Funnets – Wanji (Autoproduzione)

Suoni esplosivi e contorti che si diramano come alberi nelle profondità abissali in una costante ricerca desueta fatta di sogni infranti, incubi da dimenticare e nuovi spazi da trovare in una sostanziale necessità imprescindibile di dare un senso diverso a tutto ciò che era stato fatto nel passato. I Funnets registrano una prova psichedelica per contenuti e lisergica quanto basta per farci fare giri unici in territori celati, nascosti e che in questa manciata di canzoni trovano appigli in registrazioni fantasmagoriche che vanno premiate per originalità e eterogeneità della proposta puntando a colpire l’ascoltatore nello spazio tra il sogno e la realtà. Un viaggio quindi emozionale tra funk e crossover che ha il sapore della spiritualità orientale, un percorso che sembra non finire mai, ma che piuttosto ritrova nella sperimentazione un punto d’approdo per soddisfazioni importanti e soprattutto uniche. Wanji è un album da ascoltare tutto d’un fiato, un insieme di brani che colpisce allo stomaco dell’ascoltatore senza dare tregua, ma piuttosto percependo l’esigenza di farsi da guida per i mondi che dobbiamo ancora esplorare. 


Viva!Le canzoni di Dido (Soundido Productions/Autoproduzione)

Settanta musicisti per registrare le canzoni inedite di Dido, musicista di Bagno di Romagna che dal 1992 al 1999 ha scritto un insieme di brani che non sono mai stati pubblicati e che per l’occasione rivivono con nuovi arrangiamenti e sfumature, una grande opera che ricorda il cantautore dall’anima istrionica scomparso prematuramente in un incidente stradale all’età di ventisei anni. In questo album rivivono le poesie notturne di un animo inquieto, canzoni che sciolgono la neve al sole e si impadroniscono della scena in modo del tutto naturale coinvolgendo in modo mai dirompente, ma piuttosto soppesato, valorizzando un certo tipo di cantautorato in rock che ora sembra essere miraggio per la quotidianità che ci troviamo ad affrontare. Le dodici tracce proposte sono piccole perle che vanno a comporre in qualche modo una poetica da strada, un circolo continuo di bellezza che apre con Sorridendo e si chiude con Come l’amore che per un suono d’insieme che guarda con nostalgia al passato, ma che nel coraggio di percepire il senso delle cose, si fa attualità e forza nel dare meraviglia ancora, nel donare speranza e valore al significato della parola partenza che racchiude al proprio interno l’idea fondamentale di questo importante percorso. 


Paola Rossato – Facile (Autoproduzione)

Arte per l’arte che non segue le mode contemporanee, ma segue un percorso preciso e sedimentato nel tempo alla ricerca di un suono, alla ricerca di parole che trasformano la quotidianità in un qualcosa su cui sorridere, in un qualcosa che ci sfiora da vicini e che rende la proposta d’insieme un punto fondamentale di contatto e di simbiosi con l’ascoltatore raccontando di avvenimenti che sono e che restano all’interno di noi e analizzano con ironia contagiosa aspetti e sfaccettature della vita, coronate queste dalle gioie e dalle delusioni, dalle moltitudini attuali che parlano di persone e del nostro essere. La formula rodata di un cantautorato folkeggiante si esprime in tutte le personalissime ed eccentriche canzoni della nostra musicista in un abile gioco di chiaro scuri emozionali che incantano sin dalle prime note, con l’apripista Io e la collina, passando per la potenza di Il fiore col codice a barre, Facile, Confine per arrivare al finale con il botto di Emmi che parte introspettiva e poi quando meno te lo aspetti si apre in tutta la sua dirompente e contagiosa allegria capace di strappare un sorriso a chi ascolta. Facile è un disco che vede la luce dopo una lunga gestazione, un parto lungo cesellato a dovere che nell’attimo trascorso si rende vivido spaccato di questa nuda realtà che come viaggio si fa raccontare come fosse un libro senza fine. 


