The wolf and whale – As you walk (Autoproduzione)

L'immagine può contenere: 1 persona, sMS

Duo umbro esplosivo che usa sapientemente un miscuglio eterogeneo di strumenti per dare vita e forma ad una musica colorata e tinteggiata per l’occasione da un folk che prende spunto e riferimento dal bisogno sostanziale di gridare la propria appartenenza ad un mondo in continuo cambiamento, una musica che parte essa stessa dalle note cantautorali e si fa sempre presente e motivata quando la gran cassa spinge sull’acceleratore e si fa notare intrecciando strutture e poesie che ben si sposano con strumenti quali armonica, sax e ukulele in un suono che prende spunto proprio dalle affinità del Delta per riappacificarsi e farsi lontana accentuazione in crepuscolari note che guardano con occhi ben aperti oltre la Manica, spostando il baricentro nei confronti di una musica che si fa contesto iniziale ed essenziale per questa nuova avventura, un’avventura che questi giovani ragazzi stanno vivendo. Tra live e premi raccolti la strada è ancora lunga, ma questo è un buon punto di partenza, un buon inizio in cui sperare.

Uto – AnimaliDaSalvare (Warning Records)

Gli Animali da salvare siamo noi che viviamo la vita, senza farci troppe domande, senza porci un’idea di quesito importante, per essere ogni tanto migliori di quello che siamo; per fortuna ci pensano gli Uto ad avvolgere i nostri ricordi in sogni rock e velleità punk che a dismisura riempiono le loro canzoni con parole mai banali, anzi sentite e vissute, di quei vissuti che non possiamo scordare o tantomeno farne a meno.

Animali da salvare è un disco pieno nel vero senso del termine, è un disco che si apre e ci apre alla realtà e non risparmia nessuno, le canzoni sono una marea continua che ci travolge e ci consente di avere un’idea costante dei cambiamenti umorali in grado di cogliere anche le più piccole sfumature.

Dopo aver lavorato, ad intermittenza, per otto lunghi anni al loro disco, decidono di gettare tutto nel cestino e cambiare, dando un’impronta più diretta al nuovo tutto, senza fronzoli elettronici che li caratterizzavano in partenza per dare vita ad un progetto che per immediatezza si rifà alla migliore musica degli anni ’90 italiana e straniera, dai CCCP ai Radiohead, passando per Marlene Kuntz su tutti.

La band ternana da il meglio di se in queste dieci tracce che si aprono con Squali passando per il capolavoro sonoro, oltre ogni aspettativa di Pittore Minore, passando per la ferrettiana La conta dei danni e poi via via tra Anna è a Berlino e Primavera.

Un disco di cambiamenti, un disco maturo e notevole sotto ogni punto di vista; è qui che le parole acquisiscono importanza, è qui che la poetica in divenire fa la differenza.

Japan Suicide – We die in such a place (Unknow Pleasures Records)

Stelle che cadono al suolo e come frammenti di un’unica galassia si trasformano e lasciano intravedere un campo di battaglia cosparso dal fumo di un orizzonte lontano.

Intrappolati nella rete e in tutto questo, con sonorità in bilico e oltraggiose, tra Joy Division e tutta quella dark wave che influenzò negli anni ’80 milioni di ragazzi in tutto il mondo, i Japan Suicide raccolgono l’eredità per dimostrarla ai posteri con una certa classe ed eleganza, che non si cura soltanto dell’aspetto estetico, ma anche e soprattutto dei contenuti.

We die in such a place è un disco che ama raccontare storie viste da una finestra lontana, storie di un’oscurità lacerante che si immedesima con un mondo in continua contrapposizione con le nostre speranze, con i nostri sogni di libertà.

Ecco allora che la band di Terni si concede di entrare prepotentemente nella mente di chi con inquietudine vive una vita di privazioni, un modo per essere veri narrando lo stato di disagio e le apparenze che ingoiano inesorabili ancora una volta.

Il basso in primo piano per un cantato che si evolve da lontano porta i cinque ad una commistione che si esplica in modo esemplare lungo le dieci tracce del disco dalla vergogna di Shame alla follia esistenziale in I don’t exist.

Un disco cupo, ammaliante, direttamente da un’altra epoca, fatta però di menti che sanno sognare.