Mildred – Il colore degli inverni (Libellula Music)

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Potenza sonora che si espande e si fonde con altri generi per un alternative rock dove l’energia di base si apre a mondi sempre nuovi e distinti, si apre a mondi colorati di nero dove le tinte forti sembrano avere predominanza per un suono urlato, a tratti soppesato, in bilico costante tra sogno e realtà. Il secondo disco dei Mildred nasconde al proprio interno una passione viscerale per un rock potente e graffiante, che mira ad incontrare band come FASK, Ministri e qualcosa di architettonico in stop music motion come la musica infinita dei RATM. Canzoni come Ancora, Benjamin Button, Muoiono gli eroi e la stessa title track, non passano di certo inosservate stabilendo con l’ascoltatore quel continuo spazio di costruzione che si muove tra il pieno e il vuoto, tra la calma e la tempesta ad indicare esigenze del tutto personali , esigenze di rapida diffusione fuori controllo. Il colore degli inverni è un disco veloce e potente che sa disorientare, ma sa anche far riflettere attraverso una musica che ha il sapore degli anni che passano, il sapore delle cose più buone.

Nasti – Incomprensioni (Autoproduzione)

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Alternative rock affacciato al mare dell’elettronica in un pop acceso che non si nasconde dietro l’angolo, ma piuttosto svela le carte nascoste, i segni celati, grazie ad un comparto che dona musica diretta e immediata, di facile intuizione e importante coesione. Il primo disco dei Nasti, giovane band torinese, è un connubio di vita sociale, amori non sempre corrisposti e quotidianità naturale a raccontare di salite e discese lungo le strade della vita, a raccontare un pezzo indispensabile di questa nostra realtà. La musica prodotta dai nostri non brilla per originalità, ma si espande come fosse parola sul diario di questo nostro vivere per un disco che racchiude al proprio interno cinque pezzi nel complesso ben suonati. Incomprensioni è la storia di ognuno di noi, è una velocità che supera l’attesa, è un mini album dove gli amori di gioventù si fanno portatori di una carica emotiva davvero importante e a tratti universale.


Gian Marco Basta – Quanto basta Vol. 3 (Libellula Music)

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Torna il cantautorato sghembo di Gian Marco Basta, torta tra gli anfratti di una vita che ama rimanere dietro l’angolo dei pensieri pronta ad intascare un sogno irrealizzabile per ogni passante, laggiù, lontano. Il terzo disco del cantautore bolognese è un inno vivente ai problemi di questa nostra realtà, è un osservare attentamente con sarcasmo e cinismo il mondo che ci gira attorno e nel contempo è una ricerca interiore di parole e frasi per comunicare uno stato, una parvenza di realtà, un irreale bisogno di appartenenza a questa nostra società all’apice del collasso. Il nostro musicista, davanti a tutto questo, se ne resta seduto a guardare, a scrivere e a raccontare, a comporre di stati d’abbandono e di ironia gridata al vento grazie ad ossimori, giochi di parole, velate allusioni, tra il Don’t Cry alla Crai passando per Il mio ego è diventato un Lego, Videoslot fino ad arrivare ad Accalappio Cani a chiudere un disco sul teatro della vita che ogni tanto sa strappare qualche sorriso genuino e carico di una bellezza quasi infantile, necessaria.


Gli animali fantastici del Sudamerica – Dlin Dlon (Autoproduzione)

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Suoni caraibici che incontrano e scontrano un cantautorato visionario e onirico pregno di significati nelle immagini esposte che si fanno viaggio pur rimanendo comodamente sulla poltrona della propria casa. Gli animali fantastici del Sudamerica creano un bizzarro quadro d’insieme costruito per l’occasione in un EP davvero intenso e colorato dove l’amore per le terre lontane si scontra ed incontra il viaggio sotto diversi punti di vista qui raccontati come un risveglio da uno stato letargico e pronto ad emozionare e a farci aprire gli occhi sulla nostra amara realtà e sulle nostre illusioni più vicine. Sono solo sei canzoni che sono anche sei nomi di persone diverse ad intrappolarci nella tela della band milanese, pezzi potenzialmente esplosivi che sono un diario, uno sfogo leggero ricco di passione e di amore per qualcosa di quasi effimero, ma ricercato nelle parole, nei gesti, nelle pulsioni e nei sentimenti. Dlin Dlon è il segno dell’arrivo, mai della partenza, è l’irrefrenabile gusto per quel qualcosa chiamato vita che sembra appartenere, al nostro interno, da sempre. 