Inigo – Terzo disco d’esordio (Interbeat)

Copertina di Inigo Terzo disco d’esordio

Suoni soppesati e maldestri per un bilancio musicale acustico che vede Inigo, all’anagrafe Inigo Giancaspro, costruire sogni e immagini in un disco che trova nell’abbandono di un gruppo il suo mutare forma, fino ad arrivare ad una dimensione più intima, scarna, ma non per questo meno importante. Terzo disco d’esordio gioca con le parole, ma nel contempo riesce ad ammaliare, riesce ad essere strada da seguire in un cantautorato dove tutto sembrava essere perduto, ma che inesorabilmente ritrova il sentiero verso casa, una forma via via sempre più accesa nell’attimo trascorso, nelle parabole ascendenti che ci riserva la vita e che permettono all’ascoltatore di entrare all’interno di una poetica davvero unica ed esaltante. Canzoni importanti come La tesi del coraggio con Andrea Mirò e la più scanzonata Mai Fermarsi con Francesco Baccini sono solo singole parti di un puzzle che stupisce per completezza e maturità, ad assemblare un album che trova nei contenuti il suo vertice più alto, il suo essere naturale oltre la contemporaneità che avanza. 


DILULA – Le vie dell’amore (Autoproduzione)

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Sintetizzatori elettronici pronti a scandagliare l’etere di sogni e passioni, di bisogni celati e nascosti pronti a rinfrancare grazie ad una musica soft mai gridata, ma piuttosto adombrata dal bisogno introspettivo di comunicare passioni e recitazioni di forme sempre nuove che prendono le vie del sentimento, che prendono la via delle emozioni. Il percorso dei Dilula è un saliscendi di impressioni che rinfranca grazie a chitarre distorte che sposano un connubio con suoni inusuali, ma avvertiti in un gioco di voci alternate che rendono la proposta interessante e di sicuro appeal, complice il fatto che Le vie dell’amore è un album che trova nelle multi sfaccettature del momento un proprio punto di ingresso, un punto d’approdo per ristabilire una scoperta del proprio essere che parte dal di dentro. Canzoni come Atomica, Light Warrior, Angeli senza ali non passano di certo inosservate rendendo la proposta un connubio febbricitante di buio e luce da far esplodere in un solo momento. 


AnimArmA – Millennials (Autoproduzione)

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Schiaffo alla realtà che apre voragini di necessità mai assopite e pronte a distruggere abbondantemente le mode del momento sputando in faccia alla quotidianità con un rock abrasivo e convincente, un rock che non si abbandona ai cliché del momento, ma piuttosto intavola discussioni continue con le nuove generazioni che si trovano ad affrontare percorsi sempre nuovi, ma percorsi alla deriva. Millennials è uno spaccato reale di questa società, sono quattro pezzi incisivi che aiutano ad abbondare in un EP di grazia che non si accontenta, ma segna un momento, segna un percorso nel bisogno di fare sentire sempre e comunque la propria voce, il proprio grido. Dalla canzone inno Vita puttana fino a Letame passando per Antisocial e Incredibile i nostri intascano una prova che non contempla le mezze misure, ma sicuramente risulta essere una prova di questi tempi necessaria. 


Dal Vivo – Scenes from afar (Autoproduzione)

L'immagine può contenere: 1 persona, sul palco, sta suonando uno strumento musicale e chitarra

Rinascita sonora e vitale dopo un grave incidente per il nostro Federico Bessone, rinascita piena di luce che ricorda i momenti di oscurità, l’uscita dal coma e il desiderio di riabilitarsi alla vita in modo naturale, partendo dal di dentro, suonando una chitarra e parlando di ciò che è stato, di tutto quello che è stato vissuto. Scenes from afar è un disco che nell’immediatezza del momento si fa racconto, storia, lacrime e passione, restando attaccati a quel filo invisibile che si chiama vita e che ci rende unici e mutevoli, organismi fragili e discostanti, ma portatori di una carica interiore che ci permette di sopravvivere a qualsivoglia tempesta quotidiana. Il nostro cesella un EP di immagini e impressioni, di forme desuete e nel contempo cariche di forza e di passione, passione per una vita ritornata e centrata, una vita che trova nell’attimo di perdersi quel bisogno sostanziale di riaversi, guardando con occhi nuovi le essenzialità di canzoni cantautorali e interiori, pezzi che sono brandelli di ciò che è stato a ricucire il tempo, a ricucire le ferite che ci portiamo dentro. 


