Godblesscomputers – Solchi (La Tempesta International / Fresh YO!)

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Incedere nel tempo e nello spazio attraverso flussi neuronali capaci di confondere ed infondere elementi compositi grazie ad un’elettronica che segue il disorientamento magmatico dei ricordi incanalando energie e stati d’animo di polvere sulla foto della nostra gioventù. Il nuovo di Godblesscomputers è amore per l’arte a trecentosessanta gradi, è un disco che seppur rimanendo nell’ambito dell’elettronica instaura rapporti con un mondo in continuo interscambio, incrociando le meraviglie di Moby, Air, James Blake, Tricky, Massive Attack, Radiohead solo per citarne alcuni in una vertigine sincopata in dub style che incontra le impressioni e le metamorfosi del jazz per elaborare un gusto per l’atmosfera davvero unico e invidiabile. Solchi è scavare all’interno del nostro organismo, all’interno della nostra mente per comprendere se tutto ciò che abbiamo fatto finora è ancora necessario, tra un caleidoscopio di musica colorata e in divenire e un funambolismo da primo della classe il nostro dà vita a sedici composizioni che ben rappresentano o che possono comunque rappresentare un viaggio onirico e spiazzante, lassù tra le galassie lontane, in un’esplosione radente suolo che si farà ricordare.

Claudio Lolli – Il grande freddo (La Tempesta Dischi)

Otto anni di assenza che come vento impetuoso hanno accompagnato un silenzio imprevedibile per la musica cantautorale italiana. Otto anni di silenzio ed eccoci con Il grande freddo nuovo disco del grande cantautore bolognese Claudio Lolli. Un album che racconta con velata malinconia ed introspezione un’emarginazione di fondo e mancanza di appigli sicuri per andare avanti, tra una privazione sempre più accentuata di una sinistra credibile e pratica e una sostanziale morte dei sentimenti che ingloba ogni singolo attimo della nostra vita e non ci permette di uscire di petto da schemi prepotentemente precostituiti in nome di una violenza morale perpetuata giorno dopo giorno dal nostro mondo evoluto. Il cantautore militante cristallizza l’attimo in istantanee, piccoli dipinti che fanno parte di un complesso e meraviglioso artwork realizzato da Enzo De Giorgi e che in musica brillano di uno splendore assai raro. C’è un’essenza scarna in tutto questo, un’essenza di desolazione che ricrea amarcord sofisticati e pregnanti veridicità. Già con la title track d’apertura sentiamo come la poesia non scada nella banalità ed è sempre, essa stessa, ricerca di un modo di comunicare attraverso parole quasi desuete ai nostri giorni, parole che hanno un loro peso specifico, un’impronta prima di tutto culturale. Sul retro Claudio e la sua chitarra, una strada ad indicare che “….bisogna andare sempre avanti, anche se noi non siamo in tanti…”, una strada che ci porta a quel Raggio di sole finale che può essere rinascita in ogni angolo del nostro vivere umano conosciuto.

Luoghi Comuni – Blu (Phonarchia)

Suoni anni ’70 che riproducono con stile originale una perfezione quasi lisergica che contribuisce a creare in noi una sostanza dal forte impatto emozionale e interagiscono con una modernità di fondo che esplode in testi onirici, spiazzanti e nel contempo pronti a rispolverare un tempo andato, tra l’utilizzo sapiente di un cantautorato old style e l’intreccio degno di nota di una musica che attinge la propria sostanza vitale da un’epoca che non c’è più. Bello l’approccio corale, bella l’energia di fondo che trasforma con potenza mai gridata un cielo da blu in grigio e poi in nero in un cambiamento tangibile e reale, tra testi introspettivi e paura di vivere, tra eroi solitari che combattono contro i mulini a vento del nostro intelletto, attingendo la propria forza dalle esperienze; notevole l’apertura di Vinavyl e di Blu per poi proseguire con le riuscite Tra noi due o la finale Aurora, per un album altamente contagioso, che rispolvera, proiettandolo ai giorni nostri, un genere che non esiste più o che perlomeno esiste ancora nei nostri sogni.

