Giovanni Di Giandomenico – Ambienti (Almendra Music)

Accenni di piano a ricreare ambienti consolidanti che sfiorano l’oscurità e accendono un barlume di passione proprio quando meno te lo aspetti, attraverso leggere manipolazioni elettroniche che ricordano per interesse le intricate rappresentazioni di Luigi Turra e il suo Alea uscito per Line. Conquiste quindi che si identificano attraverso un consolidarsi di freddo leggero che attraverso un rigore del tutto personale implementa le considerazioni e avvicenda istanti e attimi di pura incontrollabile intimità che lascia aperto il campo del cuore introspettivo a fondersi e a rimarcare un concetto di appartenenza ad una musica di ampio respiro, non più quindi una classica, ma un qualcosa di sperimentale che abbandona la ripetitività del minimal piano e si focalizza piuttosto nel delineare uno stato d’animo rappresentato fino in fondo da ambienti che appaiono come luoghi lontani, profondi, riconosciuti soltanto dall’autore, ma che inevitabilmente possono fare da specchio al nostro peregrinare nel mondo di tutti i giorni che ci appartiene.

Dario Ferrante – Uno (Autoproduzione/Regione Toscana)

Uno è il punto d’inizio verso strutture bianche concentriche che riaffermano uno stile volutamente minimal in bilico tra elettronica e piano crescente capace di incontrare mostri sacri dei nostri tempi intersecando i fraseggi dei nostrani Bavota e Carri per musica da film che come moto ondoso accoglie ed espelle, rotea nel vortice delle emozioni e consegna all’ascoltatore un’imprevista discesa negli anfratti più profondi della nostra anima, mite ritorno verso il punto di partenza, da dove rischiarare gli orizzonti e sentirsi capaci di decontestualizzare il momento; cubi che si trasformano e senza esitazioni ammaliano tra piano, violino, cello e quell’elettronica che conquista e rapisce, da Spleen a Youth, questo è un viaggio mirabile e desiderabile, minimamente mai rassegnato a se stesso, ma piuttosto portatore di quel desiderio di conoscere nuove e sostanziose parabole soddisfacenti, sei pezzi eterogenei esaltanti e pronti ad essere ricapitolati e riascoltati in rallentamenti cosmici che fanno da contorno al giorno che deve nascere attorno a noi.

Andrea Carri – Chronos (Psychonavigation Records)

Tempi dilatati, clessidre fermate dal tempo e dalla natura che fa germogliare anche il più piccolo strato di sementi lasciati riposare al sole di un nuovo giorno, quasi fosse una contemplazione mistica che riempie il cuore di silenzi che uccidono le parole.

Musica suonata con il pianoforte, l’armonia di Andrea Carri, il giovane pianista già passato nelle pagine di IndiePerCui, che con questa nuova prova, maggiormente orchestrata si lascia trasportare dalla costante ricerca di una via amalgamata da strumenti classici rivisitati in chiave moderna.

Andrea è un tipo da colonne sonore e si sente, simili ad altri per scelte stilistiche, lontano da altri per scelte di vita, un ragazzo che sa osare esprimendo concetti senza utilizzare parole, esprimendo speranze in un domani incerto.

In Present compare anche Perry Frank, compare e stupisce perché qui l’avanguardia incontra il classicismo, la continua osservazione di un tutto da punti di vista differenti, un’immagine che sfocata ricalca i colori dell’arcobaleno in vibrate armonie.

Si respira in tutto il disco le orchestrazioni di Kid A in Motion Picture Soundtrack, quella silenziosa armonia che ti pervade e ti rilascia lentamente un sapore da estasi continua.

Musica filiforme che si intreccia in modo esemplare in pezzi come Le parole che non ti ho mai detto, nella islandese Future  o in Music is eternity passando per il commovente finale di Dopo un raccolto ne viene un altro.

Il pianista ha fatto centro per l’ennesima volta confezionando un naturale proseguimento del cammino iniziato, un ragazzo da tenere d’occhio e da ascoltare raccolti nell’ultimo sole d’estate.

 

Paolo Bernardi Quartet – …plays Aznavour (Sifare edizioni musicali)

Il jazz rivisitato e rivisto, un cuore che pulsa verso l’infinito, adocchiando nelle galassie più lontane note improvvisate e lasciate andare cullate dalle onde intergalattiche di tasti bianchi e neri che si divincolano in piani sequenza che vedono lo stagliarsi di strumenti quali sax, contrabbasso e batteria.

Al piano invece il grande jazzista romano Paolo Bernardi, un nome che non ha bisogno di parecchie presentazioni, che gioca con la sua vena poetica creando bellissimi contrattempi intagliando Aznavour da un pezzo di legno già perfetto di per sé trasformandolo in materia musicale, strumentale e pensante.

Ci sono tra le altre le bellissime “Com’è triste Venezia”, “L’amore è come un giorno” e a coronare questo sogno incastonato appaiono “Autoritratto” e “Mon ami” due brani che scavano nell’interiorità del pianista cercando di creare un filo, un collegamento Italia-Francia che spezza le barriere e si fonde in un unico grande suono.

Un disco tecnicamente impeccabile, fresco e genuino che potrà deliziare i numerosi cultori del genere o le serate in riva al mare guardando il blu cobalto che vira in luce notturna.

Bruno Bavota Ensemble – La casa sulla luna (Lizard Records)

Rara bellezza e genuina voglia di vivere si riscontrano in questo prezioso lavoro di Bruno Bavota, compositore napoletano e pianista d’eccellenza di nemmeno trent’anni.

Per l’occasione si aggh512vjivDcrL._SL500_AA280_inda a festa e con lui riunisce un ensemble di musicisti quali Marco Pescosolido al violoncello e Paolo Sasso al violino, donando ai brani quel gusto retrò e malinconico unico e inconfondibile.

La somiglianza con l’italianità di Einaudi è evidente anche se Bruno utilizza l’eredità del minimal piano passando da autori come Philip Glass, Jan Swerts o del greco Christos Kapenis e centrifugando il tutto aggiungendo tocchi di stile personali e lucenti, quali cavalcate infinite e refrain memorabili.

Non risulta facile recensire un album di questa levatura, quali siano poi i gusti musicali di chi lo fa e in secondo luogo di chi ascolta, ma questa è musica che parla alla natura in modo simbiotico toccando inevitabilmente i tasti degli affetti e delle passioni dell’anima.

E’ impossibile non lasciarsi trasportare da composizioni quali “Amour” o “Il dito si muove sul vetro appannato” o da titoli più evocativi quali “C’è un cinema laggiù” o “Il sole di domenica” ; certo è che questo ragazzo sta preparando la strada a un nuovo futuro italiano.

Chissà che cosa avranno pensato gli esperti di settore dopo averlo selezionato tra migliaia di artisti per suonare alla Royal Albert Hall di Londra in occasione dell’Accidental Festival; si saranno chiesti inevitabilmente il luogo di provenienza di questa musica non trovando risposta alcuna.

La reazione sembra invece alquanto naturale: un giovane uomo con i suoi 88 tasti che fanno sognare anche gli avvezzi agli incubi; una piccola casa, una città dormiente e una luna che le sta a guardare, questo è il luogo dove ognuno di noi vorrebbe riposare.