L’edera – Rampicante EP (Autoproduzione)

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Radici di un cantautorato che si esprime nell’urgenza di raccontare le immagini di un’Italia quotidiana, nei contesti di vita e assaporando il giorno che avanza come fosse del succo da consumare nel bicchiere eppure L’edera, progetto iniziale di Alberto Manco, racchiude nel suo insieme una ventata di leggerezza che ricorda i primi L’officina della camomilla e prosegue nel filone della musica d’autore moderna immagazzinando idee e spunti da far uscire pian piano tra un Niccolò Fabi in apertura con la bellissima Tieniti forte per passare ad una musica più sostenuta nel proseguo del disco, mantenendo una fede di base che si sposa bene con l’essenzialità del progetto e soprattutto intascando una prova che è uno spaccato notevole ricco di apporti essenziali e sensazioni racchiuse che si avviano al concepimento delle idee stesse in simultanea con un piglio punk e sbarazzino in grado di cogliere con velocità il mondo in cambiamento.

La Griffe – Hypno-Pop (Autoproduzione)

Ep di lancio della band di Roma che intasca una prova dal sicuro impatto emozionale che mescola elementi della quotidianità in un pop rimescolato a dovere, con una forma canzone che abbraccia l’elettronica, tra techno ed electrohouse spruzzato e rappato in un sali scendi canoro e musicale che tesse trame di originalità e convince fin da Deserto per passare al singolo Where are you going? e infiltrando il proprio essere costante in una ricerca che si fa concretezza in pezzi come Suoni e Altrove a identificare al meglio una realtà che sa sfruttare le carte in proprio possesso nell’intento di dare nuova aria e nuova linfa ad un panorama saturo di proposte; sentiremo ancora parlare dei La griffe, ne sono certo, una band che nella ricerca elettronica ha saputo dare movimento circolare a costrutti pop di grande e coinvolgente effetto scenico.

Mantovani – Sogni lucidi (Autoproduzione)

Viaggi cosmici interiori che ci portano a scovare attraverso il tempo una parte vitale del nostro continuo divenire in grado di portarci a correre lungo sentieri inesplorati, sentieri nascosti, perpetuati dal singolo momento e dalla costante ricerca di una bellezza interiore che si fa arte proprio in queste canzoni, pezzi di noi del nostro passato e del nostro divenire, incrociando il cantautorato di decenni fa con qualcosa di più prezioso, qualcosa di più concreto e cioè la ricerca di una nuova via che riesca ad andare oltre alle nuove forme d’autore per immolarsi come ponte tra passato e futuro, per nove canzoni che hanno il sapore delle cose fatte bene, il sapore di un viaggio eccitante, un viaggio che si concretizza con Andrea Viti, ex bassista degli Afterhours, l’aggiunta della stratificazione emozionale e sonora di Fabio Mercuri alla chitarra, uscito da poco con un disco personale e davvero notevole, da Alex Canella alla batteria, Alessandro Rossi alle percussioni, Simone Rossetti Bazzaro alla viola e violino fino a Silvia Alfei ai cori e co produttrice dell’intera opera.

Da questo disco ne esce un suono curato e riscoperto in trame fitte e sospese, ricordando un Franco Battiato dei tempi migliori, in sperimentazioni d’autore che hanno il gusto e la capacità intrinseca di donare linfa vitale ad un genere da riportare nelle orecchie di tutti, per sogni lucidi e pezzi onirici di un’esistenza cangiante.