FABRICA – Bar Sayonara (Octopus Records)

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Disco che esplode dalla provincia per insabbiarsi nelle profondità dei sentimenti in un vortice di benedizioni e di bisogni, di falsi miti, di false aspettative rinfrancate con l’arrivare della sera, il caldo ad abbracciare, il caldo che consola per costringere la realtà a prendere parte di noi e a raccontare quello che non è mai stato scritto ancora. Il secondo disco dei FABRICA sembra sospeso su di una nuvola, intrappolato con stile ad aperture solide che si intensificano via via che le tracce musicali  creano rimandi ad una scena musicale che sembrava perduta. Un cantautorato sopraffino che sposa con convinzione e decisione un rock mai gridato, ma che mette in primo piano strumenti come il pianoforte intensificando pezzi che partono in sordina come l’apertura affidata a Panorama per poi via via aprirsi in sogni ad occhi aperti con Sayonara, Bon Voyage, Oceano, La pioggia prima che cada, Come dici tu e la promessa finale affidata al brano A luci spente. I FABRICA costruiscono un album solido, pieno di poesia da rintracciare in un’oscurità che vede nella sua interezza il punto di luce nascosto a rinfrancare gli animi, a darci ancora una nuova possibilità di lottare per quello in cui si crede. 


I traditori – Delicato (Libellula)

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Ennesima prova per I Traditori, band indie pop che fiuta la scena e si lascia contorcere da band come The Giornalisti, Lo stato Sociale, Ex-Otago in sodalizi con la canzone d’autore italiana rapportata ai tempi moderni, pur non disdegnando evidenti richiami ai ’90 in situazioni create, concatenate e piene di significati senza prendersi di certo troppo sul serio, ma nel contempo con il chiaro intento di voler comunicare uno stato d’animo, un essere parte, un bisogno essenziale di dire ciò che più ci appartiene. Ecco allora che le canzoni colorate prendono forma e si lasciano ascoltare diluite come un bicchiere d’acqua, pezzo dopo pezzo, strato su strato ad esplodere in situazioni concentriche già dalla track d’apertura Povero sfigato fino a Parquet per poi passare al gioco di parole di Interstella, fino al finale lasciato a Lignano quasi rivale di Riccione, singolo tormentone della band più sopra citata. I Traditori non si prendono troppo sul serio, fanno dell’allegria contagiosa il proprio marchio di fabbrica pur non disdegnando un’introspezione di fondo che rende dolce-amara la proposta in un disco dal gusto Delicato  e carico di un indie pop italico, estivo e disincantato.


Capabrò – Musicanormale (Labella Dischi)

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Suoni dirompenti per testi taglienti che fanno dell’allegria contagiosa un rilancio per passare una solare giornata intrisa di significati, ma anche carica di quel sano menefreghismo che ai nostri sembra di certo far bene. I Capabrò confezionano un disco alquanto schietto e diretto che non si chiede troppo, ma che piuttosto trova nella forma canzone la metrica giusta e coerente per veicolare valori intrisi di quotidianità e irriverenza condita a dovere delineando paesaggi cantautorali sporcati dal folk e portando avanti un surreale bisogno di appartenenza ad un mondo onirico, pazzo e disincantato. Musicanormale è l’anormalità che vigila e vegeta all’interno di noi, pronta ad uscire e pronta ad essere apprezzata da chi ha il coraggio di osare o più semplicemente di vivere la propria vita con spensieratezza e con sudata partecipazione, visto le numerose date italiane che hanno coinvolto la band, vista la singolare pazzia che regna all’interno di questa macchina da palcoscenico. Musicanormale è un album chiaro e diretto, intelligente quanto basta per non essere messo all’angolo dai benpensanti e nel contempo leggero come la più bella canzone pop che conosciamo. 


