Mulhollan Drive – La misura dell’equilibrio (Pagina 3/FarmStudioFactory/Audioglobe)

Disco d’esordio per il quartetto umbro che tra testi cupi e introspettivi ci porta alla scoperta di un mondo segreto, arcano, di indubbia poesia e carico di figure emotivamente oniriche che graffiano come la voce particolare e distinguibile di Lodovico Rossi.

Omaggiando Lynch i nostri prendono il rock più cupo per incrociarlo con lo stoner e il post grunge arrivando a confezionare un progetto molto credibile e cantato totalmente in italiano.

Un sali scendi emozionale legato dalla ricerca di se stessi lungo lo sviluppo delle tracce che ricordano i luoghi bui, con poca luce del film di Lynch e che parlano di amori e speranze da seguire in una dimensione che solo nel finale si scopre essere solo la proiezione di un desiderio che mai e poi mai riuscirà ad avverarsi.

Importante l’incontro con Matteo Carbone e Paolo Benvegnù, che del disco hanno curato la direzione artistica lasciando trapelare sostanza mai esibita e osannata, ma lavoro di cesello, impreziosendo canzoni che di per sé possedevano già un forte valore.

Andata e ritorno quindi nell’indefinito a riscoprir se stessi e quella parte di noi che ha bisogno di essere compresa in una continua e profonda vertigine, che però ci fa sentire vivi.