Piaceri Proletari – Giungle su giungle (Manita Dischi)

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Swing e cantautorato impazzito si incontrano per dare luce ad un suono coinvolgente che incrocia Gaber, Jannacci e Buscaglione in una suadente presenza costante che si adopera nel ricreare le basi di una protesta che perlomeno ora, con la musica moderna, non esiste più. Musica d’insieme quindi da assaporare non solo nelle balere estive, ma piuttosto da interiorizzare attraverso testi dolce/amari che possiedono quella capacità  magnetica di catalizzare l’ascoltatore attraverso un pensiero che lo riguarda da vicino e che trova nelle vicissitudini quotidiane il proprio punto di sfogo. Giulio Bracaloni e Matteo Torretti dipingono quadri e situazioni che già nella traccia d’apertura, Giungle su giungle, trovano una via di fuga dalla realtà pur contestando quest’ultima passando poi per pezzi riusciti come Mass Medium o I Perdenti, Natale alla televisione e la finale Magico Ighina. Giungle su giungle è un affronto alla realtà, è un affresco sempre presente di ossimori e di contrapposizioni, di gente che va e di gente che viene, di chi trova i pezzi mancanti che qualcuno ha portato via, tentando di ricostruire quello che ci manca o quello che ci resta.

AnimaRea – Holidays in Rome (IRMA Records)

Si respirano a pieni polmoni le profumazioni che emanano le vacanze romane, quelle della Dolce Vita degli anni ’50 e ’60 accompagnati da una musica sopraffina ed elegante, un po’ lounge, ma non troppo che interseca i miti passati e quelli presenti in trasferimenti emozionali che rendono questo disco una piccola perla dei nostri giorni. Animarea è un progetto d’insieme che risiede nell’anima di Gabriele Toniolo e Rossana Bern, un sound delizioso contaminato dal jazz, lo swing, la canzone d’autore in una musica di caratura davvero sostanziale che unisce Diana Krall e Barry White, passando alle sperimentazioni notturne di band come The Style Council. Appartamenti e balere estive occupate fino a tarda notte, uno schioccare di dita e la sensazione che tutto quello che abbiamo intorno non può e non deve finire. Emblematici pezzi come l’apertura Holidays in Rome e You shine on me garantiscono bellezza delicata fino alla chiusura meritata di I will come, una chiusura che si fa promessa, quasi fosse un’estate che ritornerà ancora, una promessa da mantenere almeno fino al prossimo disco.

Free Shots – Vorrei tanto dir (Autoproduzione)

Danze fino a notte fonda che si innestano con il voler vivere appassionatamente ogni istante che ci riserva il futuro tra note di swing contaminate e aria fumosa che invade il palcoscenico della vita in grado di creare emozioni in divenire e tanta sostanza apportata ad arte da musicisti di esperienza che, con il giusto appeal, sanno rendere l’atmosfera frizzante e magica. Il disco d’esordio della band genovese Free Shots è un album composto da sette brani originali e tre interpretazioni, un disco vivo che sa cogliere la bellezza del momento dipingendo il mondo intorno di una musica che fa ballare anche il più incallito dei ballerini e che sa consegnare all’ascoltatore una prova di certo non banale, ma che piuttosto respira aria di internazionalità già nella title track o in Il mio vestito azzurro passando per tematiche sociali in Siamo tutti profughi. Un album composito e ben realizzato capace di donare freschezza contagiosa e memorabile intraprendenza e coraggio nel dare alla luce una manciata di canzoni che affrontano la vita con il sorriso e l’impegno stampati sul viso.

Salamone – Pericoli e ballate (Libellula)

L'immagine può contenere: pianta e spazio all'aperto

Salamone ha classe da vendere e si sente, questo cantautore siciliano, già vincitore del Premio Bruno Lauzi e candidato al Premio Tenco, rispolvera con grande stile uno swing intimista e suadente raccontando di donne e uomini, viaggi e atmosfere che vanno oltre l’onirico per apparire in tutta la loro importanza di fondo garantendo la scoperta nei confronti di quel viaggio chiamato vita ricco di incontri e di bagliori incustoditi, di epoche passate e gentilezza da cogliere, citando Neruda e parlando di migranti, di polvere e cose semplici, quasi una proiezione da inizio secolo passato che nel cuore di Palermo trova il suo punto d’appoggio, il suo punto di sfogo e chiaro bisogno di ricordare la propria appartenenza tra il sole nel cielo e la tristezza negli occhi, proprio quando si sente il bisogno di partire, proprio quando tutto quello che hai lasciato alle spalle diventa così importante che senti il bisogno di tornare e riflettere con abbondanza sincera su tutto ciò, su tutto quello che deve ancora succedere intersecando la vita fragile con un qualcosa di duro e aspro in una dicotomia che nelle note di questo disco trova veramente il suo vertice più alto.

Ottavia Brown – INFONDO (Autoproduzione)

Atmosfere crepuscolari e recondite che portano con sé il profumo di un altro tempo e il candore delle rose lasciate ad appassire al sole lungo un viale infinito chiamato vita, inondato da una polvere necessaria nel ricoprire ciò che è stato per abbandonarsi egregiamente alle braccia del futuro.

