Luis Leo – Dell’essere liberi (La Sete Dischi)

 

Strutture lineari, parole che si deformano, incantano e parlano di quotidianità sparsa alla velocità della luce, alla velocità del tocco di un gesto, di una carezza, in un insieme di canzoni prettamente pop sintetizzate a dovere da riff divertenti e ben congegnati dove architetture concentriche si sposano a meraviglie con il sapore delle cose più genuine. Il progetto solista di Leonardo Borrelli è un fare e disfare la materia, è essenzialmente un affacciarsi alla finestra della vita osservando da più punti che cosa ci possa riservare il futuro che cosa ci aspettiamo dalle nostre azioni e che cosa manca ancora per sentirci reali. Pezzi come l’apertura Schemi su schemi intrecciano melodie baustelliane contagiate da band come Arcade Fire per proseguire con canzoni importanti dai titoli esistenziali come Che senso ha, Io resterò, Frenetica; brani questi legati al filo invisibile dell’indie rock spruzzato dal cantautorato meno appariscente, ma comunque in grado di donare al progetto una dimensione di alta comunicabilità. Dell’essere liberi è un uscire allo scoperto dalle prigioni del nostro essere, è una manciata di canzoni che vanno oltre il pop impacchettato a dovere nella forma e nella sostanza. Un piccolo lavoro di ricerca quindi e passione che Luis Leo sa conformare a proprio piacimento e interesse. Un disco leggero solo in apparenza.

Jocelyn Pulsar – Convivenza Arcade (La Sete Dischi)

Disco a bassa fedeltà che stupisce il percorso sempre più sghembo e squinternato del nostro Francesco Pizzinelli, già conosciuto nelle pagine virtuali di Indiepercui, per il progetto parallelo DIVANO, un album, questo Convivenza Arcade, che si pone l’inquietante e quotidiano mistero delle donne e degli uomini, del matrimonio e soprattutto della convivenza, lo fa in modo diretto, una specie di nuovo Dente della canzone italiana, anche se il nostro è maggiormente ancorato alla realtà, senza l’uso di ossimori o metafore, ma arrivando al punto in maniera del tutto naturale, con canzoni strutturate in modo semplice e lineare, strofa/ritornello, ma nel contempo cariche di quella forza alimentata da parole importanti, da parole che in questo caso si concentrano in spaccati di vita atti a raccontare le derive e le incomprensioni del vivere assieme, per un album che ha propriamente una grafica a 8 bit, quella stessa grafica di quando esisteva la sfida infinita tra Commodore 64  e Spectrum, la sfida tra due macchine alla fin fine complementari, un po’ come i rapporti, un po’ come l’uomo e la donna, manovrati da fili infiniti e sottili, così diversi e nel contempo così uguali, da non poterne reciprocamente fare a meno.

Be a Bear – Push-e-Bah (La Sete Dischi)

Siamo entrati nella tana dell’orso per vedere di che cosa è capace, siamo entrati per scoprire il suo mondo e ne siamo stati colpiti, quasi scaraventati al suolo dalla potenza di questa forza elettronica digitale che si immedesima con un essere naturale, ma che di naturale ha gran poco, se non l’idea di colpire, l’idea di quella grazia vintage che ricompone egregiamente questa musica che sa di evoluzione e procedimento alquanto certosino, una natura che in primis non si percepisce, ma ascoltandola a fondo si può sentire il rumore della neve, della pioggia che cade e dei torrenti di montagna a ricoprire gli strati di una realtà che ci circonda e si siede accanto a noi.

Filippo Zironi ci consegna un disco realizzato con un IPhone, si proprio con un telefono, un album d’avanguardia e allo stesso tempo influenzato da musicisti internazionali di pregevole fattura come Moderat, Radiohead, MGMT, per ricucire sonorità incanalate dentro alle dieci tracce, canzoni trasportate da un’avanguardia in divenire, capaci di sostanziali cambiamenti e sorprese, capaci di colpire ulteriormente anche attraverso l’uso della voce segnando un punto di rottura con il passato, forse, o più semplicemente sentendo nelle vene della quotidianità la strada da seguire, certo del fatto che riserverà numerose soddisfazioni.