GattuZan – Dolcevita! (Astio Collettivo/Phonika/JapPeru)

Ascoltare un disco di questo livello nel 2015 fa solo che gridare al miracolo, una prova osata e ricercata, un insieme di canzoni, ben 32 per un doppio, che non stanca, ma che ti fa entrare in mondo capace di comprendere il substrato che ci appartiene, il posto da cui veniamo, conforto quotidiano e miscelato a dover in una formula bizzarra, ma che acquista veridicità nei continui ascolti, un loop emotivo capace di distogliere gli sguardi verso ciò che più non ci appartiene per concentrarsi nell’essenza stessa del vivere, facendo della sperimentazione una base di appoggio per partire, scoprire, crescere e trasformarsi in qualcosa di diverso; mutevole anfratto negli abissi,  che cambia con il passare delle stagioni.

Loro sono i GattuZan e nonostante la freschezza del progetto i nostri sono stati i vincitori dell’Arezzo Wave Live Band del 2015 e band italiana all’EUROPAVOX, un concentrato di energia pura che si sprigiona in modo esponenziale sul palco, luogo di risalto e portante per una band in continuo divenire come questa.

I GattuZan mescolano in modo perfetto elettricità del rock, alla forza dell’improvvisazione sporca e ruvida del punk, senza tralasciare la componente caraibica e acustica, un accostamento agli MGMT che per coraggio non sfigurerebbe.

I sei umbri però hanno molta sostanza e molte capacità da sfruttare, portano i colori nelle tasche e riescono a capire quale gradazione dare al nuovo giorno che verrà, si concentrano sugli elementi e si lasciano trasportare dalla forza prorompente di un’onda che è simbolo di vita.

Due dischi quindi Roog Garden e Hollanguilakillah per una band che conosce la strada da seguire, senza se e senza ma, sentiremo ancora parlare di loro perché questo Dolcevita! è qualcosa che lascia il segno: sicuramente uno degli album più esplosivi dell’anno.

 

Mentivo – Io sono la verità (Libellula Label)

Dirompenti  e hard, eleganti e allo stesso tempo sincopati, ricoperti di cioccolato amaro che trasforma la loro città natia in una cascata di fluido incorporeo dove lasciarsi andare alle parole che non vanno per il sottile, ma che con affronto dimenticano il passato per sputare in faccia al presente, fatto quest’ultimo di sogni infranti e caramelle troppo salate da poter succhiare ancora.

In bilico tra sonorità cantautoriali e indie rock e andando a braccetto con melodie stile Appino e co. i Mentivo confezionano un album ricco di percezioni extrasensoriali dove storie di tutti i giorni combattono inesorabili contro un muro di granito inespugnabile.

Prodotto e registrato da Giacomo Fiorenza (Moltheni, Offlaga, Marco Parente, Paolo Benvegnù) e Andrea Suriani (My Awesome mixtape, I cani, Gazebo penguins), l’album segna in modo netto e radicale l’esordio di questa band umbra che si muove attraverso territori poco battuti e dove gli appoggi sembrano mancare, anche se la qualità si sente lungo i dodici pezzi.

La strumentale “Quello che possiamo” apre bene in modo indie-arcano e passa con velocità alla “Gente comune”: inno del disco dove al proprio interno troviamo gli elementi che caratterizzano l’interezza delle composizioni che susseguono.

“Gli ex” è poesia lavorativa, mentre “Amore a tre” ricorda il Brondi migliore.

Si passa velocemente alla ballata “A casa di lunedì” passando per lo stoppato beatlesiano di “Vertigine”, chiude bene l’evocativa strumentale nel finale “Tentativo di chiusura” che lascia in qualche modo le porte aperte a ciò che verrà.

Un album praticamente perfetto, un disco che si cimenta con una prosa innovativa, senza peli sulla lingua e allo stesso tempo con uno stile affascinante; un gruppo che a mio avviso dovremmo tenere sott’occhio, soprattutto in chiave live, territorio dove i nostri si confermeranno forti del fatto di non essere una sola immagine riflessa in uno specchio, ma materia pensante e preponderante.

 

GTO – Little Italy (Music Force)

Prendi un aereo e vola sopra le palme di un deserto d’acqua dolce.

Prendi un gruppo che gto-club-musica-little-italynella realtà regionale e non solo, ha fatto storia con un genere tante volte valutato solo sul campo dell’intrattenimento da balera estiva, che riparte invece da testi impegnati e sonorità altrettanto ricercate con suoni che strizzano l’occhio all’elettronica ambient e che in certi passaggi ricorda un’ottima commistione tra De Andrè e Bandabardò, tra De Gregori e Cisco.

Questi sono i GTO, band storica umbra all’attivo dal lontano 1993, che ha fatto del folk rock un’esigenza di vita.

“Little Italy” è un album quasi ironico, anche se c’è poco da ridere, sulla nostra Italia delle parole al vento e dei sorrisi troppo facili; un’Italia legata ai favoritismi e alla furbizia:  esempio neoclassico di democrazia decadente e di facciata.

In copertina il gallo canta, qualcosa muore: il nostro Paese.

A posticipare il canto ecco la prima canzone “Barabba”, tra le più riuscite del disco, contornate da atmosfere sognanti e di libertà.

Altro pezzo degno di nota  lo troviamo nella title track “Little Italy” e nella successiva “La via del mare” tra visioni di spiagge infinite e amori lontani.

“Granelli di sabbia” si apre al rock flangerato, mentre la chiusura in “Festa popolare” è biografia di un momento.

Un album di 11 pezzi suonati a meraviglia dove l’esperienza segna una traccia netta rispetto ad altre simili proposte sul territorio nazionale.

I “GTO” sono riusciti nell’impresa di creare un disco che faccia ballare e allo stesso tempo pensare: credete non è cosa da poco.