ZEMAN – Non abbiamo mai vinto un cazzo (To lose la track)

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Soffermarsi nel mezzo, nel sudore e nella fatica, magari nel rimpianto, ma anche in mezzo alla possibilità di vedere sorgere dalle ceneri qualcosa di duraturo, di bello e di reale. Gli Zeman al secondo disco sembrano recepire una per così dire deriva nichilista anche se la loro sostanza sonora e poetica viene rappresentata grandemente ne dalla vittoria ne dalla sconfitta, ma piuttosto dal simultaneo vivere tutto il resto, abbracciando sconfitti e vincitori e valorizzando le lotte della gente comune per riuscire ad emanciparsi da una società che vede solo il bello e l’apparenza, abbandonandosi ad un bisogno di ricerca che proprio nel non vincere un cazzo ci fa essere unici soggetti in grado di intraprendere il proprio cammino. Il disco della band di Udine è un disco composito che mescola il post punk con un indie sotterraneo, apprendendo la lezione del tempo e intercalando pezzi che sembrano estrapolati dal migliore repertorio di band come Zen Circus in un sodalizio con la musica d’autore che proprio in questo disco è necessaria per esprimere un concetto duraturo, universale e necessario per tutte le band che vogliono e che tentano di diventare qualcuno o qualcosa perché la felicità è un traguardo che solo noi possiamo valorizzare.

Evan – Reworks, Remixes, Alternatives (Autoproduzione)

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Album liquido dopo il post esordio del 2016 che vede il produttore, dj e compositore Evan all’anagrafe Gaetano Savio, costruire un’evoluzione di concetti espressi nel precedente disco che vede geometrie di stampo elettronico fondersi attraverso remix e versioni alternative affidate ad innumerevoli artisti che si alternano per l’occasione in una composizione d’insieme dagli alti picchi emotivi in suadente armonia con un mondo circostante ricco di parallelismi continui e forme mutevoli che ben si approcciano all’ascoltatore e lasciano scovare anfratti sintetici costruiti e concessi per l’occasione in sodalizi che guardano al futuro, ma che riprendono in mano quella poesia free jazz opportunamente contaminata arricchita da un nu-soul spiazzante e a tratti etereo che dona freschezza in pezzi dal forte impatto emozionale dopo un esordio di per sé fortunato e che continua nel sostanziale ritrovo di una propria ibrida via da seguire.

Mauro Marsu – Prima dell’alba (Autoproduzione)

Cantautorato rap che si fonde con le forme di un concept importante che prende le distanza di una vita troppo amara e ci lascia quel sapore di costante cadenzato racconto tra le storie di tutti i giorni e i personaggi e i loro affanni, prima dell’alba, dopo il tramonto, i racconti di vita di uomini e donne ideati dalle forme in divenire di Mauro Marsu per un concetto espresso in chiave rap dove i testi prendono il sopravvento e lasciano spazio ad una musica di sottofondo che regala, assieme alle parole, emozioni da audio libro da ascoltare e comprendere, dove la metrica acquisisce importanza e i significati sottintesi sono simbolo di uno studio mai banale o superficiale, ma piuttosto la potenza espressiva di questo disco si coglie proprio nelle sfumature del momento, un album che non ha canzoni che si sovrastano a vicenda, diciassette pezzi che sono un’amalgama di vita vissuta a contorcersi in una prosa in stato di grazia e sempre ad alto livello emozionale.

Filippo Dr.Panico – Tu sei pazza/Edizione Deluxe(Frivola Records)

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Tempo fa avevo parlato dell’ufficiale Tu sei Pazza in questi termini:

Un disco spiazzante dalle sonorità semplici e un’attitudine punk da primo della classe che sfrontatamente cantando in italiano ci racconta di amori non corrisposti, di amori perduti, un disco sull’amore insomma.

Non quell’amore però da carta patinata e nemmeno quello che si fa raccontare nei diari segreti adolescenziali, questo è un amore da ring, un amore che si consuma e lotta per sopravvivere, dietro alle apparenze, dietro alla scia di vapore che ci ingloba, mentre tutti gli altri stanno a guardare, disinteressati, svogliati, accomunati per nulla dall’intento finale.

Quello di Filippo dr.Panico è un disco  dal carattere forte e deciso, con frasi ridondanti e ripetitive, segno dei tempi, segno di un concetto ossessivo, gridato e snocciolato mentalmente; Filippo ci consegna le istruzioni per l’uso, quelle da scatoletta dei medicinali, quelle da buttare per seguire l’istinto, a Filippo sostanzialmente non frega niente di come andrà questa sfida, lui tenterà in tutti i modi di viverla e questo basta.

L’edizione Deluxe regala sorpresine per tutti coloro che vogliono scoprire il mondo di Filippo nella sua per così dire completezza, anche se di completezza non possiamo parlare, ci sono diversi adesivi all’interno del plico, un poster, il libretto straordinario delle sue mitiche poesie ormai stra consumato da un po’ e in procinto di mietere vittime a dismisura sempre e comunque e il disco vero e proprio che si completa con una serie di canzoni, presentate dall’amica Mica che proseguono la ricerca sonora un po’ punk riadattata ad un cantautorato multiforme che nella finale Situazioni in altissimo male mare dà il meglio di sé e dona alla proposta una visione d’insieme altamente contagiosa che non smette di stupire anche dopo numerosi ascolti.

