Julie’s Haircut – In the silence electric (Rocket Recordings)

Nel nuovo dei Julie’s Haircut c’è sempre una ricerca costante alla bellezza espansa e metaforica all’interno di confini mai segnati, ma carichi di sostanza in divenire che come labirinto mentale intraprende strade tortuose e ricche di rimandi ad una forma canzone consapevole e strategicamente percettibile. La psichedelia si fonde con il jazz e con strati apparenti di new wave perpetua ad intrecciare vissuti ed esperienze calcanti, mai banali, ma sempre in evoluzione per un disco maturo e dal forte carattere personale. I labirinti intrinseci di In the silence electric trasformano l’ascolto in qualcosa di etereo, sognante, perpetuo, qualcosa che dalle nubi sulfuree e vaporose rende tangibilità e potenza ad un disco che nella notte e nell’oscurità trova le proprie carte interne per apparire. Da Anticipation of the night fino a for the seven lakes i nostri confondono atmosfere e ci regalano una prova superlativa.


Julie’s Haircut – Invocation and ritual dance of my demon twin (Rocket Recordings)

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Visione obliqua di un mondo ancestrale e compenetrante con chiare espressioni di tempo che si amalgamano intensamente a ristabilire forme sonore che attingono ispirazione da generi e mescolanze in un cerchio che continua di prepotenza la propria fase motrice e assapora in modo del tutto arcano rituali e invocazioni fino all’esplodere dolce della marea  soffocante.

I Julie’s Haircut sono tornati e in questo loro settimo album si abbandonano ad esplosioni sonore capaci di racchiudere la bellezza di una musica che coglie il respiro internazionale e prosegue la sua ricerca allargando gli orizzonti e gli eventi circostanti fino a conglobare l’insieme delle astrazioni cosmiche ottenute in un sodalizio che si fa naturale proseguimento del predecessore Ashram Equinox per spunti di difficile catalogazione, ma che seguono un percorso di post rock mescolato alla psichedelia lisergica e al cantato che lascia spazio alle visioni tormentate di un mondo in declino da Zukunft fino a Koan passando per quella Gathering Light, già singolo di presentazione e i voli pindarici di Deluge e Cycles a rafforzare l’idea di continuità e totale abbandono nei confronti di un bisogno di rappresentare il mondo in cui viviamo attraverso un canto lontano frastornato dalla potenza sonora di una musica sospesa.