Maudit – Maudit (Autoproduzione)

Cupi ed energici rapiti dagli anfratti di una caverna nascosta sotto le profondità marine che solo i più astuti e coraggiosi esploratori possono trovare e apprezzare fino in fondo, fino all’energia che si fa viva e incontrollabile, tra citazioni e echi primordiali di un rock ruvido e ben suonato.

Questo sono i Maudit, vengono da Milano e nella loro prima prova da studio concentrano sofisticate parabole ascendenti che incantano e stupiscono per il modo diretto d’approccio che mai stona con il contorno, ma si fa portatore e portavoce di un suono che esce direttamente dallo stomaco e che come un pugno in faccia ci assicura che la realtà in cui stiamo vivendo non è sempre portatrice di libere scelte, anzi è amaro grigiore.

Sette tracce vorticose per meno di 30 minuti di musica suonata e sudata direi io a colpire al centro di un bersaglio fatto di sogni e paure, maledettamente rock, maledettamente nostre.

L’apertura è affidata alla folgorante Tempi migliori, inno generazionale per chi si è bruciato il tempo davanti alla televisione, constatando che poi Milano è citta di denuncia e degrado suburbano, passando per Colpevole e ammettendo che in fondo ognuno è anche Schiavo di ciò che lo circonda, il finale è affidato a Cattivo per ribadire un concetto, per evidenziare un bisogno.

Disco senza mezzi termini e mezze misure, un piccolo concept per una bella realtà che incrocia tutto ciò che di meglio ha da offrirci il panorama rock italiano degli ultimi anni, un album che vuole essere sopra le righe e possiede tutte le carte per esserlo.