Dei perfetti sconosciuti – Fuori (Autoproduzione)

DEI PERFETTI SCONOSCIUTI - Fuori - TuttoRock Magazine

Atmosfere rarefatte si sposano con un sound eccellente che ricorda i Negramaro degli esordi imbrigliando di luce e sensazioni un disco fatto per colpire al primo ascolto. Tornano i Dei perfetti sconosciuti con un album ispirato e raccolto, un album che parla di introspezione attraverso memorie che diventano necessità vibrante sul tavolo dell’esistenza in contesti alternati che riecheggiano e costringono l’atmosfera circostante a ricercare una continua, propria, valvola di sfogo. Fuori è un album che parla di vite e di incontri. Un insieme di tracce che analizzato, da vicino, ha il sapore della migliore terra d’Albione in un mix esplosivo di indie rock capace di vagare all’interno della nostra penisola con uno stile a tratti originale e sicuramente ispirato. Undici pezzi, da Apri gli occhi fino a Mi godo il brivido che sinceramente, per genere e stile, non si sentivano da un po’ e che riescono a valorizzare un disco da ascoltare mai in dissolvenza, ma sempre in primo piano.


i Pixel – Nel frattempo un po’ più in là (The Orchard)

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Introspezioni metropolitane che incrociano Editors, Interpol, The Smiths in un sodalizio d’amore sudato con una musica priva di barriere temporali e pronta a colpire ascolto su ascolto. Nuovo disco per i Pixel, band indie rock che sa incrociare il pop d’annata e le emozioni in divenire attraverso vibranti elementi compositi che scatenano sensazioni corali grazie ad una solida impalcatura essenziale e necessaria. Nel frattempo un po’ più in là apre alle dinamiche della quotidianità grazie a brani che riescono ad essere incisivi parlando delle cose circoscritte al nostro vivere che diventano necessarie per comprendere ciò che forse un giorno saremo. Fiumaretta, Fuori di me, Come in uno show, Niente in cambio, Detto-fatto, la stessa title track sono pezzi ed elementi che in fondo vanno a costituire un puzzle di incastri ragionati e di immediatezza sonora che proprio in questa prova esplodono nella loro mirabolante bellezza. i Pixel costruiscono un disco che si fa ascoltare, ben suonato e capace di entrare al primo ascolto. Un album che si fa preziosità interiore nella sua completezza.


The Notwist – Vertigo Days (Morr Music)

Impronte insicure mai calibrate, ma delicatamente incise come fendenti al cuore. Tanta armonia e visioni. Tante stelle collassate all’interno di spazi impercepibili che oltrepassano le dimensioni conosciute per allargare visioni, allargare stati di tensione emozionale in grado di attraversare il cosmo della nostra mente per arrivare laddove il nostro stare ricerca un mondo migliore da abitare. Tempi bui da illuminare. Tempi in forme e sostanze che vedono un ritorno di una band che ha solcato i mari dell’indie mondiale conquistando anfratti di isole e postazioni elettroniche impressionanti. Sperimentali, ma eleganti, i The Notwist, dal forte sapore internazionale, lasciano terra tedesca per creare un disco atmosferico dove l’eterogeneità dell’improvvisazione arriva a conquistare grazie alla capacità della band di aprirsi ed invitare nell’album numerosi ospiti. Un compendio non omogeneo quindi che riesce a scardinare ideali precostituiti in una forma canzone innovativa e sempre attenta a ricoprire il pop elettronico di orpelli stravaganti, ma efficaci. Where you find me, Oh sweet fire, Sans soleil sono le tre strutture (im)portanti di un album in collisione con le nostre sicurezze. Canzone dopo canzone i nostri riescono nell’intento di dare vita ad una commistione ben riuscita che in tempi di buio può solo gridare al miracolo.


Houdini Righini – Lascaux (Ribéss Records)

Houdini Righini – Lascaux

Sopraffino cantautorato a sciogliere istantanee di una vita contemporanea che diventa un accogliere e un dare ad ogni latitudine conosciuta, imprimendo sul far della sera, tardivi momenti che accarezzano insospettabilmente la quiete. Ritorna Giuseppe Houdini Righini, ritorna con un disco di immacolata e perseguibile bellezza. Un album scarno, essenziale che vira verso atmosfere notturne e incalza l’etere grazie ad un’elettricità capace di trasformarsi in elettronica, ma quasi in sordina, non apparendo, ma piuttosto dimostrando. Lascaux è il ripartire da un disegno. E’ la roccia che si fonde con la coscienza e con i nostri intervalli di tempo chiamati memorie. Un rigoroso esempio di cantautorato impegnato e moderno a sedimentare costantemente attenzione nei confronti d ciò che vale la pena ottenere e inglobare. Lascaux è un disco davvero importante. Si nutre di questa nostra realtà, ma lo fa dalla seconda fila. Immedesima elementi, attinge dal passato e trova modi sempre nuovi ed essenziali per colpire e consegnarci bellezza a dismisura.


One horse band – Keep on dancing (Loser Records)

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Velocità supersonica sputata al suolo imbracciando chitarre di fuoco pronte ad andare oltre le semplici aspettative e intascando un’esigenza simultanea di creare potenza fuori controllo, potenza che spettina e non lascia nulla indietro. Il solitario one man show in questa prova sudata Keep on dancing si assicura un posto d’onore tra le produzioni di genere. Un disco graffiante che scalda la pista e affila i coltelli dell’intelletto. Un album che corre alla velocità della luce tra incursioni dobro e avvicendamenti di sporco blues capaci di muoversi da All I need is you fino a I’m coming home passando per le necessarie Johnny’s, la stessa title track, Wide Hips. One horse band crea un disco che non cerca le mezze misure. Un album che ti fa alzare di qualche centimetro da terra con la forza rivoluzionaria di un continente alla deriva, con la forza di una terra da esplorare e sempre pronta ad entrare in gioco quando l’elettricità chiama, quando l’elettricità si fa sentire.