Maru – Maru (Resisto)

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Maru è una cantautrice polistrumentista che gioca nella sua cameretta a creare magnifiche ossessioni quotidiane in grado di amalgamare un concentrato di suoni lo-fi e pop con la canzone d’autore che fa sorridere e dando un’importanza veramente inusuale alla parola a ricoprire d’attenzioni un mondo fatto di particolari, tra la vita di tutti i giorni e le sensazioni che scaturiscono dal cuore, la nostra tra chitarra, ukulele, pianoforte e tastiera racconta di mondi non troppo immaginari in una forma canzone quasi onirica e incantata che in un attimo accoglie però tutto il suo disincanto tutta la sua imperfezione per un chiaro scuro alternato che mette in risalto le capacità della cantautrice di voler dare vita a quadri costruiti tra spruzzate di colore che si accavallano partendo da quella Zerotresettedue fino a Trucco + Astor, passando per Denti da latte e per l’irriverente Un meteo nel caffè, per un appeal sbarazzino, non troppo serio, ma in grado di far aprire gli occhi nelle giornate di pioggia, creando uno spirito reale, uno spirito giusto, per soddisfazioni future respirate a pieni polmoni.

The last project – Pyrotechnic (Autoproduzione)

Futuri passati imbrigliati nella materia grigia degli anni ’80, insaporendo il tutto con chitarre squillanti e tamburi battenti in grado di rendere più chiaro un disegno perduto nella notte dei tempi, per una band che strizza l’occhio al passato, ma lo fa accelerando a dismisura e accaparrandosi un pezzo di storia per reinventarla e accenderla di nuove fantasie e spessore, direttamente inforcando il pop moderno con la new wave passata per una formula che brilla di un certo fascino visto i richiami consapevoli già dalle prime battute con Promise fino a W.W. a ristabilire un certo qualsivoglia ordine interiore, che ha il sapore della rinascita, ma anche delle cose migliori che se ne vanno.

Ecco allora che il quartetto pavese sfodera otto pezzi ben congegnati e rodati, dopo due anni di sale prove e live, dopo aver incanalato la rabbia e l’introspezione del momento per rigettarla avanti, verso un mondo ancora ignoto, tra Editors e The National, tra le città in sfacelo e quell’essere se stessi che diventa sempre più precario.

Charly Moon – Charly Moon (LATLANTIDE/Edel)

Anfratti internazionali che sfociano in un pop rock ben suonato e amalgamato che lascia il tempo nascosto ad un passato da recuperare di puro stampo americano, in grado di sorreggere impalcature animate per l’occasione e in grado soprattutto di riproporre in chiave rock, scelte artistiche studiate a tavolino e soprattutto mature, pezzi che si fondono con la cultura quotidiana, canzoni in grado di avvicinare una sempre più diversa tipologia di ascoltatore e allo stesso tempo capaci di abbandonare stili passati per una rilettura in chiave moderna di un genere che non è mai tramontato.

I testi in italiano sono mescolati a quelli in inglese, si parte con Come away with me passando per la riuscitissima e bellissima Se questo è un uomo, fino ad incontrare altre elucubrazioni sonore che si stagliano al suolo con pezzi come Innocent tears o, nel finale, con Io voglio averti.

Un album riuscito che mette in risalto la maturità del gruppo ideato dai gemelli Giuliano e Fabio Lagotta, otto pezzi dal sapore internazionale che finalmente hanno trovato una loro strada importante nel creare sovrapposizioni musicali legate al proprio essere in divenire.

Silver – Silver (LATLANTIDE/Edel)

Silvio Barbieri, in arte Silver, confeziona un disco prettamente pop, radiofonico, ben suonato e arrangiato, di chiara impostazione moderna con melodie ruffiane e accalappia ascoltatori, un cantautore però che, nel suo essere di facile appeal, cita i grandi del passato come Bob Dylan e i Beatles, suoi punti di riferimento per pezzi che incrociano ballate dolci amare e testi di ampio respiro, dove la semplicità delle parole usate è pura esigenza di confrontarsi con il mondo circostante, un mondo da conquistare giorno dopo giorno con la tenacia e con la determinazione di un giovane, un ragazzo che si destreggia tra pezzi che aprono ad un suono internazionale e finalizzato al racconto di stati d’animo e di esperienze di vita vissuta, un cantautore e il suo amore nei confronti della modernità in bilico tra sogni infranti e da realizzare, partendo con Questo amore fino al traguardo coverizzato della dylaniana It’s all over now, baby blue, per un disco di semplice ascolto, ma di grande capacità caratteriale, alla ricerca delle sempre sudate collaborazioni in grado di valorizzare e dare un peso maggiore alla proposta presentata.

