Madaus – La macchina del tempo (Autoproduzione)

Parlare di capolavoro succede poche volte qui su IndiePerCui, anche perchè altrimenti vivremo in una bellezza accecante dalla quale non potremmo uscirne.

I Madaus rientrano in uno di quei gruppi che solo attraverso poche note iniziali fanno comprendere le loro capacità e la loro poliedricità nello spaziare con facilità da un genere ad un altro senza la minima fatica o pesantezza.

“La macchina del tempo” è un disco carico di fascino vintage, nonostante questo termine sia super abusato in questi anni, è un disco che brilla di luce propria, semplice, ma allo stesso tempo bellissimo.

Un concentrato di blues, bossanova e cantautorato in primis in cui le tenebre sono spazzate via da una voce elegante e mai gridata, che entra in punta di piedi e ci copre fino a renderci partecipi di un calore nuovo e inusuale.

Un’insieme di ballate introspettive che guardano agli ultimi con la speranza che il dovere non sia solo parola al vento, ma punto di partenza per costruire un diverso futuro.

Canzone emblema sicuramente la title track, ispirata dai graffiti che Oreste Nannetti, degente del manicomio di Volterra, incise sulle mura del padiglione dove viveva.

Un disco che sicuramente li renderà protagonisti di questa annata, dopo aver vinto il Premio Ciampi e gli inviti al Tenco e al premio De Andrè, i Madaus si ritirano con eleganza nelle loro storie, storie di tutti i giorni dove i protagonisti sono persone comuni, che cercano con umiltà il loro spazio di vita.