The lake devils – Bad times in bad waters (La stalla domestica)

Bad times in bad waters

Surf e rock’n’roll stagionale pronto a smuovere il di dentro attraverso una musica che ingloba pensieri ed evoluzioni grazie ad un sound contemporaneo che strizza l’occhio al passato. I The lake devils, trio proveniente dal Lago d’Iseo, ci consegnano una prova da ascoltare tutta d’un fiato. Un disco concepito non solo per far ballare, ma anche e soprattutto per coinvolgere l’ascoltatore attraverso una musica d’insieme dal forte impatto emozionale con la giusta dose di psichedelia e note ben riposte. Nove tracce che scorrono come l’acqua di un fiume. Nove tracce che si fanno mare, si fanno tavola da surf e imbrigliano la luce del passato per cercare di dare al tutto una nuova forma moderna. Da Lake safari fino a Odissey passando per Summer song, Rag 8, Morning glory i nostri riescono a portare in Italia un pezzo di California.


Il Re Tarantola – Scopri come ha fatto il Re Tarantola a fare 50.000 euro in una settimana (La Stalla Domestica/Fil 1933/Edison Box)

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Il Re Tarantola non risparmia nessuno e con savoir-faire da primo della classe prende per il culo con critica arguta qualsivoglia forma precostituita di moda o mercificazione di massa in un ennesimo disco che fa dell’ironia tagliante un punto di forza, concedendo spazi ad un rock che ha il sapore degli Skiantos meno demenziali però, ma più ancorato a questa e ad altre realtà che ogni giorno ci vedono protagonisti del nulla che avanza. Già dal titolo, con sottile sarcasmo, si prendono di mira band come I cani o i The Giornalisti, che hanno fatto di alcuni slogan delle loro uscite discografiche delle vere e proprie reliquie per le masse. Il Re Tarantola è lontano però da tutto questo, di certo non è mainstream, ma piuttosto un cantautore rockettaro lo-fi che si sbizzarrisce nel parlare di questa ed altre sfortune per un album che trova già nell’ironia dei titoli un punto sicuro da cui partire. Pezzi come l’apertura Boero, Mi odio o Eroina per bambini iperattivi fanno presagire una goduria totale nello sbarazzarsi dei cliché imposti intraprendendo la strada solitaria del “faccio ciò che voglio e lo faccio pure bene” in sodalizi con le disavventure quotidiane che hanno il sapore del poeta naif sempre pronto a stupire.

Thee Jones Bones – This is love (La stalla domestica)

album This is love - Thee Jones Bones

Potenza in rock che prende spunto dai mitici ’70 in tutta la sua proverbiale capacità di attingere ai tempi passati con maestria e coraggio visto il genere più volte trattato e visto il potenziale già espresso e raccontato. I Thee Jones Bones al loro sesto disco in undici anni di discografia se ne sbattono della moda e dei cliché e in modo inarrestabile costruiscono quello che di meglio riescono a fare immagazzinando e imbrigliando la lezione di Hendrix e dei Rolling Stones per portarla, in maniera assolutamente genuina, all’interno di un album che profuma di polvere e sudore da A season in your soul in the shadows of the son fino alla facilità della vita in Take it easy, passando per pezzoni come Mother’s heart e Little moon a rincorrere ancora quel sogno di strada infinita pronta per essere solcata e vissuta ancora una volta fino infondo, limando il superficiale e mantenendosi fedeli alla durezza dell’amore.

Il vuoto elettrico – Traum (Dreamingorilla Records / I Dischi del Minollo / La Stalla Domestica)

Fragorosi e imponenti, inclassificabili oltre maniera e alla costante ricerca di geometrie rock che cercano di dare un nuovo apporto alla scena circostante, implementando testi affilati in stato di grazia che per l’occasione sono sostenuti da un apparato strumentale davvero notevole e particolarmente incazzato che incrocia l’hardcore al punk passando per un rock pesante ad innescare i drammi esistenziali quotidiani, come fosse colonna sonora di una catastrofe profonda oltre maniera che si perde nel tempo ineluttabile e costringe l’ascoltatore ad arrovellarsi in un profondo stato di coma dove i bombardamenti sonori fanno parte di un tutto complesso e altamente disturbato e dove il notevole apporto negli arrangiamenti da parte di Xabier Iriondo porta l’elettricità di fondo ad incrociare il suono del Teatro degli orrori e degli Elettrofandango, per una pesantezza al limite che sfiora i Massimo Volume e ci consente di entrare in un mondo, in una casa, fatta da infinite stanze dove perdersi tra le nostre infinitesimali bassezze, tra gli specchi dell’anima che parlano di noi, mai più però come prima, ma profondamente diversi, profondamente cambiati, in eterna lotta tra ciò che è bene e ciò che è male e mentre la casa sprofonda noi anneghiamo con lei e con le nostre stesse paure respirando la caduta nel vuoto.