Morkobot – Gorgo (SupernaturalCat)

Il post futurismo è alle porte e la potenza devastante dei Morkobot si fa sentire in questo nuovo album, che abbandona in parte l’oscurità del passato, per tuffarsi in un genere strumentale compresso e dichiaratamente distorto, pronto ad affilare le lame della coscienza per esplodere in bisogno esistenziale di ricerca apocalittica fino a farti sanguinare le orecchie, nell’esigenza di ritrovare una musica composta e composita capace di discernere le dimensioni, evidenziando la capacità dei tre di creare sovrastrutture cosmiche che inglobano e pungono profondamente, oltre la materia e i tecnicismi fini a se stessi, ma piuttosto incarnando uno stato, un modo di vivere, che li vede protagonisti della scena noise math, dove il basso è essenza che disturba, scompone e si aggrappa ad una batteria gigante e di impatto che rinvigorisce la formula dando una prosecuzione naturale al percorso iniziato nel 2005 con Morkobot, un percorso che ha la sua piena e devastante ambizione grazie a live paurosi e impattanti.

Registrato da Giulio Ragno Favero al Lignum di Padova, questo nuovo capitolo musicale, concede ampi spazi di produzione nella desolazione del momento e si immola ad essere creatura cangiante in grado di percepire un flusso di modernità veicolante nuove forme sonore.

 

Loro – S/t (red sound records, dio )) drone, in the bottle records, icore produzioni, cave canem)

Canzoni dirette che non lasciano scampo, non lasciano respirare e infrangono il muro del suono con capacità espressiva degna di nota, una carica di energia vitale pronta a sovrapporsi e amalgamarsi in un incedere che colpisce in modo esemplare quasi fosse una necessità, un costrutto di vita da lasciarsi alle spalle, abbandonarsi a distorsioni sonore che incanalano spazi vitali, una colonna sonora cinematografica da film horror di prim’ordine in cui gli incubi prendono vita e parallelamente alla nostra mente ricreano divagazioni contaminate da sintetizzatori dai suoni più diaboli, tra math-noise e rock sperimentale

Trio proveniente dalla provincia di Padova composto da Mattia Bonafini già presente nei Bruce Fisting tra gli altri, Alessandro Bonini nei Ten story Apartmen e Bright Lights Apart e Riccardo Zulato che ricordiamo non solo per il duo Menrovescio, ma anche per l’architettura composita nella creazione grafica e non di qualsivoglia oggetto utilizzato in ambito culturale.

Sua quindi la grafica e progettazione di un packaging alquanto inusuale, che scava nella materia e rende necessaria la presenza di un artefatto meccanico come il cacciavite per riuscire ad estrarre il disco e poterlo ascoltare.

Un affermare quindi ancora una volta che questa musica non è una musica da downloading, ma si fa carne viva e pulsante, si fa toccare, si fa comprendere solo ai meno, ma forse questo è proprio l’intento del gruppo: ritornare alle origini, alla fisicità dei corpi che si amalgamano, al fondersi e confondersi in attimi di luce costante, integra e percepibile, il confronto con la realtà, che come un pugno allo stomaco lascia senza fiato.

Barely Awake – S/T (DIYSCO)

Entrare prepotentemente e in modo assurdamente reale in un mondo fatto di geometrie esistenziali che si contorcono in un suono non apostrofabile e non incasellabile, che si dimena tra utopie e velate dolcezze in fulmini di tempesta e coraggio in un periodo di vacche magrissime per l’industria musicale.

Si parte in primis con il piacere di suonare e questo il gruppo di Pesaro lo sa benissimo, in quanto dimentica la forma canzone statica per lasciarsi andare a divagazioni sonore che prendono la migliore proposta della psichedelia degli anni ’70 per comporre e sottolineare attitudini e bisogni post rock che abbracciano il post metal per creare una commistione di math rock sperimentale allo stato puro in bilico tra gli acuti di Jeff Buckley e un Frenk Zappa dissacrante, strizzando l’occhio alla musica post grunge americana di fine anni ’90.

Un disco quindi imprevedibile, suonato quasi jazz in chiave rock, capacità tecnica elevatissima e una grande forza interiore che si  esprime prepotentemente lungo le 16 tracce dell’album tra pezzi gridati e atmosfere rarefatte che lasciano ai cambi di tempo l’onore di ricomporre la strada ancora un volta.

Un genere conosciuto a livello strumentale, ma che i nostri con concentrazione e con dosata ambizione si promettono di renderlo comunicabile ai più tra testi esistenziali e portatori di suoni cosmici ed efficaci.

Ricucire e creare, scomporre  e ricomporre in un’imprevedibilità che fa scuola ancora una volta, disorienta e ammalia, colpisce allo stomaco e non ti lascia aria, anzi ti fa accarezzare le vette degli alberi per vedere la luce.