Carlo Pinchetti – Una meravigliosa bugia (Gasterecords/Moquette Records)

Cantautorato interiore introspettivo che colora la cameretta dei ricordi con il colore nero del passato e il bianco del futuro. Il disco Carlo Pinchetti è una memoria continua fatta da momenti di leggere vibrazioni dove la chitarra acustica sempre in primo piano, violoncello, elettriche in dissolvenza, ma mai preponderanti, incontrano un bisogno di comunicare che si evince tra le pagine di questo disco/libro a cuore aperto. L’indie folk, la musica lo-fi, il cantautorato italiano degli anni zero fanno da motrice importante per un sodalizio continuo e convincente con un modo di stare, con un modo di intendere la vita. A tratti la ridondanza crea apatia, ma forse la verbosità dei testi permette di entrare in un mondo costruito ad arte dove piccole poesie crepuscolari si affacciano all’animo dell’ascoltatore. Quello che ne esce è sicuramente un buon disco che trova in Lacrime, Fuori di me, Sceglie di andare, Peggio di ieri un punto fondamentale per comprendere ambizioni e sentimenti a ricoprire l’intera produzione.


Push Button Gently – ‘CAUSE (Moquette records)

Approccio libero e divincolato che si avvale dell’esperienza del tempo, in quello scantinato a suonare l’inverosimile e soprattutto a divertirsi, fino al 2013 anno del primo disco, un EP nel 2014 e ora l’uscita di questo arcobaleno cromatico che riesce nell’intento di amalgamare i suoni in una psichedelia moderna e lontana, a mio avviso, dalla classicheggiante degli anni ’70, qui ci troviamo di fronte ad un momento esperienziale condiviso, mescolato al rock e alle rarefazioni elettroniche in grado di imbrigliare una ricchezza di suoni cosmici capace di incastrarsi a meraviglia con pezzi maturi e ricercati, la cura di ogni particolare si sente e la band proveniente da Como omaggia ciò che verrà con un album che non è un concept, anzi, è un disco che si interroga sulle estremizzazioni della vita, su ciò che è più giusto fare, fino al morire del giorno, oltre l’universo a cui  apparteniamo, perché noi stessi ci troviamo ad essere parte integrante di un tutto che non ha confini.