Humour Nero – Minimi Sistemi (Autoproduzione)

Riuscire a captare i segnali che provengono dall’esterno non è sempre facile, molte volte c’è una forte possibilità che il prendere alla lettera o troppo sul serio alcune questioni, anche in ambito musicale, porti ad una selettività che impedisce di ricevere il malessere di una società e nel contempo non permette di riscoprire una sempre più abbandonata ironia, unica sostanza in grado di osservare il mondo con occhi diversi.

I romani Humour Nero invece, riescono a concentrare le proprie forze, costruendo una struttura musicale e poetica alquanto portante e di sicuro effetto, mescolando in modo sapiente la lezione degli anni ’90, tra Rem e Radiohead, passando per gli Smashing Pumpkins e quell’italianità che si evince nell’uso della lingua e dei testi mai banali che possiamo trovare nei Baustelle di Amen o nei Perturbazione di Del Nostro tempo rubato, a ridare un senso necessario alla bellezza che abbiamo intorno, perlomeno in un aspirato tentativo di guardare, lontano, magari dallo spazio, quel piccolo puntino che occupiamo e che si chiama mondo.

Sei canzoni per un EP che ci lascia il sorriso sulla bocca, nulla a che vedere con l’indie folk degli ultimi anni, anzi, a mio avviso questa potrebbe essere una nuova via da percorrere: ironia in rock, con spruzzate di elettronica a rispolverare ciò che abbiamo perduto, ciò che sappiamo fare meglio, magari dal binocolo di Galileo, per guardare lassù oltre il cielo del già sentito.

Filippo dr.Panico – Tu sei pazza (Frivola Records)

Filippo Dr. Panico – Tu Sei Pazza

Un disco spiazzante dalle sonorità semplici e un’attitudine punk da primo della classe che sfrontatamente cantando in italiano ci racconta di amori non corrisposti, di amori perduti, un disco sull’amore insomma.

Non quell’amore però da carta patinata e nemmeno quello che si fa raccontare nei diari segreti adolescenziali, questo è un amore da ring, un amore che si consuma e lotta per sopravvivere, dietro alle apparenze, dietro alla scia di vapore che ci ingloba, mentre tutti gli altri stanno a guardare, disinteressati, svogliati, accomunati per nulla dall’intento finale.

Quello di Filippo dr.Panico è un disco  dal carattere forte e deciso, con frasi ridondanti e ripetitive, segno dei tempi, segno di un concetto ossessivo, gridato e snocciolato mentalmente; Filippo ci consegna le istruzioni per l’uso, quelle da scatoletta dei medicinali, quelle da buttare per seguire l’istinto, a Filippo sostanzialmente non frega niente di come andrà questa sfida, lui tenterà in tutti i modi di viverla e questo basta.

BoomBoomBabylon – DuePuntoZero (IrmaRecords)

Secondo album per i BoomBoomBabylon che si staccano dal precedente per sonorità e compiono il passo di sperimentatori di un’elettronica suonata e sintetizzata con cantato in italiano efficace e convincente.

Portatori di un suono che si fa dub in certe occasioni, il crocevia di stili che si presenta è un sinonimo di capacità espressiva a lungo sperimentata e compressa, un’esplosione di capacità, stile e perché no anche eleganza.

I racconti presenti nelle canzoni sono piccoli drammi quotidiani che si intensificano nelle profondità del cuore umano nei pezzi finali, quasi a chiedersi, a domandarsi un modo migliore di vivere nell’assenza e nell’abbandono.

Dopo On quindi è il tempo di cambiare abito per i piemontesi, costruendo una formula riuscita, per un duo che è stato protagonista in apertura di Casino Royale e Africa Unite.

Si parte con il singolo Salvami lanciato da un efficace video, passando per la corale Non so chi sei e sottolineando il concetto del disco negli amori confezionati di Non una parola.

Le tinte si accendono con Ti ucciderò per poi andare diritti a toccare le corde di profondità inesplorate con Dipingi l’anima, in chiusura le sperimentazioni sonore di Sono dove sei tu.

I BoomBoomBabylon con DuePuntoZero sono riusciti a creare un disco dei nostri tempi, un disco che parla di certezze non raggiunte e di difficoltà esistenziali che parlano di Noi, un album che è fonte di rinnovamento e reazione, un disco del nostro trascorrere e del nostro stare in vita; contro quell’idea che ci associa sempre più a rami trasportati dalla corrente, in attesa della prossima alluvione.