianoforte in evoluzione, una fotografia del tempo, del nostro tempo che vorremmo concedere al mondo come stato di grazia infinita.

Greta Narvik – Kiruna (Autoproduzione)

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Elettronica che si fonde ai pomeriggi di introspezione, alle solitudini terrene che generano accoppiamenti e giochi di sorte dove potersi intrufolare, chiedere e inoltrare mondi sovrapponendo idee, storie e pensieri.

Sara Fortini con il suo progetto Greta Narvik contribuisce a creare un alternative rock da classifica cantato in parte in italiano e in parte inglese dove i sussurri sono più importanti delle parole stesse, dove a fondersi e confondersi non sono linee vocali pressoché perfette, ma sono vissuti di rara bellezza  e continua ricerca.

In questo piccolo ep di 4 pezzi si possono ascoltare le dilatazioni Mogwaiane fino a raggiungere i vertici dei primi Sigur Ros e l’accattivante proposta in evoluzione del Yorke elettronico.

Greta Narvik ci porta in un mondo tutto suo e ci fa sognare, si perché con questo disco la dolce ballata che ci accompagna fino alla fine è dentro di noi, fa parte di quel qualcosa che non sappiamo ancora definire, ma che ci rende tali e soprattutto veri.

Si parte con l’italiana Cosa senti fino all’apice del disco Ivy passando per la convincente Forse Cerco, finendo con la cauta timidezza di Mask.

Un album che suona lontano, quasi fosse trasportato dal mare, dentro a una conchiglia su di una spiaggia deserta dove a sorridere sono le sparute nuvole.

John Mario – Per fare spazio (Cabezon Records/Audioglobe)

Grande passione per i suoni anni ’90 in questa nuova prova di John Mario, musicista veronese, ai natali Mario Vallenari, già indiscusso e carismatico esempio di personalità musicale a tutto tondo, artista poliedrico che spazia dal cantautorato italiano alle incursioni blues folk del progetto parallelo Dead Man Watching fino alla compiutezza nella gestione di una piccola etichetta la quale ha dato alle stampe i dischi di Veronica Marchi e The Softone, passando per Nicola Battisti e Facciascura citandone solo alcuni.

Per fare spazio nasce dall’esigenza di trovare un proprio posto nel mondo e di riscoprire la bellezza nella quotidianità, un viaggio introspettivo che accarezza le corde dell’animo fino a concentrarsi su ciò che occorre veramente fare e su ciò che effettivamente occorre tenere per essere ancora esseri pensanti e indipendenti.

Un disco dall’impostazione indie rock che regala piccoli sprazzi di sperimentazione sonora targata ’90 incrociando chitarre smithesiane e inglobando orizzonti sonori con drum machine sincopate, battenti e un’elettronica accennata a impreziosire gli undici brani del disco.

In un attimo in Dalla tua Ford si incrociano gli Smashing Pumpkins di 1979,  passando per Counting Crows e abbracciando, nella maggior parte dei pezzi presenti, un cantautorato puro, cristallino che ammicca al naif, sincero e organizzato a tratti scomposto, ma sempre al centro del tutto in una prova che conquista e che convince per fruibilità immediata.

Un album quindi, forse un concept album, dal sapore agro dolce, che accosta ballate sonore ad altrettante trovate musicali che stupiscono e confermano la capacità di questo ragazzo di dare vita ad ogni parola pronunciata.

Pentasia – Cartapesta (VRec)

Un album in divenire, il primo album dei Pentasia, rock band Veronese, che nel loro esordio estrapolano un suono vincente e convincente non relegato semplicemente ad una costante da porre sul mucchio di dischi che escono giornalmente, ma che si differenziano per capacità espressiva.

Il suono pecca di un qualcosa di già sentito, ma nel complesso il gruppo è affiatato e convince, sia per situazioni create sia per varietà stilistica nella scelta delle parole e dei testi che parlano di stati d’animo incompresi, di amori lontani e di terre ancora da scoprire.

La voce di Genny ricorda per sonorità le classic women targate ’90 e il suono si fa sferzante di elettricità e passione in pezzi come Isterica modernità o in Cristalli nell’aria passando nel finale alla ballata per pianoforte Piccolo notturno.

In mezzo a tutto questo ci sono le stagioni, i piccoli momenti, le vite vissute e i cambiamenti, in mezzo c’è una copertina che è una vera e propria opera d’arte firmata dall’illustratore veronese Andrea dalla val e ancora ci sono i Pentasia che sanno costruire trame di vita sottile nel frastuono di ogni giorno.

Klem – Ritagli di tempo (Autoproduzione)

0002530983_10Klem è graniticità allo stato puro, un suono che rapisce fino ai primi ascolti, un connubio sonoro di chitarre che si stagliano contro il muro del suono ad abbracciare melodie legate allo Stoner di QOTSA e al cantato italiano dei primi Timoria.

Una formula vincente questa, confezionata da un sapore retrò nell’uso stilistico di contrapposizioni sonore che ammiccano inevitabilmente ad un suono targato ’90, capace di distendersi per farti entrare in ballate stereoscopiche ricche di vapori che si incanalano nelle onde dell’oceanomente trasformando il tutto in un gioiello da portare appresso.

