Umberto Maria Giardini – Futuro Proximo (La Tempesta Dischi)

UMBERTO MARIA GIARDINI futuro proximo

Prosegue il percorso di avvicendamento alla bellezza di Umberto Maria Giardini, prosegue raccontando un futuro prossimo destabilizzante sulle note sicure e già principalmente testate nei dischi e nei progetti precedenti, mantenendo un’impronta post rock con cavalcate intrise di significati che solo le parole possono completare dando continuità di senso e addizionando ironia tagliente proiettata nel nostro presente, aspettando forse ciò che mai verrà e contemplando gli attimi di vita vissuta come fossero ricordi da custodire per sempre.

Ci sono dieci pezzi in questo album, dieci pezzi che sono perle a se stanti che si fanno riascoltare per comprenderne sfumature dimenticate e lasciate al caso, ma qui nulla è abbandonato anzi, il nulla che avanza si ricopre di novità proprio quando le novità sembrano essere lasciate in disparte; l’Avanguardia è giusto incipit di attese che si apre alla canzone forse più orecchiabile dell’intero disco Alba Boreale, ricoprendo di introspezione pezzi come Dimenticare il tempo o Graziaplena per un finale di indiscusso valore a caratterizzare una produzione che si affaccia alla modernità con un amore chiaro e limpido nei confronti del passato, nella cura del suono e nella cura dell’anima, tra sali scendi emozionali e un comparto sonoro e poetico invidiabile ai giorni d’oggi e così vicino al domani da restarne profondamente colpiti.

Hibou Moyen – Fin dove non si tocca (Private Stanze)

Cantautore introspettivo e delicato che accarezza la vertigine del mare per affondare montagne sottosopra all’interno di un’acqua che sa cullare, ma che sa anche far male, grazie ad un sostanzioso appeal di ricerca cantautorale che ricorda molto i primi lavori di Umberto Maria Giardini – Moltheni, qui guarda caso in veste di produttore dell’intero album, per canzoni che si snocciolano nei meandri della nostra coscienza, donando freschezza a parole desuete e quasi dimenticate, ritornando in qualche modo a ciò che erano gli anni ’90 grazie anche a tutta una serie di corrispondenze con il folk malinconico americano; basti pensare a pezzi immaginifici e bellissimi come la traccia d’apertura Il naufragio del Nautilus, quella barca dispersa nel mare per poi toccare punte di alta poesia con Efelidi fino ai Miei Nodi e Pallida erba per un concentrato di solitudine misteriosa che riesce ad abbracciare la natura in un porto disperso oltre le nostre abitudini e per un disco in grado di farci riappropriare del tempo perduto, tra le cose lasciate e quelle che troveremo: un album questo che ha il sapore delle cose migliori, un cantautorato incontaminato che deve continuare ad essere preservato.

Umbero Maria Giardini – Protenstantesima (La Tempesta International)

Tutti aspettavano questo album, il nuovo di Umberto Maria Giardini, io l’ho ascoltato e vi dico cosa ho sentito.

Ripetuti ascolti mi portano a scrivere quello che ora leggerete, una mia opinione di certo, da  amante della musica e da ascoltatore quotidiano.

Umberto Maria Giardini ritorna dopo La dieta dell’Imperatrice e Ognuno di noi è un po’ anticristo, ritorna per dare all’Italia un’altra perla da coltivare, da mantenere nel tempo e da custodire soprattutto per segnare forse una strada, per esprimere vissuti che vanno ben oltre l’immaginazione.

Sarà così?

La voce c’è, sempre bellissima e coinvolgente, la qualità sonora tocca picchi di immacolata veridicità e gli strumenti fanno la loro parte, con tocco caldo di vintage d’altri tempi.

Le canzoni sono una summa del proprio pensiero anche se i testi alle volte si concedono in rime imbarazzanti che se scritte da un cantautore sconosciuto sarebbero certamente stroncate da critica (v. Latte giovane, coperto dalla panna/La tua bocca inganna; Chi dice il vero/Chi odia il bianco e ama il nero; Tutto il mio mondo è quella luna piena/il mare aperto (gode) la balena).

Il problema di fondo però è che il tutto manca di intensa improvvisazione, tutto è calcolato perfettamente a tavolino senza tenere conto del fattore sorpresa dedicando al suono un sacco di energie che forse potevano essere distribuite in modo più uniforme.

Un disco a mio avviso che è riuscito solo a metà, stupende comunque restano la title track e Molteplici Riflessi, in attesa, forse, che il nostro si lasci andare ad una più umile ricerca, lasciando da parte il personaggio da interpretare che vive in un’aurea di intoccabilità e grazia e riconsegnando a Noi la capacità visionaria del primo Moltheni.

Intervista a Umberto Maria Giardini

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Questa è tra le prime interviste dopo un anno di recensioni e volevo subito partire con una domanda che riguarda il titolo del tuo nuovo album che mi ha sempre incuriosito perché il nome “La dieta dell’imperatrice”?

