Matteo Bortone – No land’s (Auand)

No Land's

Suoni psichedelici rinfrescati da un jazz moderno in grado di consegnare un disco niente male che si affaccia, con grande decisione, su territori inesplorati e vergini. Punte sonore, ritmi a tratti tribali, condensazione a più non posso e profondità raggiunte a scavare introspezioni solitarie, introspezioni che non vanificano l’attesa, ma piuttosto, come onda trattengono l’andare e il venire  per consegnarci una musica che effettivamente trova nell’eterogeneità un tratto peculiare e altamente corrosivo. Sono dieci pezzi per una commistione d’intenti capitanata da Matteo Bortone che rimescola le carte in gioco e per l’occasione ci fa trovare, sul piatto della meraviglia, strumenti per così dire prettamente rock come il rhodes o l’eterea visione del glockenspiel coronando il tutto da elettronica, voci, impianti su impianti, tecnica sopraffina mescolata alle impressioni in divenire. No land’s è un disco che ha un forte spessore personale, uno spessore implementato da una capacità musicale che sa dare senza chiedere nulla in cambio.