Quadrosonar – Fuga sul Pianeta Rosso (Phonarchia Dischi)

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Atmosfere elettroniche in dissolvenza che aprono a sincopate illusioni di una vita che non ci vuole e costringono l’ascoltatore umano a fare i conti con il cielo sopra di noi e magari con chi ci abita. La musica sperimentale dei Quadrosonar è un quadro progressive digitale carico di significato e facente parte di un trattato che esaustivo ci racconta consumandosi attraverso un’esplorazione galattica di mondi lontani, di pianeti che si fanno vicini solo se li guardiamo attraverso le lenti di un telescopio chiamato casa. Partire quindi per poi restare, combattere la vuotezza cosmica dei nostri giorni con una musica inquieta, buia, essenziale. Partenze che si fanno punti d’arrivo, esigenze di comunicare e bellezza da esplorare sempre e comunque ad ogni latitudine. Fuga sul Pianeta Rosso è prima di tutto una ricerca personale che attinge molto dalla scena internazionale, ma che affossa le proprie radici nei suoni di band che fanno della psichedelia contaminata mista alla musica degli anni ’80 un punto d’approdo costantemente in evoluzione e ricco di significati. 


Meganoidi – Delirio Experience (Meganoidi)

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I Meganoidi sono ritornati con un album colorato e pieno di sfaccettature che vede il rock porsi come essenza centrale e soprattutto come chiava d’unione tra passato e futuro in un’esperienza basica di fondo a racimolare il gusto per le radici di una musica che sembra non avvertire il minimo segno della vecchiaia che avanza. Delirio experience è un caleidoscopio mirabolante che non disdegna i ritornelli pop, quelli che si fanno ricordare, donando al tutto una connotazione diretta e sincera, un modo semplice e utile per restare vicini ai propri fan e al mondo in costruzione che i genovesi, nel tempo, hanno saputo ampliare. I pezzi, nel loro complesso, creano un’omogeneità fresca ed invidiabile e riescono ancora a parlare di vita reale senza scadere nel banale o nelle ovvietà intessendo architetture semplici, ma di facile appeal, dove i testi si dipanano tra luce e oscurità, visione d’insieme e introspezione per un risultato finale che porta i Meganoidi ad una genuinità reale attraversata da un mondo che si racconta grazie all’impatto di dieci canzoni in bilico tra classico e modernità, sostanza chiara e bellezza immediata. 


FASE 39 – Imperfetto (Autoproduzione)

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Ep minimale che abbandona l’elettronica del primo disco consegnandoci una prova dal sapore internazionale e duraturo, un insieme di canzoni congegnali che attraverso una commistione di generi smistano il pop con l’hip hop e l’r’n’b potenziando un interesse d’insieme che in questi brani ritrova un punto di origine, un punto di contatto con qualcosa di primitivo a riscoprire radici e pensieri, a rimarcare ancora un desiderio di sopravvivenza che nell’imperfezione si fa soggettività a tratti analitica, a tratti disincantata, un’idea sincera nel riappropriarsi di un mondo che sembrava perduto. Il disco dei FASE 39 è un agglomerato urbano di pensieri, un’immagine in movimento, non statica, del nostro vivere la quotidianità e il tutto viene raccontato attraverso pezzi simbolo come la stessa title track o la bellissima Cristallo in un vortice di sensazioni che colpisce al primo ascolto. Imperfetto non è solo un disco, è uno stato, è il nostro vivere e la band di Torino riesce nell’intento di delinearne contorni e sovrapposizioni che vanno aldilà della banalità di questo tempo.