Ottavia Bruno in arte Ottavia Brown concepisce un disco che nasce dall’esigenza di legare la canzone d’autore italiana con le creazioni swing mescolate al blues-noir di un’altra epoca dove l’oscurità ammanta i pensieri più nascosti e ci porta alla conoscenza primordiale di una voce suadente e penetrante, capace di veicolare testi, che nella loro semplicità, trasportano un significato essenziale e di puro amore verso il mondo della fiaba e delle sue allegorie, un amore dichiaratamente espresso grazie anche alle illustrazioni della stessa cantautrice, immagini dal forte impatto visivo, dove la scelta cromatica è ben calibrata nel definire un mondo soppesato e magico, un luogo dove le canzoni prendono forma e lasciano intravedere paesaggi sonori congegnali ad un tipo di musica fatta con il cuore per il cuore e dove gli arrangiamenti sono parte essenziale del tutto, un nome a caso: Alessandro Asso Stefana è co-arrangiatore di Infondo e di Il mio cuore va e lo perderò, a dare un ulteriore valore aggiunto alla già bellezza raggiunta della proposta.

Una favola oscura quella di Ottavia, che porta con sé l’importanza del tempo e delle cose migliori lasciate a sedimentare nella nostra mente per donarci ancora quell’esigenza lontana, quasi di un’altra epoca, in grado di valorizzare il ricordo e tutte le sue sfumature.

Fabrizio Consoli – 10 (iCompany)

World music entusiasmante che canta il disagio esistenziale e il bisogno di partire in un mondo che non è fatto per gli ultimi, ma che ostinatamente sente il bisogno di questa musica per segnare il cammino da seguire, esigenza primordiale di lasciare la propria terra e sentirsi cullare da incursioni sonore che non sono propriamente nostre, anzi sono un contagio necessario per un bisogno ancora più grande nel trovare una nuova casa.

Un album sui dieci comandamenti rivisitato in chiave moderna, grazie alle parole di Fabrizio Consoli, egregio menestrello che attraverso la dura gavetta degli anni, ricordiamo l’attività di session man per, Alice, Mauro Pagani, PFM per citarne alcuni, nonché scrittore e produttore di diverse canzoni di gruppi come Dirotta su Cuba ed Eugenio Finardi, riesce il nostro nell’intento di proseguire, al quarto disco, quella strada della contaminazione che abbraccia il tango e il jazz, infarcendo il tutto con la musica latina e dell’est Europa per un risultato davvero notevole e soprattutto sentito.

Sono tredici brani di puro amore verso la musica, dieci brani che sono la summa di un intero periodo, basti pensare a Credo, La cultura, senza dimenticare Maria e L’innocenza di Giuda a dare un senso maggiore al quadro che ci troviamo davanti, nel cercare di trovare un punto di contatto, non con l’aldilà, ma piuttosto con tutto il tangibile che incontriamo ogni giorno.

The Lemon Squeezers – Pop hurt (Autoproduzione)

Un miscuglio eterogeno di musica e colori, capaci di infondere un’esigenza floreale di creare situazioni oltre ogni aspettativa e oltre ogni forma precostituita di già sentito, un pop dalle sonorità alquanto moderne e alquanto considerevoli che si lascia coinvolgere dalle speranze di un incrocio con il soul, l’electro e lo swing per un suono che accende la pista e riesce a dare energia considerevole ad un progetto mutevole e in continuo cambiamento.

Il raccontare di personaggi surreali porta l’ascoltatore ad entrare in un mondo parallelo e incantato che è scosso dall’elettricità del momento, tra Caravan Palace e Moloko e in un saliscendi emozionale che si rispecchia nei pezzi proposti, dal magnifico singolo Reload fino all’oscurità di The line per passare, nel finale, alla savana cittadina di Monkey per un disco che attira l’attenzione sin dalle prime note e prosegue nella ricerca ininterrotta di una propria originale strada.

Canzoni che incantano e intrappolano, canzoni che non stanno di certo ad osservare il mondo in continua evoluzione, ma si fanno esse stessi evoluzione per un bisogno, sempre reale ed essenziale, di rinnovamento e possibilità, da ascoltare ad alto volume, da gridare a squarciagola, per essere veicoli contagiosi di buon’umore da infondere e regalare.

Arturocontromano – Pastis (Libellula/Audioglobe)

Stili diversi di musica che abbattono le barriere culturali per trasformarsi in una danza infinita incrociando cantautorato e jazz, fino a toccare la musica d’autore italiana del tempo che fu, passando per un Buscaglione modernizzato e spolverato per l’occasione, come fosse un vestito tornato di moda e incorniciato da testi taglienti e irriverenti, capaci di sfondare; pezzi per ballare si, ma pezzi che al contempo fanno pensare, perché sono essi stessi filo conduttore verso mondi di immagini che ci portiamo dentro, come ricordi lontani che affiorano e sentono il bisogno di affermarsi al pari della musica.

Loro sono gli Arturocontromano, sono di Torino e suonano dal lontano 1999, costruendo un proprio stile ricercato, partendo dal reggae fino a comprendere sonorità più folk e manouche, passando per lo swing in una ricerca estetica dal piglio alquanto sicuro e deciso.

Il loro Pastis quindi è l’incrocio di più stili, è il sudare energia, è il mondo dietro l’angolo e la voglia di partire, la valigia di cartone in mano e il bisogno, quel bisogno di emozionare sempre e comunque in un’alternativa all’alternativa; un’istantanea sfocata del tempo andato a riempire cuori, a ripercorre la via.