Proclama – La mia migliore utopia (VREC/Audioglobe)

I Proclama si affacciano al futurismo con l’intenzione di trasportarlo dentro all’epoca della modernità, immagazzinando una capacità quasi unica ed essenziale nel fare un buon pop rock sottolineato da testi importanti che abbandonano una realtà non voluta, tentando di cambiare in modo indelebile la propria vita, lasciando da parte le mode e l’utopia della perfect life per riprendersi con presa sicura il momento in cui viviamo e consumandosi nell’ardore del raccontare cosa ci manca e per che cosa, siamo qui noi, a combattere.

Sono tredici pezzi per la band torinese attiva dal 2011, tredici pezzi che inglobano le macerie di una vita vissuta e scalciano al suolo l’immobilità del presente, un presente da vivere, un presente da assaporare e cambiare, ritornare al colore a cui siamo abituati, ritornare alla sostanziale bellezza, fuori dagli schemi precostituiti, fuori dall’edonismo sfrenato, tra convinzioni da sradicare e mete da raggiungere, tra l’iniziale e emblematica Come un film raggiungendo una Non è finita che racconta proprio di quegli occhi da riaprire per tornare a vedere finalmente i colori che ci sorprendono, per poter ritornare finalmente ancora indietro liberi, sentire in faccia il suono della vita e pensare ad un finale che non sarà mai e poi mai ineluttabile.

Doremiflo – Ambigua (Riserva Sonora/A&A Edizioni)

Un disco che racchiude una ventata di freschezza ammaliata da un’energia pura e cristallina che divampa e accende speranza energica di costruire una musica che in primis si staglia grazie ad un forte impatto sonoro ed elettronico in grado di amalgamare l’elettricità in divenire in sospiri capaci di penetrare e dare un senso ad un personalità già di per sé elevata e capace, capace di affrontare un EP che racchiude l’esigenza di fare una commistione di diversi generi, partendo da un pop cantautorale che sta dalla parte delle emozioni, quelle reali, quelle partono dallo stomaco e arrivano al cuore, fino ad arrivare ad un suono ben calibrato che si muove divincolandosi in questo EP di cinque tracce, un suono che per Doremiflo è essenza di vita o meglio è la vita stessa, l’aria che respiriamo e il cammino per arrivare a destinazione, tutto questo lo possiamo percepire attraverso il singolo iniziale: L’amore 3.0 passando per Amami e Difendimi fino a Massima Velocità, a chiudere il cerchio e a riaprirlo di nuovo, in una ricerca continua di un posto nel mondo in cui vivere, chiara essenza nell’essere diversi in una quotidianità talvolta soffocante.

Marlò – Intro (Autoproduzione)

MARLÒ intro

Pop elegante e ben congegnato capace di affilare le corde dell’anima ed incedere con gran passo verso territori cari alla canzone d’autore italiana, una musica ricca di arrangiamenti calibrati a dovere che permette di entrare in sinergia con il messaggio, con i testi, che parlano di una realtà esclusivamente tangibile, lasciando da parte il messaggio criptico del momento per conferire al tutto una profondità che parla diritta diritta all’amore e alla bellezza, raccontandone sfaccettature e senso che vanno oltre il pensiero comune, concentrandosi con parole soggettive, che riguardano vissuti e implementano le ragioni del cuore, abbandonando il miele che solitamente abbonda in questo tipo di produzioni, per lasciare una traccia di qualcosa di vero e vissuto.

Questo disco di Marlò, all’anagrafe Federica di Marcello, suona radiofonico, ma non troppo, mantenendo una componente personale che va ben oltre le mode del momento e si permette di lasciare traccia del proprio passaggio, partendo dai sentimenti più cari e vicini, quasi fosse una foto di famiglia, sbiadita del tempo, ma da conservare ancora tra le mani, come ricordo per le migliori cose, quelle che in fondo contano veramente.