Odiens – Long Island Baby (Costello’s Records)

Ritorna il vintage degli Odiens, ritorna con un disco intero davvero affascinante e sicuramente di grande impatto solare che ci trasporta indietro nel tempo di cinquant’anni facendoci rivivere a pieni polmoni gli stili ormai persi di una musica lontana e immagazzinata tra le balere e gli amori infiniti, i sussurri lungo il mare e le risate a rincorrere i giorni. Pochi gruppi nella nostra penisola riescono così incisivamente a dare valore a tutta questa bellezza in divenire, un approccio originalmente pop che non disdegna il surf e la psichedelia, ma a maggior ragione da valore all’idea di ballatona ammiccante senza scadere nel trash banale, ma piuttosto dando forma al ricordo sostenendo un insieme di tracce musicali che creano omogeneità e intensificano la visione con un’ironia sempre velata che però si sposa a pennello con il contesto ricreato. Canzoni come l’apertura Menage a trois (Meno due), Alka Seltzer, la stessa title track o Punjabi Surf non passano di certo inosservate. Una nostalgia che si fa arte quindi e fa degli Odiens degli stimati menestrelli pronti ad incantare raccontando di un certo vivere il mondo che non esiste più.

Odiens – Prima incisione (Beta Produzioni)

Innamorati del sole e del vento che ti scuote i capelli mentre sei ammaliato da una cabrio targata ’60 che ti scuote a dismisura in un film in bianco e nero dove le balere estive facevano da contorno all’Italia della rinascita.

Prima incisione il disco degli Odiens è un concentrato di suoni miracolosamente tendenti a sonorità genitoriali che imprimono una gradevolezza esterofila al beat dei primi Beatles e si accostano facilmente a perle sonore suonate direttamente da Corvi e soci.

Un disco fresco, genuino, suonato e riportato con strumenti vintage dal grande carattere, dove i nostri scomposti e ricomposti per l’occasione non si limitano solamente a ricreare un mondo, ma lo fanno con un piglio assai indie, assai underground, ricco di quei suoni che riempivano i locali pieni di fumo dove l’ora per tornare a casa non arrivava mai.

Non soltanto quindi una musica ballabile, ma anche musica impegnata dove il valore aggiunto nei testi e nella voce incisiva e tagliente di Flavio De Cinti, si amalgama ad un songwriting che non lascia nulla per scontato.

Si analizzano testi sghembi e ironici, battute proverbiali e attimi di follia adolescenziale, su tutti Voyeurismo, L’educazione sentimentale e la bellezza al pianoforte di Carta da Parati.

Il miglior disco 2015 ascoltato fino ad ora; mi auguro di non sbagliarmi, se dico che questi ragazzi lasceranno un segno, disegnando un ponte tra passato e presente, nella musica italiana.