Perry Frank – Soundscape box I (Tranquillo Records)

Discostante e di una bellezza quasi irraggiungibile che si perde negli anfratti della coscienza per colpire un’altra volta al centro del pensiero, al centro di ciò che siamo dentro, per renderci migliori forse, per riflettere ancora una volta, per segnare nella propria agenda persona il tentativo non facile di rendere emozione ciò che si ascolta, regalando vissuti e abbracci solitari, sempre raccolti dalla malinconia di un pomeriggio assolato, ma leggermente velato, dove il terso del cielo viene sovrastato qua e la da nuvole minacciose.

Perry Frank in questa nuova prova regala chitarre ancora più morbide e meditative dove il sovrapporsi continuo di suoni sintetizzati e manipolati ci porta alla conoscenza di nuovi mondi da scoprire: finzione o realtà? Questo sta a noi scoprirlo lungo i sette brani che compongono Soundscape box I, un disco di melodie sonore in divenire calde quanto una coperta invernale, ma taglienti quanto basta per dimostrare all’intera penisola che la capacità espressiva può svilupparsi, in un tutt’uno narrativo, anche in un ambient post rock che trae direttamente linfa guardando il futuro.

Non scomodiamo paragoni, potrebbero essere tanti, fra tutti GCCIGF, anche se il nostro riesce a conquistare per novità della proposta e continui cambi di scena, quasi fosse un film da cui non vorremmo mai staccarci e noi con la punta del naso incollato allo schermo seguiremo il viaggio a Barcelona landscape, tra Le vent et les Nuages e poi torneremo a casa tra rimpianti forse, Regrets, in compagnia però di una dolce musica che non ha mai fine.

 

Nymphalida – Portraits (Tranquillo Records)

Mi piace definire questa musica, una musica senza spazi e confini, da assaporare nota per nota e da dove poter attingere il giusto nutrimento nell’attesa che avvenga qualcosa di importante e di sperato.

Questo è un progetto davvero singolare, dietro a tutto questo troviamo Pietro Bianco che si diletta tra rumori di sottofondi sonori accompagnati da un pianoforte malinconico e ostentato che ricorda il Nyman di Lezioni di piano, atto alla rinascita in divenire di archi sintetizzati e preciso nell’istante di colpire al cuore ancora un volta.

Un suono calibrato e congegnato da quei meccanismi di ricercatezza che fanno in modo di inglobare narrazioni da altri pianeti e improvvisazioni sonore che introducono a nuovi brani con singolare perspicacia.

Ecco allora che la chitarra classica prende il posto del pianoforte ricreando una malinconia, diversa, quasi desertica aiutata da flussi di vento e incedere filiforme di ombre sonore.

Un disco, una colonna sonora utile e preziosa, raffinata e ricercata, che parla del tempo, della solitudine e di quella costante ricerca di perfezione che accomunava i grandi compositori degli anni passati.