10 canzoni, il numero perfetto negli album dell’ultimo periodo;  tracce, passi che si evidenziano nei ritagli di tempo , quasi a costruire un puzzle dall’immagine completa, tracciando un contorno che risulta essere maggiore della somma delle parti.

Scacco Matto ti rapisce per coinvolgimento esistenziale passando per la spensierata Da te e arrivando con un balzo alle previsioni di Sfera di cristallo chiudendo nel finale con la strumentale al fulmicotone Acqua, terra e fuoco.

Un disco fatto per colpire, per colpire nel segno, segnando una breccia, e creando un ponte, un collegamento con il passato che mai sarebbe stato più fresco e vivo.

Nicola Sartori – Cantattore (Cabezon Records)

Un pugno in faccia questo del veronese Nicola Sartori, un pugno in faccia alla desolazione che ci circonda assumendo la forma di materia viva che diventa elemento di protesta.

Emblematica la copertina con quel simbolo monetario che forse risulta troppo  presente, in maniera quasi preponderante, nella vita di tutti i giorni e che va ad intaccare in modo troppo importante arti come il cinema e la musica, ricondotte quindi a un dio denaro che le snaturalizza e le uccide giorno dopo giorno.

Un cantattore onesto, diretto, essenziale nella sua complessa bellezza, accompagnato da numerosi strumenti che ricreano un’atmosfera lounge e delicata dove il pop si mescola, al rock, passando per malinconie blues in fusione al jazz spazzolato di fine secolo.

Esili farfalle si posano su queste 11 melodie ricordando a tratti Tenco a tratti il più attuale Samuele Bersani passando per il romano Niccolò Fabi, senza dimenticare Marco Notari, a cui Nicola rende omaggio nel cantato.

Un disco fatto quindi di impressioni, di vissuti, di affascinanti melodrammi quotidiani dove poter attingere linfa per poter proseguire verso nuove realtà.

Una cavalcata nello spazio terreno, in punta di piedi, tra tasti bianchi e neri, infinità bellissima e immacolata in una sorpresa che ci ricorderemo ancora per molto tempo.

Facciascura – Stile di Vita (Cabezon Records) SuperAnteprima!!!

Facciascura – Stile Di VitaPotenza e illusione del volo, capienza di stili che vanno a confluire in unico corpo fin dentro le ossa di un cercatore di tesori nascosti.

Ci sono band che colpiscono al cuore e alle viscere, che ti lasciano senza scampo colpendo precisamente i punti vitali, i punti emozionali e lasciandoti a bocca aperta per un bel po’ di tempo.

Tra questi ci sono i “Facciascura” band veronese che al secondo album, prodotto da Andrea Viti ex Karma e Afterhours, mette la firma per entrare a pieno titolo nel circuito indie italiano.

Rock e psichedelia, cantato sporco e attitudine punk contornata da suoni studiati a tavolino e cori impeccabili.

Il disco vanta 3 partecipazioni importanti: “Uragano” con Paolo Benvegnù, “New songs are no good” con Shawn Lee polistrumentista già collaboratore di Jeff Buckley, Amy Winehouse, Alicia Keys e Kylie Minogue ed infine la presenza di Alessandro “Pacho” Rossi nella bella rivisitazione di “Maggie M’Gill” brano degli storici Doors.

Il tutto suona come un enorme vortice scomposto e ricomposto per creare una trama indefinibile e inarrivabile.

I 5 veronesi Carlo Cappiotti, Francesco Cappiotti, Christian Meggiolaro, Simone Marchioretti e Philip Romano si arrichiscono di suoni di canzone in canzone culminando il tutto nella bellissima “Alaska”.

Un disco profondo, intenso e velato da quella tristezza nel nulla che avanza.

Un preciso istante, un balzo verso la luce e poi tutto si ferma nella parte scura della luna.

the WOWS – War on Wall Strett (Autoproduzione)

wowsUn fulmine a ciel sereno racchiuso tutto d’un fiato a rincorrere con energia mistica
singole efficienze stilistiche.
Questo è “War on Wall Street”, dei veronesi “The wows”, un concentrato di suoni gainizzati che si lasciano trasportare da un simil Morello allucinato e stravolto in contorsioni pesanti e prolungamenti oceanici: a dismisura eterni.
Band di Verona questa, che nel corso della sua evoluzione ha gestito al meglio le salite da affrontare per diventare elemento di disturbo in una scena piatta e poco coinvolgente.
Un EP di 9 canzoni che alterna pezzi vibrati e suonati fino alle viscere, lasciando spazio a sonate meditative dall’attitudine prog e rilassata, quasi acida però, con sempre presente quel velo di cupezza e resistenza alle morbidità che fa dei 5 ragazzi un punto di incontro tra diversi generi.
Si passa con facilità dai RATM ai Tool dai NIN ai Radiohead.
Un’architettura coinvolgente di certo e un piglio internazionale che sicuramente non guasta.
Un album quindi che di italiano ha gran poco, una band da tenere sott’occhio nelle uscite future, quando il freddo vi spazzerà via noi assieme ai the WOWS potremmo ancora saltare.