Il titolo che ho dato al nuovo album e’ nato da un esigenza legata al concetto di simbolismo, cosi’ come viene concepito nella mia testa; volevo qualcosa che apparisse introverso nel suono e immaginario nel significato. La dieta dell’imperatrice e’ risultato il piu’ appropriato, poiche’ nella mia visione personale della musica italiana, la dieta e’ la condizione nella quale la piu’ nobile delle arti e’ costretta a vivere, per colpa degli addetti ai lavori che non riconoscono il reale valore oggettivo del materiale che ogni anno viene prodotto nel nostro mercato. Se i giornalisti addetti ai lavori scomparissero , la musica italiana ne guadagnerebbe tantissimo.

 La formazione rispetto alla precedente è cambiata profondamente perché questa scelta?

I miei nuovo collaboratori rappresentano piu’ che mai il nuovo volto di UMG. Il progetto Moltheni non poteva in alcun modo confondersi col nuovo ciclo e qst’ultimo nasceva con proprie caratteristiche estremamente diverse da Moltheni. Da qui la scelta necessaria di cambiare approccio e quindi anche band rispetto agli anni precedenti. Non a caso abbiamo eliminato il basso, e’ stata una sfida, combattuta e vinta.

Qual’ è stato il momento in cui hai capito che bisognava fare qualcosa di diverso, una trasformazione alla luce del sole?

L’ho capito quando ho ricominciato a scrivere e quando Anna Calvi pur non conoscendomi mi disse: “ogni cambiamento porta un nuovo modo di vedere le cose…quando si cambia, si vede meglio”. Da li’ fino a capire cio’ che dovevo fare e’ passato un arco di tempo brevissimo.

Raccontaci del nuovo progetto – video finanziato con il crowd funding su musicraiser.

C’e’ poco da raccontare. Avevo bisogno di soldi, esiste una nuova piattaforma, l’ho utilizzata..ho realizato il nuovo promo. Stop.  🙂

 Se dovessi scegliere che strada prenderesti: più sale di incisioni a prezzi popolari in Italia o più Talent show e derivati?

Nell’una nell’altra, provo schifo per tutto cio’ circonda la musica italiana. Dall’approccio dei musicisti (categoria di poveretti), alla realizzazione dei progetti, dalla promozione, ai live nonche’ al metodo di lavoro legato alle etichette e loro gestione.

 Ultima domanda: i 5 dischi a cui non rinunceresti.

Qualsiasi opera di Wagner..del rock, del pop e della vostra musica indie non me ne puo’ fregar di meno.

Umberto Maria Giardini – La dieta dell’imperatrice (Woodworm/La Tempesta)

 Ritorna Moltheni. Ritorna Umberto. Ritorna sottoforma di nuovo essere vitale: Umberto Maria Giardini.

Nel corso del tempo lo abbiamo potuto apprezzare nei suoi numerosi progetti primo fra tutti con lo pseudonimo Moltheni, passando per i primi Hameldome e gli ultimi Pineda.

Non chiamatelo ancora Moltheni però.

Questo ritorno sancisce un processo di maturità notevole accompagnato anche nei live, da una formazione tutta inedita rispetto al passato, niente basso, ma con Marco Maracas alle chitarre elettriche e pedali, il prof. Giovanni Parmegiani piano Rhodes e organo e Cristian Franchi tamburi.

I suoni sono quasi più cupi rispetto ad un tempo, molto curati e riverberati, batteria lineare che lascia molto spazio a una voce dilatata e spettacolare come non mai.

Assenti chitarre acustiche, ma molte elettriche che creano atmosfere oniriche di arpeggi infiniti e piccoli assoli.

Contrappunti di cembalo a ridefinire un tempo quasi deforme, ma incantato.

Il disco parte con un brano strumentale L’imperatrice seguito da Anni luce in cui sembra di rincorrere nello spazio la persona amata, senza raggiungerla.

Il trionfo dei tuoi occhi cela una bellezza racchiusa nelle parole finali: Chiedendo all’acqua che ti dia la fatica mia.

Quasi Nirvana è un inno al cambiamento dei tempi…antiaderenti al mio cuore, ci si può sentire i Gatto Ciliegia in questi dialoghi tra le chitarre fino all’apertura degli archi vigorosi e imponenti quanto gravi.

Il desiderio preso per la coda inizia con echi di chitarra funky e si protrae per il resto del brano con la melodia portante in un riff destinato ad essere ricordato.

Discographia è un inno contro la multinazionale in se …vendimi in ogni megastore, cambia, muori fredda e gela,leggera aurora.

Fortuna ora anticipa Saga…dimmi che avrai oltre mille navi e cavalli perche’ e’ quello che mi spetta e che ruotero’ vicino a quei pianeti che hai creato con il fuoco per me…

Genesi e mail è il capolavoro dei nostri anni, un mondo di amici mai visti e mail per rintracciare qualcuno che mai conoscerai.

L’album infila due ulteriori perle con la psicadelia prog de Il sentimento del tempo e con L’ultimo venerdì dell’umanità…chiave chiudi i quaderni miei tanto a chi dovrei o potrei leggerli?

Un disco subito non facile, ma che entra e ti tocca le corde del cuore dopo qualche ascolto.

Mi auguro che ora Umberto resti ancora con Noi e che riesca sempre a regalare le meraviglie a cui ci ha abituato, senza dimenticare appunto uno stile e un’etica fuori dal comune.