Palkosceniko al neon – Radice di due (Autoproduzione)

Assordanti dissonanze che si intersecano con il nostro animo umano a recepire i sottili legami che tengono unite le persone con l’intento di gridare al mondo un proprio modo di essere denunciando abusi e soprusi di una società che ci sta stretta, immagazzinando la prova del tempo e concentrando un rumore di fondo che ben si amalgama con una prova variegata e soprattutto che trova nella forma testuale l’apice nell’inseguire un concetto che si evince da un risultato che colpisce allo stomaco e comprende, ingloba e metaforicamente uccide qualsivoglia ordine precostituito donando ad un rock viscerale i contagi di un hardcore e di un crossover che intersecano a tratti nomi come Teatro degli orrori ed Elettrofandango, scolpendo generosamente canzoni che acquisiscono una propria apertura già con l’iniziale e audace Re nudo fino alla ballata psycho country, lasciata al finale, Sorella minore, passando con rabbia repressa in Tempi moderni, Radice di due e Otto ore, in una contesa rivoluzionaria che non da tregua, ma che piuttosto scava un posto d’onore nelle sotterranee produzioni di genere.