-LIVE REPORT- Perturbazione/Nove metri quadri tour – Parole a confine/Caltrano(VI) – 01/04/17

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Dalle mie parti il Festival Parole a Confine è sempre e comunque sinonimo di qualità vuoi per le proposte passate vuoi per la ricerca che non si ferma alle apparenze cercando sempre di rimanere su quel filo che si muove suadente tra indie e non in nome della buona musica che anche quest’anno caratterizza la rassegna culturale in questione.

Di cultura stiamo parlando, parola che nel vicentino e immagino nella provincia italiana, generalmente viene associata alla sagra paesana e alla difesa delle tradizioni, ma che in questo caso si stacca prepotentemente dalle consuetudini per dare vita ad una serie di eventi che inglobano un pensiero condiviso e di ampio respiro, necessario questo ad aprire le nostre porte a qualcosa di diverso e nel contempo essenziale.

Cultura è un po’ come ritornare alle abitudini domestiche, quelle di tutti i giorni, quando apri il frigorifero per prenderti qualcosa, accendi la luce per leggere meglio, guardi un film o strimpelli con il tuo strumento, è la dimensione domestica quella che fa la differenza, quella che trasforma un monolocale ai confini con la realtà in un’essenzialità magica e riempita per l’occasione di storie, di emozioni e di gratitudine per il tempo passato e per quello a venire tra ciò che ci siamo lasciati alle spalle e tutto quello che deve ancora succedere.

Ecco allora i Perturbazione, band di Rivoli, provincia di Torino che per l’occasione è ospite in quel di Caltrano, provincia di Vicenza, a portare sul palco la ventennale carriera e l’ultima fatica Le storie che ci raccontiamo, primo disco in quattro dopo l’uscita degli storici Gigi Giancursi e Elena Diana, un album in parte immediato e diretto, dal suono corposo, dove l’orecchiabilità di fondo rientra nella dimensione della band pur mantenendo una profondità da concept citando il regista indiano Shekhar Kapur e il suo discorso sul nostro essere le storie che ci raccontiamo: potenzialità che definiscono la nostra esistenza.

Quello di Caltrano però è un concerto intimo, sentito e vissuto, le canzoni scorrono intensificando la sintonia dei quattro nella loro stanza, nella loro sala prove che per l’occasione diventa un palco, un palco per raccontarsi. Dieci anni dopo apre il tutto per poi proseguire con le riuscitissime Leggere parole, Primo, Del Nostro tempo rubato tra le altre e poi ancora a caricare con la sanremese L’unica per lasciare spazio alla poesia senza tempo di Agosto e di Per te che non ho conosciuto fino al finale con la sorpresa popolare veneta Nina di Gualtiero Bertelli e il cuore aperto di I complicati pretesti del come.

Stupisce l’attenzione del pubblico in sala, stupiscono gli applausi provenienti dalle tante orecchie pensanti presenti. I Perturbazione continuano ad essere il perfetto equilibrio tra canzone pop e poesia in musica, merito di Cristiano, Alex e Rossano, merito di Tommaso, cantante della band che riesce a farti entrare nella canzone che starai per ascoltare, dando significato alle parole, ai testi, esprimendo un’introspezione malinconica e nel contempo generosa che alla fine porta con sé, ricordando il citato Morrissey, una luce che non si spegnerà mai.

Testo: Marco Zordan

Foto: Riccardo Panozzo

Setlist:

  1. Dieci anni dopo
  2. Dipende da te
  3. I baci vietati
  4. Leggere parole
  5. Battiti per minuto
  6. Cinico
  7. Primo
  8. Del nostro tempo rubato
  9. Trentenni
  10. Portami via di qua, sto male
  11. Ti aspettavo già
  12. L’unica
  13. Buongiorno buonafortuna
  14. Agosto
  15. Nel mio scrigno
  16. Per te che non ho conosciuto
  17. Encore: Nina
  18. Le storie che ci raccontiamo
  19. Encore 2: I complicati pretesti del come

L’etiope – I nonni sono morti (Autoproduzione)

Cantautorato che esplode in arpeggi rock di matrice post ’90 in grado di catalizzare forme e dimensioni di impalcature sovraeccitanti in grado di produrre materia pronta a stupire, pronta a rendere necessaria la discesa nel quotidiano, raccontando di sensazioni, stati d’animo claustrofobici, sotto scacco negli attacchi di panico e indulgentemente rappresi ad identificarsi con un retroindiecantautorale che lega il tempo in cui viviamo alla parabola tangibile di sogni infranti e speranze da definire.

