Simone Piva e I Viola Velluto – Fabbriche, polvere e un campanile nel mezzo (Toks Records/Music Force)

Periferie cariche di ecomostri, fabbriche sempre aperte che si stagliano all’orizzonte grazie a fumi inquinanti, luci abbaglianti che trasformano il nostro stare al mondo in una pubblicità continua, in una desolante discesa verso il nulla totale. Fabbriche, polvere e un campanile nel mezzo è l’incontro con il nostro stare al mondo. Una polaroid scattata nell’opulento nord est italiano, una fotografia lineare di ciò che ci circonda raccontata con maestria e ironia a coronare un’esigenza di rappresentare in musica uno spaccato di questa società. Simona Piva e I Viola Velluto ritornano con un nuovo album. Un disco pregno di storie dall’animo westernato e folk, impregnate di cantautorato da osteria che ricorda i primi TARM per freschezza e genuinità e per ciò che viene raccontato. La battaglia infuria che fa da apripista al disco è forse la canzone più riuscita. Un pezzo da mandare in loop a tutto volume fino all’indigestione totale. Il mondo rappresentato dai nostri rispecchia inesorabilmente quello che si respira nelle regioni del nord Italia. Raccontano di una provincia inglobata, raccontano di questo nostro tempo infame, dove forse i sentimenti saranno l’unica cosa che ci potrà salvare.


Simone Piva e I viola velluto – Il bastardo (Music Force/Toks Records)

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Sentimenti westernati per anfratti polverosi in caverne della nostra realtà che centrifugano con vicissitudine desiderosa lo scoprire il nostro venire al mondo tra teatro canzone, parlato, sussurrato, gridato con forza e mai mascherato, in un’arte che si fa musica ed è essa stessa musica per l’arte e dove il folk riunisce e convince decretando spazi d’azione che nell’attimo si fanno portatori solari e canicolari di desideri psichdelici. Simone Piva e I viola velluto confezionano un album dal forte carattere deciso dove le metafore all’interno dei pezzi sono spaccati di vita che rispecchiano una società da cambiare con forza oltre le regole precostituite. Una formazione di batteria, percussioni, contrabbasso, trombe, piano e chitarre fanno da base ad un disco composto di sette pezzi dove il sentimento predominate verso luoghi lontani fa da contraltare ad un bisogno innato di scrivere la realtà con parole da cinema ormai dimenticato. Dalla title track di presentazione Il bastardo fino alla finale Noi che vede la presenza del cantautore Giò, i nostri riescono a registrare un amore incanalato all’interno di un saloon del vecchio west, un amore polveroso per tutto quello che non c’è più, ma che trova dei rimandi evidenti ed essenziali con tutto ciò che invece ci circonda.