Led Bib – Umbrella Weather (RareNoise Records)

Tradizionale si fa per dire il nuovo disco in spruzzate jazz della band britannica Led Bib, un disco celebrativo che si apre subito a suoni articolati e incandescenti, arroventati quanto basta per creare una giusta commistione con la potenza del suono, un suono sicuramente valorizzato da sax e contrappunti che strizzano l’occhio al rock e al blues in una degna manifestazione di genere che dopo sei album colpisce ancora per freschezza e vitalità mai banale, ma così ricercata da essere essa stessa rappresentazione in chiave moderna di un quadro d’altri tempi finalizzato all’innovazione e al concepimento di un suono che vuole essere la giusta misura tra un mondo lontano ai più e un mondo per così dire più popolare, tra incursioni e rumori, fantasmagorico e celato noise e acquarelli di rara intensità che ben rappresentano un disco, da Lobster Terror fino a Goodbye che include diverse anime fatte di sudore e speranze, buio e luce compressa a ridisegnare le stelle.

New Zion Trio – Sunshine Seas (RareNoiseRecords)

Appunti sparsi per terra, gettati al vento in solitaria, fiori ancora freschi dentro al vaso sopra al comò e raggi di sole impazziti coprono la finestra che guarda il mare, là oltre l’orizzonte che conosciamo; una qualche spiaggia brasiliana che si dipinge in un quadro dai colori sgargianti, un gioco di luci a dominare la scena e poi il silenzio di quel continuo reflusso di maree che porta sulla spiaggia amore verso il domani.

New Zion Trio si evolve in sonorità, il fenomeno di New York Jamie Saft non smette di stupire e assieme a Bred Jones al basso acustico ed elettrico e Craig Santiago alla batteria e alle percussioni sforna una prova di tutto rispetto verso generi apparentemente diversi, tra sperimentazione e nuove forme di linguaggio, tra reggae e dub fino alla chillout calibrata a dovere, reinventando il tutto, dando un senso maggiore all’indecifrabile ordinarietà e conquistando l’ascoltatore con un’eterogeneità di movimenti sincronizzati.

Il trio lievita per dimensioni con Vanessa Saft alla voce in Sunshine seas e con il percussionista e cantante brasiliano Cyro Baptista già collaboratore con Santana, David Byrne, Brian Eno tanto per citarni alcuni, un trio che diventa per l’occasione un quintetto, fatto di sogni futuri e un amore eterno per la musica vera, quella sudata, quella ragionata, quella che si respira in ogni dove e non smette di stupire.

Animation – Machine Language (RareNoise Records)

Schermo vuoto davanti a noi, cinema disperso nella nebbia, passato che si trasforma e condensa le gelide piogge autunnali raccogliendo foglie per colorarle e darle in pasto alla primavera, odore di ferrovia lontana e sapienza che si trasforma in arte , il tempo che acquisisce un valore sensazionale e una strumentale discesa verso mondi nascosti ci porta alla sapienza di Bob Belden, morto il 20 Maggio scorso, lasciando ai posteri l’ultimo album con i suoi Animation.

Un disco composito e composto fatto di accorgimenti letterari che passano da Philip K. Dick fino a Iain M. Banks, dalla voce narrante di Kurt Elling che di spazialità ne ha da vendere, fino ad incontrare riferimenti visivi che approdano  nell’attraversata cosmica di 2001 Odissea nello spazio in grado di rendere il momento rarefatto, in grado di scorgere dal profondo l’intensità della luce.

I riferimenti sono perennemente ambiziosi e musicalmente c’è un intreccio di jazz condito da musica ambient e testi che danno vita al pensiero di Belden in una narrazione che si fa intreccio e comprensione tra mente umana e mente artificiale.

Un disco grandioso, che va oltre l’idea di musicalità e si incasella in una filosofia post esistenzialista in grado di farsi largo trascendendo l’immaginazione e cercando una nuova forma di comunicazione oltre lo spazio conosciuto, nel profondo di un qualcosa che non siamo ancora in grado di capire.

Metallic taste of blood – Doctoring the dead (RareNoise Records)

Il sapore metallico del sangue è pronto ad entrare prepotentemente con il loro suono in anfratti tutti da scoprire nel loro nuovo album, fatto di viscere dal sottosuolo che incorporano un’estetica decadente e strumentale capace di donare una sorta di post rock contaminato dal doom e dal metal sludge sporco viscido e pesantemente distorto che dona quell’onnivoro bisogno di scavare in profondità per concepire una musica fatta anche di jazz e rock progressivo, una inconsueta parabola ascendente verso lo scuotimento dei nostri animi, verso un cambiamento necessario e vigoroso, un essere davanti allo specchio della vita cercando di cambiare qualcosa.

Tutto suona quindi come il sapore metallico del sangue, ritmi che non sono incasellabili e tanto meno la musica, quella musica che viene da lontano, ma che ci resta incollata alle orecchie cercando una strada, cercando un’opera di misericordia per comprendere e farsi portavoce di un disagio, quel disagio lasciato al tempo che verrà.

I nomi che fanno parte del progetto sono di pregevole fattura: Eraldo Bernocchi, già con Obake, Owls, il bassista australiano Colin Edwin dei Porcupine Tree, Ted Parsons batterista di Swans, Prong, Public Image Ltd e Killing Joke e Roy Powell alle tastiere, membro dei Naked Truth e del trio norvegese InterStatic.

Un disco che sa di terra, che sa di bisogno essenziale di vita, ma che nasconde anche la controversa parte di noi, la morte, che attende al cancello, un mistero in musica che sa di passato e futuro, legato assieme dall’esperienza e capacità di questi quattro fenomeni musicali.

Lorenzo Feliciati – Koi (RareNoise Records)

Un mondo nel mondo, da scoprire attorno alle estrapolazioni sonore che si fanno carne viva, tagliente e capace di donare a chi ascolta quel senso si sbandamento fuori da ogni singolo controllo che intasca glorie e sperimentazioni a non finire, in un’ellissi costante di tempo spazio e moto, un connubio perfetto tra ragione e sentimento dove i suoni incasellati si fanno sempre meno tangibili, ricreando costatazioni oniriche di grande pregio, in nome e onore di una musica che scava in profondità, trascinandoci con lei in un’atmosfera che non è definita, ma fuori dal tempo si concentra per aspirazioni future.

Lorenzo Feliciati compositore e strumentista per il secondo capitolo di Frequent Flyer collabora con Steve Jansen, batterista dei Japan e fratello di David Sylvian e con Alessandro Gwis, pianista, per creare dal sottofondo una colonna sonora mistica in un viaggio verso terre lontane e affascinanti, cariche di materia costante da poter estrapolare e regalare come dono prezioso.

Un disco di ambient jazzy, atmosfera che si fa via e si staglia magicamente, tra cadenzati elementi compositi e tanta capacità ed eleganza, capacità che fa di questo disco una piccola perla da conservare nel tempo.