Alice tambourine lover – Down below (Go Down Records)

ALICE TAMBOURINE LOVER - Down Below

Duo bolognese in grado di scaldare territori abissali e accostare musica di gran pregio con qualcosa di più terreno, necessario, indispensabile. Tornano dopo quattro anni gli Alice tambourine lover con una musica che parla direttamente al cuore tra refrain indimenticabili e canzoni che fanno presa al primo ascolto. Down below è una discesa necessaria verso che ci portiamo dentro. Una sintonia di musica accarezzata e pronta a virare di prepotenza mai esclusa all’interno di un folk psichedelico ammaliante e intrigante. I pezzi proposti sono elucubrazioni sonore, pensieri in dissolvenza che alternano arte e sudore. Otto canzoni in grado di attraversare deserti mistici e approdare all’interno di scatole concentriche ricche di rimandi alla scena ’90 per un risultato d’insieme che abbandona i fasti e la brillantezza per abbracciare il ruvido profumo di questa terra. Down below è un gesto d’amore, una carezza vulcanica nella notte più scura.


Handlogic – Nobodypanic (Woodworm)

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Voci soffuse incastonate su perle di pregevole fattura che ammaliano decostruite le architetture create, architetture bisognose di attenzione. Il nuovo, primo, vero album degli Handlogic, band toscana dal forte carisma emozionale mette in scena un gioco di luci e ombre che si dipana lungo le tracce proposte. Una materializzazione che non è improvvisazione, ma piuttosto capacità critica nell’analizzare confini elettronici filtrati ed esplosi in voci soul concentriche e ricche di atmosfera. Le nove tracce proposte rimandano a qualcosa di contemporaneo, all’incrocio sonoro tra un James Blake, un Bon Iver e i Radiohead. Un insieme che cresce e si ribella che spiazza e dona ambiti di apertura proprio quando meno te lo aspetti. Nobodypanic nasconde al proprio interno pezzi che non passano di certo inosservati come l’apertura affidata a Supernatural, Communicate, Scribbles, A Little life e la spiazzante rivisitazione di Paranoid Android nel finale. La band toscana, in questa personale ricerca, costruisce un lavoro sopraffino, dal forte sapore internazionale. Un lavoro di cesello e di pregio, fatto per stupire, unico e importante.


Kros – Rough Romances (Autoproduzione)

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Sudori e compressioni che abbracciano uno stile del tutto personale capace di creare legami profondi con la musica di qualche decade fa unendo volutamente visioni e costruzioni architettoniche che si perdono sulle malinconiche introspezioni di una musica in qualche modo da scoprire. Celati umori poi fanno da contraltare a cinque canzoni presentate all’interno di una corrente viscerale che trasforma sonorità compiacenti in qualcosa di fuggevole e a tratti inesplicabile che rende l’universo creato dai nostri un punto d’attracco coscienzioso e materico dove i parallelismi con la scena autorale crollano quando l’indie rock prende il sopravvento. Un disco sofisticato quindi, un album che nella semplicità e sovrapposizione dei riff proposti risulta essere quasi psichedelico nella sua forma e nella sua sostanza. Rough Romances anticipato dal singolone Insane è un disco da scoprire, un album capace di amplificare la mente spaziando attraverso le correnti del tempo. 


Bonifacio Madeyes – Zero Over zero (USR)

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Psichedeliche visioni si stagliano all’orizzonte ricoprendo di polvere desertica incontri ravvicinati del quarto tipo ad intessere trame e costrutti essenziali quanto immaginifici. Il disco composito di Bonifacio Madeyes raccogli elementi che si stagliano all’interno di un’oscurità da scoprire intersecando momenti di dilatazione necessaria per sedimentare ancora più a fondo significati e contenuti. Zero over zero raccoglie al proprio interno il singolo di presentazione Very Natural, una danzante interpretazione che diventa caleidoscopio per mondi intelligibili e impattanti, una foresta non delineata che diventa immagine quadridimensionale per nuovi mondi da scoprire. Zero over zero è un insieme di generi che spaziano dal blues alla psichedelia passando per un desert americano di grande apertura europea ad inquadrare un album intagliato nelle profondità più nascoste dell’animo umano. 


Fabio Barovero – Eremitaggi (Felmay)

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Strumentali emozioni infinite racchiuse in abissi di bassi cercati e voluti e sedimentati all’interno di un territorio in lento declino, in lenta e inesorabile decomposizione a raccogliere e trovare i fasti di un mondo che non esiste più. Pezzi che si muovono tra terra e cielo in istanti da ricoprire e come fulmini e saette ritrovati per l’occasione in un disco dal sapore ancestrale e collocato al di fuori di ogni nostra quotidianità e sembianza. Il disco di Fabio Barovero è un inno al sacro che incontra il profano, il peregrinare spinto verso le montagne solitarie a trovare parti di noi in radici che sembrano profonde quanto il centro di una terra che gira e trasforma, scalda e brucia. Eremitaggi è un album composito capace di farti entrare all’interno di una realtà scavata per l’occasione come galleria sotterranea, un album metafora di questi tempi, un’ode alla vita e alla sua libertà.