Malkomforto – Malkomforto (E’ un brutto posto dove vivere/Dischi decenti/Taxi Driver Records)

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Dentro al nuovo disco dei Malkomforto c’è la rabbia di un’intera generazione rigettata al suolo senza vincoli e ancore di salvezza, ci sono le grida e ci sono le ricerche nei testi che si assecondano con l’incedere di una musica diretta, senza fronzoli, mescolando l’inquietudine punk hardcore di gruppi come At the drive in, fino ai veneti Il buio passando per i Distillers in una musica che non concede spazi di respiro, ma piuttosto si ritrova immersa in un’onda chiamata vita che immagazzina la corrente e la risputa a ricoprire di acqua sulfurea le mode del momento con stile diretto e senza fronzoli, senza orpelli e arrivando a quel finale Senza Dio che probabilmente racchiude la summa di un pensiero di libertà da respirare e assaporare, lasciando in disparte l’innocenza del tempo perduto e proseguendo la strada dei ricordi in attimi di luce alternati alla notte di una camera oscura dove le fotografie di ciò che è stato completano il puzzle del nostro futuro migliore.

SDANG! – La malinconia delle fate (La Fornace Dischi, DGRecords, Taxi Driver Records, Toten Schwan Rec, Acid Cosmonaut Rec)

Raccontare storie senza parlare, perché questa filosofia di partenza sa di incontrare l’apprezzamento di chi, con il tempo, ha potuto capire che tante volte i discorsi non sono necessari, ma quasi più importante è il flusso di emozioni che la musica creata riesce a trasmettere, in una continua ricerca della sostanza, dell’elemento magico che accomuna e non disgrega, che meraviglia e accende speranza dove luce non c’è.

Loro sono solo in due, anche se sembrano in quattro, sono Alessandro Pedretti e Nicola Panteghini, già impegnati tempo fa con Ettore Giuradei e a fianco di Colin Edwin negli Endless Tapes ed ora, formati Gli SDANG!, contribuiscono a portare linfa senza usare le parole, ma abbracciando uno strumentale disseminato di contaminazioni dal post rock fino allo stoner passando per grunge e metal, creando disorientamento in primis in quanto i titoli dei pezzi fanno parte di un coinvolgimento emotivo lontano da stereotipi di genere, raccontando in musica di sentimenti e di giorni persi, di malinconie per il passato e soprattutto per quelle future, nutrite di speranze nell’insuperabile Scrivimi una lettera tra nove anni.

Un album che sa di esplosione sonora e di scintille di nuova luce, un diario sonoro per i giorni passati e per quelli che verranno.

Uragano – #2 EP (DreaminGorilla/Stay Home Records/Taxi Driver Records)

Lasciati qualche tempo fa con lo split assieme a Gli altri, i nostri questa volta tornano da soli, lo fanno con energia e sapienza di aver raccolto, capacità espressiva da regalare e quella manciata di aggressività che non guasta per questo progetto che mescola hardcore, postrock con lo screamo e una velata capacità di raccogliere l’eredità del passato per trasformarla in modo grandioso.

In queste cinque canzoni che scorrono alla velocità della luce c’è l’esigenza di tornare, l’esigenza di sommergere le città e trasformarle, catapultando il tutto a una nuova realtà, questi pezzi sanno di cemento e incorporano al loro interno una forza che dal vivo può veramente fare del male, un sound spigoloso ed eccentrico, ma che mira alla sostanza.

Prendi Il Buio e mescola con At the Drive anche un po’ di Fugazi e La quiete ne esce una sorta di post hardcore bello suonato che consegna agli ascoltatori un’attenzione intrinseca nel particolare che si scioglie in poco tempo in pezzi come Vomito, la riuscitissima Inferno e poi giù fino alla personale Occhi, L’America e nel finale la chiusura affidata a Gabbiani.

Un disco che non cerca le mezze misure ed è giusto così, la realtà è vivace e pronta a dare sapore di nuovo in qualsiasi momento, le invenzioni sono tante e le capacità molteplici, lasciamo questa band al tempo che verrà e quasi sicuramente non ce ne pentiremo.

L’inverno della civetta – L’inverno della civetta (Taxi driver records)

L’inverno della civetta è un progetto che racchiude al proprio interno membri della scena indie genovese, un disco che in qualche modo rappresenta speranza.

Speranza intanto nel concepire un disco ricco di pathos, energia e momenti più catartici dove si sente la necessità di riassemblare un contesto che in qualche modo, molte volte risulta disunito e incontrollabile.

Speranza poi perchè in questo caso un gruppone di ragazzi si sono uniti per creare un qualcosa di magico, partendo da una stagione, l’inverno che porta con se gli amori disillusi, il freddo pungente e la luce sempre più fioca, quasi fosse un sogno che non riesce a realizzarsi, una continua astrazione da ciò che ci circonda.

Genova, il porto, le barche e il molo, Genova elegante, Genova che rincorre i cunicoli di una città che si perde tra le mura del tempo.

Quel tempo che si assottiglia e si dilata lungo questi 10 brani, che contrappongono il cantato in inglese all’italiano, commistionando generi e radici, substrato culturale ed eleganza mai urlata.

10 canzoni che vi lascio pian piano scoprire, il tutto suona come un viaggio, a volte quieto, altre movimentato, da lasciarci il cuore per tutta la bellezza vista e vissuta, quasi fosse un’istantanea da custodire nel quaderno delle cose vere, quelle che contano, quelle di colore giallo oro, ma dal gusto di fragola.