I nonni sono morti e non ce ne facciamo una ragione, questo disco è l’interruzione di un’adolescenza per entrare nell’età adulta, forse ancora troppo presto, ma il tempo e le fatalità non si possono fermare, possiamo solo cercare di capirle, forse, resta il fatto che tutto questo è legame profondo con le proprie esperienze per quattro pezzi che sono un concentrato di vissuti che ricordano i Perturbazione di In circolo, più per approccio che per singolarità musicali; un suadente viaggio per canzoni – capolavoro che esplodono in tutta la loro bellezza nella finale Immobilis in mobili, donando importanza alla quadratura del cerchio per un EP che è dimostrazione di una bellezza senza tempo.

Marco Notari – Io? (Libellula/Audioglobe) 2011

Da Jonsi ai Sigur Ros, dai Radiohead a Thom Yorke di “The Eraser”, Marco Notari sforna un lavoro caleidoscopico, poliedrico che abbraccia una moltitudine di generi, suoni, colori.

Una copertina firmata da Tommaso Cerasuolo cantante dei Perturbazione, già presente quasi in toto nella creazione del video “Porpora” nello splendido “Babele”; penultima fatica del piemontese Notari.

Le sonorità di “Io?”, rispetto a quelle del precedente disco, sono più ricercate, non sempre immediate come possono sembrare anche perchè ci troviamo davanti ad un album ricco di influenze: dall’elettronica ambient, dal pop raffinato, al rock urlato fino ad abbracciare quella canzone d’autore tanto cara al cantautore Piemontese.

Io?” prima canzone, ritmo tribale e percussioni miste all’elettronica ottimo inizio con quel ritornello legato al tempo accompagnato da un organetto. “Un tempo per restare in due sopra al mio cuore”.

Le stelle ci cambieranno pelle”. Non ci sono presentazioni: Belle and Sebastian incontrano Afterhours e Sigur Ros.

Con la terza canzone “La terra senza l’uomo” le nostre orecchie ascoltano qualcosa di già sentito nel disco d’esordio “Oltre lo specchio”.

Dina” ballata delicata, storia di vita vissuta, xilofono e modulazioni sonore: bel connubio per un testo quasi sussurrato.

L’inizio di “Hamsik” è un omaggio al quintetto oxfordiano e anche il testo ricorda per molti versi il concetto presente in “Hail to the thief”, un affronto alla politica da carta patinata.

Io, il mio corpo e l’inconscio” altra ballata, questa volta poco incisiva e che ha quel qualcosa di già sentito, con sonorità tardo ’70.

Il settimo brano “L’invasione degli ultracorpi” cori alla Marco Notari che incontrano sonorità british e accordi e pensieri “Affamati di Camilla…”

Con “Apollo 11” siamo di nuovo nello spazio, forse la canzone più bella di tutto l’album “Ci siamo odiati, amati, fatti male, tu sei la sola cosa per cui vorrei tornare”.

“Canzone d’amore e d’anarchia” con inizio alla “Daphne Descends dei compianti “Pumpkins” di “Adore” ci fa capire che siamo ancora portatori di pensieri per lottare.

Chiusura con una reprise della prima canzone alla maniera della meraviglia sonora di “Staralfur” degli islandesi Sigur Ros. Brano strumentale che annuncia speranza nel domani.

Questo disco è un viaggio dalla terra alla luna A/R, un volo pieno di rabbia e poesia, dolore e attivismo mai inerzia e apatia. Un disco, a mio avviso non all’altezza del precedente, anche perchè meno concept e quindi meno immediato, ma che cerca di farti aggrappare ancora a qualcosa che sia portatore di cambiamento: “cambiano i colori e sono migliori”.

www.marconotari.it