Plastic Light Factory – Hype (Autoproduzione)

Rock and roll sbarazzino che si scontra con la quotidianità senza chiedersi troppo, per un suono che fa muovere il culo e sorprende degnamente intrecciando riff chitarristici e astute trovate per generare un’apertura graffiante e tagliente, tra i glitter sprigionati e la fantasia ribelle che incontra Miss Chain & the Broken Heels e l’uso delle tastiere; complice di tutto questo anche un basso ben sincopato, dal ritmo deciso e serrato, scuotimenti da pista quindi per i Plastic Light Factory, band mantovana rumorosamente attiva tra il rock psicotico e lo shoegaze, per brani messi in evidenza da un collettivo che vuole occupare l’idea di arte a trecentosessanta gradi, una crisalide che prima o poi esploderà e in parte così tanta bellezza la possiamo percepire in queste cinque canzoni nate di getto, tra la bellissima iniziale Colour of the morning trasportatrice di viaggi lisergici fino a Jakiteko, espressione massima di un coinvolgimento senza limiti, ancora una volta in grado di dimostrare che la musica si staglia ben oltre le apparenze e regala, come in questo caso, una soddisfazione personale di stampo sessantottino.