Augustine – Grief and Desire (Autoproduzione)

Risultati immagini per augustine grief and desire

Augustine all’anagrafe Sara Baggini riesce nell’intento di creare atmosfere surreali e sognanti capaci di penetrare nell’inconscio attraverso una musica soppesata a dovere e immedesimata nell’attimo da vivere in stanze bianche, in stanze spoglie dove le pareti acquisiscono realtà e comprensione, magnificenza e sostanza e lasciano la bellezza sovrapposta al giorno che verrà. Penetrare in questa musica è come inserirsi di soppiatto all’interno di un film di David Lynch, un suono che nasconde segreti, un suono che si immedesima come un crocevia di storie, di bisogni e di necessità condito da momenti in dissolvenza, momenti di disillusione continua che si fanno realtà tangibile proprio quando meno te lo aspetti. Pochi strumenti ad intessere trame, chitarre corali e leggere percussioni poi prendono il sopravvento e le canzoni acquisiscono ritmo per poi assuefarsi come marea all’andirivieni di un mondo in cambiamento. Quindici pezzi, davvero tanti, ma essenziali per comprendere trame, per comprendere un pensiero che va al di là di ogni, qualsivoglia, forma di musica precostituita.

La Madonna di MezzaStrada – Crono (La Fame Dischi)

L'immagine può contenere: una o più persone

Paesaggi sonori cupi che si aprono pian piano verso un cantautorato di stile eccentrico che amalgama la lezione del prog per intersecarsi in modo naturale con un folk condito da spruzzate lisergiche di assoli d’arco per un post rock dove le parole diventano poesia e dove l’affascinante uso di sintetizzatori e importanti passaggi cosmici da vita ad un excursus sul tempo e sulla sua molteplice ineluttabilità, toccando argomenti metafisici con la passione di chi, al terzo disco, ha tutte le carte in regola per rientrare in quella cerchia di band che sanno suonare, ma che sanno anche usare le parole.

Bellissima la traccia d’apertura Albero che via via apre la propria chioma in modo da far scoprire un paesaggio di colori che passano dal rosso al verde, toccando il blu e le moltitudini di necessità che guardano il cielo in Dirigibili e atterrano nella vita di tutti i giorni con Cesare per una compiutezza che ritroviamo nelle poche parole di Crono, outro visionario di pregevole effetto.

Un disco da scoprire che mi auguro sia un passaggio essenziale per una band che non ha mai smesso di cercare la propria strada tra le moltitudini di percorsi presenti, con coraggio e determinazione, con fame d’aria e parole nuove.

Michele Maraglino – Canzoni contro la comodità (La fame dischi)

Disco maturo e musicalmente aperto alla sostanza che avanza, un disco ultra moderno che delinea meticolosamente, soprattutto per chi fa troppe fotografie, uno spaccato di realtà nostro e vissuto, un inno contro la comodità e l’apatia, il non far nulla scelto e il non far nulla per imposizione.

Un disco che sa di pioggia d’Aprile le tonalità si incupiscono e regalano sogni infranti e desideri commossi da pietà che mai e poi mai prenderebbe l’iniziativa di essere quella che non appare.

Un album sulle apparenze quindi, di denuncia, verso un’Italia che va a rotoli perché siamo noi che lo vogliamo arricchiti da strumenti inutili, la fisicità che vince sulla bellezza, il futile che si aggrappa ai pensieri e li rende reali più che mai, senza una via di scampo, senza una via di fuga.

Michele racconta tutto questo e lo fa con il piglio del cantautore, che rispetto all’album precedente si apre a suoni più indie rock  abbracciando le distorsioni del brit pop e strumenti necessari quali pianoforte e tastiere per rendere la proposta più concreta e avvolgente.

Ottima prova che denota quindi carattere e lucidità per il patron della Fame, otto tracce che si fanno bere in un istante e lasciando in qualche modo il nostro eroe solo contro tutti in attesa di smuovere animi, accendere il cervello e far correre le idee.

Fast Animals and Slow Kids – Alaska (Woodworm)

Opera sonora variegata che si caratterizza da una maturità compressa e pronta a scoppiare ad ogni secondo.

Il terzo album dei FAASK è un fiume in piena di emozioni sonore, dal caratteristico sapore glaciale, un misto di strade da percorrere e punti di svolta da cui ripartire, angoli ciechi in una strada ricoperta da grattacieli in cui la via di fuga non è proprio a portata di mano, ma si nasconde nel posto più vicino alla nostra anima.

Il cuore, quindi, in questo disco più di tutti gli altri si sente il cuore energizzante che strappa e lacera, che si contorce in grida di dolore e squarcia orpelli aerei in voli silenziosi, dall’azzurro cielo all’azzurro mare, un po’ come quando si torna bambini guardando l’immensità del mondo.

Un album immenso quindi, circolare, essenziale, mai banale, che stupisce per cariche sonore e sprazzi di inquietudine quotidiana pronta a ritagliarsi un nuovo terreno per ripartire.

Sono dieci pezzi, gridati a squarciagola, per non sentire più tutto l’universo intorno, canzoni che non prevalgono, ma che tutte fanno parte di un percorso ben preciso, che i nostri sanno di poter realizzare: titoli azzeccati e rumori che si impadroniscono di noi in un continuo e lungo atto infinito.

Un album che a priori, regala attimi di luce nel buio e ti fa, anche solo per un po’, essere migliore.