Montauk – Vacanza/Gabbia (LABELLASCHEGGIA)

L'immagine può contenere: cielo, albero e spazio all'aperto

Punk di risveglio post o pre estivo che a dir si voglia incentrato su vacanze e affini, dove la stretta morsa della gabbia routiniana attesta le difficoltà di far parte di una società di per sé malata e accentrata nei confronti di un filo occidentalismo che annienta i costumi, annienta la bellezza e nel suo senso profondo annienta le libertà in nome di un progresso a specchio, un progresso fotocopia che vede nell’omologazione un’ancora di salvezza presumibilmente certa.

Montauk è una spiaggia guarda caso, Montauk è anche la rabbia però nei confronti di questo sistema e in queste canzoni, tredici per l’esattezza, le parole si sciolgono al sole in un soft hardcore prudente mescolato ad un pizzico di cantautorato nella ricerca testuale immagazzinando pezzi che si susseguono rapidamente e legati da un filo rosso che porta l’ascoltatore ad aprire gli occhi nei confronti di ciò che fa più male.

Da Privata a La neve si passa con facilità da una situazione ad un’altra tenendo a fuoco però quella necessaria guerra quotidiana che ha per nemico un bagliore effimero di velata importanza ritrovato per l’occasione grazie ad una rivolta musicale che parte proprio dal prendere atto che alla fine tutto ciò che è tangibile dura solo un istante.

Montauk – Montauk (Autoproduzione)

montaukUna voce che sa essere pulita e sporca allo stesso tempo, una voce che convince fino al tempo massimo in cui ci è concesso di procreare generazioni sfrontate di Post-core; inni generazionali gridati al contrario che di comune accordo accrescono la fame di sapere grondante e di velleità nascoste.

I bolognesi Montauk si avvalgono di 8 ottimi illustratori per raccontare le loro altrettante canzoni presenti nel loro disco, canzoni che affascinano per coerenza di testi e di significato e per suono non banale, ma ricercato nelle viscere del rock stoppato e altre volte narrato in un saliscendi emozionale che dona infinite vertigini.

Tracce della caratura di “Come fossi il tuo cane” si aprono con antiarmoniche e pesano grazie ad un testo efficace e cori precisi, “Il bruco” incontra gli Offlaga, “Da quando non siamo più” invece è debitrice di suoni che ammiccano al brit rock, in chiusura “Piove” che ricorda l’Emidio Clementi più arrabbiato.

Un esordio misterioso e quasi nascosto da contrappunti sonori degni di una formazione navigata, anche se qui ci troviamo di fronte ad un indie rock giovane, ma ben strutturato e legato dal filo nero e cupo che si fa colore portante nella via verso casa.

8 tracce di pure contaminazioni, in cui il giovane gruppo trova aria e spazi in cui muoversi rimanendo sempre a proprio agio e con un pensiero legato a quella striscia di terra che si affaccia al mare, pronta a raccogliere l’acqua salata del quotidiano.