Loro – S/t (red sound records, dio )) drone, in the bottle records, icore produzioni, cave canem)

Canzoni dirette che non lasciano scampo, non lasciano respirare e infrangono il muro del suono con capacità espressiva degna di nota, una carica di energia vitale pronta a sovrapporsi e amalgamarsi in un incedere che colpisce in modo esemplare quasi fosse una necessità, un costrutto di vita da lasciarsi alle spalle, abbandonarsi a distorsioni sonore che incanalano spazi vitali, una colonna sonora cinematografica da film horror di prim’ordine in cui gli incubi prendono vita e parallelamente alla nostra mente ricreano divagazioni contaminate da sintetizzatori dai suoni più diaboli, tra math-noise e rock sperimentale

Trio proveniente dalla provincia di Padova composto da Mattia Bonafini già presente nei Bruce Fisting tra gli altri, Alessandro Bonini nei Ten story Apartmen e Bright Lights Apart e Riccardo Zulato che ricordiamo non solo per il duo Menrovescio, ma anche per l’architettura composita nella creazione grafica e non di qualsivoglia oggetto utilizzato in ambito culturale.

Sua quindi la grafica e progettazione di un packaging alquanto inusuale, che scava nella materia e rende necessaria la presenza di un artefatto meccanico come il cacciavite per riuscire ad estrarre il disco e poterlo ascoltare.

Un affermare quindi ancora una volta che questa musica non è una musica da downloading, ma si fa carne viva e pulsante, si fa toccare, si fa comprendere solo ai meno, ma forse questo è proprio l’intento del gruppo: ritornare alle origini, alla fisicità dei corpi che si amalgamano, al fondersi e confondersi in attimi di luce costante, integra e percepibile, il confronto con la realtà, che come un pugno allo stomaco lascia senza fiato.

Barranco – Ruvidi, vivi e macellati (Autoproduzione)

I Barranco sembrano usciti dall’alta Inghilterra del XII secolo tanto è forte la presenza di un folk studiato per entrare in un medioevo di miti e leggende dove strumenti inusuali si fondono con un cantato d’altri tempi ricco e rigoglioso di sfumature e di termini dimenticati; sono canzoni d’ambarranco-musica-streaming-ruvidi-vivi-e-macellatiore verso una terra che non dona da un po’ di tempo i suoi frutti, lasciando il posto a tormenti intimi e incolto seminato.

I 5 padovani cresciuti tra Merlara e Montagnana abbandonano il rock alternativo per incontrare lidi nascosti e particolareggiati dove coste inesplorate sono il pane quotidiano per una via meno diretta, ma ricca di gratificazioni a livello personale.

La voce di Alessandro Magro è quella di un cantastorie d’altri tempi che regala picchi di ascesa verso tonalità dall’alto sapore evocativo.

Il tutto suona unico e il disco in qualche modo deve essere ascoltato traccia dopo traccia per sottolineare una continuità stilistica che fa immergere l’ascoltatore in un libro di Tolkien o di Brooks.

Si parte per un viaggio inaspettato con la bellissima “Io parlo al vento” e si arriva nel finale con la dolce “Il cielo non si apre”, dieci canzoni in tutto esaltate da un packaging stupendo costituito da una serie limitate di 300 copie interamente confezionate a mano dall’ormai innovativo studio del padovano Zulato.

Un disco – concentrato di succo di vita che rimane nella mente come un ricordo d’infanzia, quando i draghi occupavano la nostra testa e i cavalieri erano li pronti a scacciarli per farci tornare inesorabilmente al mondo a cui siamo abituati.