Prowlers – Freak Parade (Autoproduzione)

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Emarginazione in un mondo che non ci vuole, lontano dagli schermi televisivi, lontani dal senso comune di partecipazione, un mondo disegnato e immaginato che non è poi tanto lontano dalla realtà vera, quella di tutti i giorni e che i Prowlers delineano con sofisticata essenzialità. Freak Parade è un concentrato di diversi generi, è un insieme eterogeneo e davvero incontrollabile di forme e architetture in continuo cambiamento pronte a mettersi a disposizione di un passato che vedeva nei concept album una via di fuga dalla realtà incentrando la poetica in divenire in situazioni che alla fine ci vedono al centro di quella stessa realtà da cui non possiamo evadere. Ci sono sperimentazioni sonore davvero importanti in questo disco, sembra di sentire radici Floydiane disperdersi nell’etere e pronte a rinfrancare gli animi con carezze e sussurri capaci di sprofondare all’interno della nostra ragione, all’interno del nostro essere in costante e mutevole cambiamento. I Prowlers, attraverso una cupezza introspettiva, immaginano un mondo diverso, dove il bisogno di ribellione sta alla base di tutte le nostre vittorie future. 


Vat Vat Vat – Vie (Manitalab/La Clinica Dischi/Believe)

album VIE - VAT VAT VAT

Suoni sintetici da galassie lontane che intercorrono in questa modernità in un suono pop che si avvicina ai Kaufman rendendo l’ignoto un po’ meno oscuro e cesellando di fino un bisogno essenziale che attraverso le canzoni proposte si trasforma in meravigliosa assuefazione contagiosa e caratterizzata da ritornelli e melodie popolari affascinanti e composite. Il disco dei Vat Vat Vat rende l’idea di fondo complessa e misteriosa, carica di significato e permane in un album fatto di momenti carichi e altri un po’ più introspettivi, portanti e di sicuro effetto, emancipati a dovere e ricchi di quel bisogno di comunicare che rende importante anche un solo ascolto nella comprensione di queste geometrie esistenziali. Apice di assoluta bellezza la finale Via di fuga, senza dimenticare pezzi come l’apertura affidata a Orchidee, Comunicare o Quello che vuoi a ribadire concetti di puro intrattenimento sonoro che si sposano con la poesia in musica, con la vita e con la via da seguire, con quello che portiamo dentro , con quello che ci rende simili e nel contempo con quello che ci rende alquanto diversi, ma incredibilmente vicini. 


Dira – Mi psicanalizzai (Autoproduzione)

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Parole impresse nella realtà capaci di camminare sul filo dei ricordi evocativi a ristabilire un contatto con ciò che siamo, con ciò che vorremmo essere in una manciata di canzoni davvero esistenziali dove una bellezza vocale si accorda con strumenti mai predominanti, ma piuttosto messi a disposizione del buon gusto e della lirica soppesata e per quanto edulcorata mai banale. Il disco di Claudia Gallanti in arte Dira si trasforma di composizione in composizione, poesia su poesia per circondare gli interi brani di belle parole, emblematiche e leggere, capaci di scovare all’interno di ognuno di noi i mostri che nascondiamo, le brutture moderne e i sostanziali bisogni di appartenenza alla nuda terra che circolare ci attende, circolare intesse le trame che attraverso intelaiature autoriali rende queste canzoni magiche e attuali. Solo sei brani a dare il movimento essenziale alle nostre trasformazioni, una voce che scalda ed esplode quando meno te lo aspetti in un apice trovato nella title track quale momento più alto dell’intera, attuale, produzione.