Fall of Minerva – Portraits (Overdrive Records, Basick Records)

La rabbia lacerante che va oltre l’orizzonte e si staglia di energia dalle viscere che implementano l’odio di una generazione per tutto quello che li circonda, presi sul serio dalle spallate della vita in frantumi, orgoglio per chi sotto il palco non smette di gridare una musica sostenuta da un cantato urlato screamo che concede spazi di dilatazione in pezzi in cui trova spazio un cantato italiano, quasi incomprensibile, a manifestare una forza di volontà incompresa dai più, ma di sicuro effetto, tassello dopo tassello, in un vortice sostanziale, sostenuto da una notevole base ritmica e chitarristica, sostenuto da quell’esigenza di urlare al mondo la propria esistenza.

Loro sono i Fall of Minerva, vengono da Vicenza, ma la loro musica ha poco a che vedere con le produzioni locali, hanno invece una forte connotazione internazionale che li porta a collaborare con distribuzioni che si trovano fuori dai confini italiani a sancire un sodalizio e una speranza di essere luce nel buio che avanza, ritratti del tempo che viviamo, ritratti di un mondo in decadenza.

Nymphalida – Portraits (Tranquillo Records)

Mi piace definire questa musica, una musica senza spazi e confini, da assaporare nota per nota e da dove poter attingere il giusto nutrimento nell’attesa che avvenga qualcosa di importante e di sperato.

Questo è un progetto davvero singolare, dietro a tutto questo troviamo Pietro Bianco che si diletta tra rumori di sottofondi sonori accompagnati da un pianoforte malinconico e ostentato che ricorda il Nyman di Lezioni di piano, atto alla rinascita in divenire di archi sintetizzati e preciso nell’istante di colpire al cuore ancora un volta.

Un suono calibrato e congegnato da quei meccanismi di ricercatezza che fanno in modo di inglobare narrazioni da altri pianeti e improvvisazioni sonore che introducono a nuovi brani con singolare perspicacia.

Ecco allora che la chitarra classica prende il posto del pianoforte ricreando una malinconia, diversa, quasi desertica aiutata da flussi di vento e incedere filiforme di ombre sonore.

Un disco, una colonna sonora utile e preziosa, raffinata e ricercata, che parla del tempo, della solitudine e di quella costante ricerca di perfezione che accomunava i grandi compositori degli anni passati.