Tre – Andrea Leone e Reverbero (Manzanera)

Realtà sulfurea in pub inglesi grondanti birra e acqua a fiumi lungo i vetri delle finestre trasparenti che donano lucentezza ad anfratti bui creando pensieri di abbandono e vite caratterizzate dalla continua lotta e ritrovamento di amori immaginati e addentrandosi in punta di piedi dentro ad una fiaba trasparente e vaporosa dove il migliore Dylan incrocia le inquietudini dei REM e dove la vibrante e mossa armonia di brani si sposa a pennello con la loro lentezza, la loro atmosfera, la loro capacità di dare vita ad un racconto nel racconto, per un percorso, quello di Andrea Leone, che arriva alla terza produzione; un percorso probabilmente molto intenso, perché intense sono le inquietudini che si respirano in questa cassetta autoprodotta in soli cinquanta esemplari. Sono le forme che prendono il sopravvento, sono le speranze e la bellezza, il buio che avanza e gli istanti di luce a completare un’esigenza di ritrovamento, quasi folgorante, pura ed esistenzialista da rendere il quadro proposto una mirabolante scelta di colori da preservare nel tempo.

Ismael – Tre (Autoproduzione)

Al terzo album gli Ismael dipingono poesie impressioniste regalando attimi di luce in un buio che illumina le chiome verdeggianti degli alberi estivi, quasi fosse un’estate relegata al continuo mutamento, un’estate dal dolce sapore mescolato all’amaro dei testi di un cantautorato sbocciato in punta di piedi, pronto ad arrivare a scoprire che poi tutto il mondo ci appartiene e quello stato d’animo adolescenziale si ricopre di nuova linfa in un indie rock ricercato e trepidante con tamburi assordanti e vivace complessità.

Fitte trame si condensano tra le chitarre in leggero delay quasi ad evidenziare un sentiero che si ritrova in bilico tra una pischedelia non voluta e un passo verso il nuovo, atto alla costante ricerca e privo di fronzoli post rock.

Un disco curato, testi cantautorali ben incentrati su di un argomento e ciascuno con peculiare segno di distinzione, armonizzati da un suono Kuntziano primi ’90 contrapposto da scelte stilistiche che riguardano maggiormente gli ultimi Marlene, più evocativi e criptici.

Rabbia, dolore e senso di abbandono si scagliano tutti d’un fiato a ricreare nell’ascoltare un senso di smarrimento che in poco tempo ti fa catapultare nel pensiero di Sandro Campani autore delle musiche e dei testi di tutte le 11 tracce, quasi fosse un nuovo De Gregori alle prese con un cambiamento generazionale inevitabile.

Un disco maturo che alterna in modo deciso momenti di chiaro scuri esistenziali, pronti a colpire e a lasciare il segno.